visto da Tullio Pascoli
18 Apr 2009
1421. LA CINA SCOPRE L’AMERICA di Gavin Menzies (Recensione)
Lettura interessantissima che si legge come se fosse un romanzo e che rivela aspetti della storia noti, avvenuti settant’anni prima che “scoprisse” ufficialmente l’America Colombo ed oltre due secoli prima che lo stesso Cook raggiungesse l’Australia, i Cinesi avevano già disegnato le mappe delle coste di queste zone geografiche, oltre a descrivere le correnti marine che hanno permesso loro di fare praticamente il giro del globo. Non si tratta di rivelazioni inedite, ma sono assolutamente poco conosciute, soprattutto in Italia.Questa è, dunque, una delle più entusiasmanti letture di viaggi che mi sono capitate sotto mano ultimamente a proposito del tema specifico. Alla conclusione, immaginavo che se ne sarebbe parlato con un certo scalpore, invece, mi meraviglia che dopo gli anni trascorsi, nel frattempo, nessuno accenni alle sorprendenti rivelazioni del meticoloso autore che per raccogliere le prove di ciò che aveva intuito, di tasca sua, fa letteralmente il giro del mondo. Menzies è un ex ufficiale della Marina Britannica che ripercorre le tappe seguite dai Cinesi, ed apprende non solo che le Americhe erano state scoperte e visitate 70 anni prima che vi giungessero le caravelle di Colombo, ma che gli stessi Cinesi avevano eretto molte lapidi, lasciando dietro di sé tutta una serie di registri che confermano questi loro passaggi.
Del resto, anche il nostro Ruggero Marino, in due sue distinte ed interessanti pubblicazioni dedicate a grande navigatore genovese, ci parla di questo evento; ed egli sembra essere in grado di dimostrare come lo stesso Colombo, in possesso di mappe che già venivano utilizzate dai navigatori Arabi e Turchi; queste, infatti, includevano i nuovi continenti, e con le quali Colombo in piena consapevolezza, era riuscito a raggiungere le Americhe due volte, già prima di rivelarlo al mondo nel 1492. Del resto, questo spiegherebbe, pure, come mai su di un soffitto del Palazzo Besta a Teglio (Sondrio è possibile ammirare un affresco datato presumibilmente del 1450 in cui è presente non solo il continente americano, ma anche l’Oceania raggiunta da Cook due secoli più tardi e l’Antardide stranamente libera dai ghiacci. Ma questa è un’altra storia. Torniamo, perciò, a quanto ci può insegnare Menzies.
Questo è, dunque, un vero filo d’Arianna della navigazione. Risultato di anni di meticolosa ricerca, fra cui viaggi sulle antiche rotte percorse dalla più grande flotta di tutti i tempi, la cosiddetta Flotta d’Oro. Come detto, si tratta di una lettura facile ed entusiasmante in cui l’autore descrive l’avanzata conoscenza delle tecniche marinare da parte dei Cinesi – che non solo avevano inventato la bussola ed il timone, ma sapevano misurare le distanze attraverso la luce della luna – , grazie alle quali avevano raggiunto continenti di cui gli Europei ancora ignoravano l’esistenza.
Dopo aver raccolto prove incontestabili, Menzies giunge a conclusioni che ai profani possono sembrare perfino scandalose. Invece, possiamo certamente definire questo navigatore di professione come uno straordinario ricercatore dilettante, una specie di Schliemann degli oceani. Infatti, il dilettante archeologo tedesco, a proposito dell’ubicazione di Troia, dopo anni di scavi, sostenuti di propria tasca, era riuscito a sovvertire le opinioni dominanti negli ambienti accademici, dove i soliti depositari delle presunte “verità” non esitavano a squalificare il suo entusiasmo e, dopo aver, di fatto, portato alla luce gli strati delle ceneri della mitica città greca, dimostrava al mondo di aver interpretato correttamente i racconti di Omero. Analogamente, Gavin Menzies, come se fosse un castello di carta, smonta pezzo per pezzo la storia delle mitiche scoperte sostenute dagli Europei di Portogallo, Spagna e perfino Inghilterra.
Anche questo ufficiale della marina britannica, dopo aver osservato una semplice lapide dedicata all’ammiraglio Zhen He, intuisce nuove verità; spinto dalla curiosità, apprende della drammatica avventura portata a termine 70 anni prima di Colombo, voluta dall’imperatore Ming Zhu Di – costruttore della Città Proibita – che, nel timore dell’imminente invasione da parte di Tamerlano che considerandosi legittimo discendente di Gengis Khan, intendeva ricomporre il suo vaso impero minacciando di invadere la Cina; così i Cinesi si affrettano ad allestire una flotta dalle dimensioni mai viste prima con imbarcazioni che trasportavano fino a 2.000 persone ciascuna. Nel tentativo di allacciare rapporti di amicizia con il resto del mondo per allearsi contro il minaccioso nemico. Allora, fa partire il suo ammiraglio – un enuco di fede musulmana -, accompagnato da decine di migliaia di marinai, artisti, ingegneri, intellettuali e perfino concubine e cortigiane per assicurare il piacere ad autorità da visitare nei luoghi più lontani.
L’ex ufficiale della marina britannica ripercorre, quindi, quelle rotte, seguendo le correnti indicate dalla vera storia, studiando l’antica anteriore ai viaggi di Colombo etc.; sfrutta con grande capacità e perseveranza le nozioni fornite dalle carte di Kangnido, Pizzigano, Fra Mauro, Piri Reis, Cantino, Caverio, Waldseemüller e Jean Rotz, avvalendosi soprattutto della vasta bibliografia, fra cui le testimonianze lasciate da Nicolò de’ Conti. E, dopo aver visitato numerosi musei in giro per il mondo, fra cui anche Venezia, dimostra in modo inconfondibile come i Cinesi non avevano solo scoperto i nuovi mondi, ma li avevano pure abitati, seppur per breve tempo, lasciando tracce che gli eventi della storia non sono riusciti a cancellare.
Naturalmente gli scettici potranno chiedersi come mai tutto ciò non è stato rivelato prima; come mai gli annali occidentali non ne parlano. Ebbene, l’autore ce lo spiega; infatti, dopo l’incendio che aveva distrutto la Città proibita, i Mandarini, stanchi di finanziare grandi opere volute dall’imperatore che si apriva al mondo, si ribelleranno e decidono di distruggere tutto ciò che resta della flotta ed impongono un nuovo isolamento della Cina, per proteggere così i prodotti cinesi che, essendo esportati subivano un aumento del costo internamente, ed allo stesso tempo, chiudevano il mercato a tutto ciò che proveniva da fuori e che poteva concorrere con la produzione locale. L’isolamento che ne deriverà, costituirà pure l’inizio del declino della più grande potenza di quell’epoca. Per saperne di più, tuttavia, ne consiglio vivamente la lettura…
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