SOLITARIO, SCONFIGGE TUTTO IL SISTEMA OSTILE
   
       Il mese di Ottobre di quest’anno, per il cosiddetto “gigante addormentato”, questo grande Paese che è il Brasile, è stato di enorme importanza e, pare, che almeno all’estero, gli importanti cambiamenti non siano stati interpretati in maniera adeguata. Di fatto, se altrove ha predominato una certa indifferenza, in Brasile le elezioni a due turni hanno mantenuto molti dei 200 milioni di Brasiliani in piena ansiosa attività: sono state settimane di intensa agitazione, soprattutto, ma non solo, per quelli che auspicavano radicali cambiamenti tanto di natura politica quanto economica. Momenti anche di tensione per quelli che si sono impegnati personalmente ed in modo del tutto spontaneo, come non era mai successo prima, specialmente da parte dei simpatizzanti della Destra spinti da un incontenibile desiderio di riprendere l’equilibrio del Paese profondamente diviso, in crisi, sia etica che sociale, mentre i fedeli adepti della Sinistra, s’ingaggiavano in una disperata, quando vana difesa della continuazione, fiduciosi del proprio candidato, nell’evidente estremo tentativo di salvare il salvabile; speravano di conservare il potere per non soccombere, al quale, grazie ai privilegi ottenuti, si erano così abituati ed ai quali non potevano assolutamente rinunciare.

 Infatti, dopo praticamente  trent’anni di sinistri governi mancini, prima guidati da mediocri e maldestri politicanti socialdemocratici, ai quali fin dal 2002 sono succeduti i disastrosi nostalgici del fallito collettivismo, che per poco portavano il Brasile verso soluzioni autoritarie populiste di stile cubano e venezuelano, mentre per la del tutto genuina volontà, lo spontaneo clamore del popolo, ha finalmente indotto alla propria politica una decisiva svolta conservatrice; questo, nonostante la controparte avesse a proprio favore, non solo quasi tutto il sistema mediatico, ma disponendo soprattutto di enormi mezzi finanziari accumulati illecitamente attraverso appalti ed altre concessioni fraudolente, come finanziamenti agevolati ad importanti società, a tassi d’interesse incompatibili con il mercato, agevolazioni che in cambio erano ampiamente retribuite con laute tangenti, mettendo in pratica un gigantesco assalto all’erario pubblico, saccheggiando perfino diversi fondi di pensione dei dipendenti pubblici di distinte importanti entità statali.

 L’impietosa sconfitta della Sinistra è stata schiacciante; eppure, dando credito ai più che sospetti sondaggi, da parte degli istituti di ricerca, senza dubbio adeguatamente “addomesticati”, da parecchio alleati a chi ha mantenuto il potere in tutti questi ultimi decenni, davano per scontata l’ampia vittoria non solo del “fattorino” che ha sostituito l’ex presidente Lula – in carcere ed impedito dalla Legge a concorrere, per via delle condanne già confermate – ma anche dei rispettivi candidati alle assemblee legislative, al parlamento e dei governatori. Invece, i risultati elettorali fin dal primo turno, al contrario,  vedevano consacrato il chiaro successo di distinti deputati, senatori e perfino governatori della Destra che si erano aggregati al solitario quanto coraggioso avversario della situazione, Jair Bolsonaro, il quale,  senza temere di risultare politicamente scorretto, per anni, non aveva esitato di denunciare il continuo declino etico, oltre al generalizzato decadimento che ormai assediava il Paese nei più importanti e vitali settori; quindi, non solo della politica, ma anche del sistema scolastico ormai dedicato a formare militanti ideologici, in cui si dava enfasi alla inconciliabile ideologia di genere, fin dai primissimi anni delle elementari, riducendo in certo modo l’essenziale importante funzione e l’autorità dei genitori; dell’assoluta inefficace sicurezza, che ormai permette di annoverare circa 70.000 assassinati all’anno, oltre a centinaia di agenti sommariamente accoppati ogni anno dalla crescente potente delinquenza, in gran parte impunita; del contrabbando di armi e di droghe, oltre a tabacchi e bibite ed altri prodotti falsificati; della precarietà della sempre più perversa assistenza alla  sanità, con indecenti file di ammalati, sovente distesi sul suolo e che muoiono in attesa di essere visitati; una Giustizia oltremodo rigorosa con gli umili indifesi, ma quasi assente, oltremodo distratta, inoperante e tollerante quanto generosa con i poderosi; della crescente ed inaccettabile disoccupazione, di circa 14 milioni di cittadini ridotti all’indigenza costretti a sopravvivere in totale necessità; e a tutto ciò si somma quello che con ogni probabilità si confermerà come il più diffuso e grave scandalo di corruzione meticolosamente organizzato al cuore del potere e mai registrato in tutta la storia politica mondiale. 
 
 Senza risparmiare critiche a Lula  – e rispettivi accoliti -, dell’ex presidente che fino a poco prima godeva di un enorme prestigio anche internazionale, al punto che i suoi correligionari e cortigiani della Sinistra aspiravano a proporlo non solo alla segreteria generale dell’O.N.U, ma addirittura al Premio Nobel per la Pace, l’impulsivo e tenace Bolsonaro prometteva di interrompere quell’andazzo, mentre i monopoli mediatici, di quotidiani, riviste, radio e TV – al soldo del potere che generosamente li foraggiava – con i loro incessanti isterici attacchi e calunnie, cercavano di squalificarlo, mettendolo in parte anche in ridicolo, con tutta una serie di banali menzogne, gli riservavano ogni genere di ripetute accuse, anche le più grottesche, spesso, selezionando certe singole parti delle sue frasi dai propri contesti, interpretando a proprio comodo certe ambigue espressioni, per definirlo ingiustamente – a secondo del caso -, fascista, misogino, omofobo, razzista, nostalgico del nazismo e addirittura terrorista e virtuale assassino di massa, attribuendogli che intendeva mitragliare un’intera favela occupata dai narcotrafficanti e quant’altro; solo non lo potevano, invece, accusare di corruzione, infatti, l’allora presidente della Corte Suprema, Joaquim Barbosa, aveva ufficialmente dichiarato che nello scandalo noto come MENSALÃO, con il quale Lula, notoriamente, condizionava il parlamento, distribuendo un generoso “contributo” mensile, in nero, uno dei pochi parlamentari rimasti estranei all’indegno imbroglio, era proprio l’ex ufficiale dell’Esercito Bolsonaro.
 
 Ma nella solitaria, inizialmente impopolare battaglia, a volte, dava l’impressione incarnare il mitico Don Chisciotte che si avventava non contro immaginari mulini a vento, ma  illudendosi di poter combattere il deleterio sistema populista mancino vigente, ormai degenerato oltre ogni limite d’immaginazione, con la corruzione che teneva i suoi tentacoli radicati fortemente fino ai più elevati livelli, questo modesto deputato federale Jair Bolsonaro – considerato di “basso clero” dai colleghi più citati -, ex capitano paracadutista che in oltre vent’anni di politica, da consigliere comunale, aveva fatto una ragionevole carriera parlamentare, grazie al suo coraggio, all’intransigenza ed assoluta mancanza di peli sulla lingua, conquistava ogni volta più simpatie fra i sempre più numerosi conservatori e, senza scendere a compromessi, nella sua singolare ma energica opposizione, anche ai metodi adottati dal suo stesso partito,  sedotto dalla partecipazione al bottino, aveva ceduto al canto delle sirene, vendendosi dinanzi ai privilegi assicurati dal potere. Lui no, aveva perfino restituito un sospetto deposito bancario, a sua insaputa depositato sul suo conto che non gli spettava, sapendo della illecita origine, potendo così distinguersi dagli altri e,  senza mai stancarsi perseverare,  nella veemente condanna di certe pratiche. Si ribellava, inoltre, dinanzi agli attacchi verbali mossi ai militari la cui immagine difendeva ostinatamente i suoi colleghi e superiori, ribattendo con impeto alle ambigue e spesso false versioni sostenute dalla Sinistra che descriveva il regime coordinato dai militari dal 1964 fino al ’88, come crudele e dittatoriale. Fra i pochi a contestare energicamente la lettura storica che predominava, insisteva sul compendio positivo – che non poteva essere negato -, proprio perché, allora, i militari erano scesi in campo in seguito della generalizzata volontà popolare, appunto per evitare il peggio: l’imminente pericolo del comunismo. 
 
 Ma per meglio comprendere quella reale situazione del momento, è utile riepilogare gli eventi del 1961, quando il presidente populista eletto Jânio Quadros, che già simpatizzava con il regime cubano – esaltando perfino presunti meriti di niente meno che le gesta di un soggetto come Ché Guevara -, non riuscendo ad imporsi per governare, si era illuso che presentando le dimissioni, il parlamento gli avrebbe concesso pieni poteri; quando i parlamentari, al contrario, accettandole, avevano aperto la via al suo vice, il filo comunista João Goulart che, proprio in quel momento, si trovava in Cina con una delegazione, per mettere a punto accordi che allora non erano considerati del tutto “ortodossi”. Con la rinuncia di Jânio Quadros e l’assenza del vice Goulart, la guida del Paese, era passata provvisoriamente al presidente della camera dei deputati Ranieri Mazzili che intendeva impedire che il pericoloso vice assumesse la guida, ricevendo l’avallo dei militari per continuare alla presidenza.
 
 E, dinanzi alla concreta eventualità che si instaurasse un modello collettivista, i militari per limitare i poteri del presidente, avevano imposto il regime parlamentare che, tuttavia, dopo che il cognato di Goulart governatore del Rio Grande del Sud – Leonel Brizola – aveva minacciato la guerra civile, il vice di fatto, assumeva la presidenza, mentre nel ’63 lo stesso presidente Goulart era riuscito a ripristinare il regime presidenziale; ma trascorsi 3 anni di crescente instabilità, corruzione ed un’inflazione dell’ 80% all’anno, l’incertezza continuava ad aumentare ancora e mentre i media denunciavano l’incessante degrado, la Popolazione ormai stanca era scesa in massa nelle piazze ad esortare insieme ai media l’intervento dei militari, affinché, in fine, assumessero loro stessi la responsabilità del potere; infatti, nel Marzo del ’64, sfruttando la momentanea assenza di Goulart da Brasilia, lo stesso parlamento, dopo averlo delegittimato, sceglieva alla guida del Paese il maresciallo Humberto Castelo Branco che, nelle prime intenzioni, avrebbe dovuto ristabilire gli equilibri, sanare la situazione, ripristinando la normalità per restituire il potere ai civili l’anno seguente. 
 
 Nel frattempo, tuttavia, si eran o organizzati i movimenti eversivi ed i sediziosi si moltiplicavano; l’azione sempre più minacciosa cresceva, appoggiata dai sovversivi militanti alla macchia, in parte istruiti nei campi di preparazione di Cuba, dove si formavano i “combattenti”, rivoluzionari con la pretesa di emulare la marcia di  Mao. L’azione rivoluzionaria, ormai operava anche nelle città, sempre più aggressiva e violenta, con rapine a banche per finanziare focolai di guerriglia, e si producevano episodi di vero  terrorismo: il 4 Settembre del ’69 veniva sequestrato l0ambasciatore americano Charles Elbrick è sequestrato e scambiato con 15 militanti scarcerati; le azioni si ripetono non solo contro diplomatici stranieri, ma anche con attacchi armati a caserme ed assassinati di militari e perfino di compagni sospetti d’infedeltà o di scarso impegno. In tali circostanze i militari, invece di restituire la guida politica ai civili, avevano considerato di dover mantenersi al potere e reprimere i sediziosi terroristi armati, generando quasi quattrocento vittime fra gli aspiranti bolscevichi. Certo, in alcuni isolati casi, la polizia aveva anche commesso qualche abuso.
 
 Comunque, pur sembrando un’enormità, se, in un freddo calcolo, si confronta quel numero con migliaia di morti che si erano contati solo durante i primi giorni dell’inutile disastrosa rivoluzione castrista – a partito unico e mezzi di diffusione controllati dal regime -, oggi, dopo 60 anni con la dittatura cubana che mantiene ancora il potere assoluto, i dati certamente parlano, in modo chiaro, a favore dei militari brasiliani. Infatti, invece degli arresti in massa e delle fucilazioni ai “paredón”ordinati e coordinati dallo stesso Ché Guevara  – senza contare con i campi di concentramento, le migliaia e migliaia di prigionieri politici che subivano ogni genere di torture e vessazioni – vissute drammaticamente e descritte nel suo saggio CONTRO OGNI SPERANZA dall’autore cubano Armando Valladares – https://it.wikipedia.org/wiki/Armando_Valladares – e che hanno caratterizzato la crudele repressione castrista, i militari brasiliani, senza ombra di dubbio, potevano essere scagionati. Non per niente, avevano indotto gli oppositori ad espatriare dal Paese con il motto “Brasile: o lo si ama o lo si abbandona“… Del resto, la prova che non avevano applicato i truci disumani metodi castristi, sulla falsariga stalinista, sta nel fatto che dal 2002 in poi, i governi della Sinistra estrema erano fortemente integrati da numerosi stessi ex terroristi che dopo essere stati catturati in azioni di guerriglia o con prove di coinvolgimento in attentati, rapine ecc., nel frattempo, amnistiati, risultavano ancora vivi e vegeti, e perfino saldi a guidare un governo che, a poco a poco, si preparava a realizzare proprio quel sogno del cosiddetto “paradiso del proletariato”, ora denominato Socialismo del XXI Secolo (bolivariano), di cui abbiamo sotto i nostri occhi gli eccellenti quanto deleteri esempi in Venezuela, Bolivia ecc.  
 
 Non per niente nel 1989, mentre crolla il Muro della Vergogna di Berlino  la Sinistra brasiliana del PT (partito dei lavoratori) – ma non solo – ed i Cubani concepiscono la finalità di costituire l’UNASUL una nuova versione di unione sovietica latino americana ed i principali militanti della Sinistra radicale nel 190 si riuniscono in Brasile, fondando il cosiddetto Foro de São  Paulo, con a presenza l- fra gli altri – per il Brasile, naturalmente LulaFernando Henrique Cardoso, per Cuba Fidel Castro, per il Venezuela Hugo Chaves, per la Bolivia Evo Morales, per la Nicaragua Daniel Ortega e non potevano mancare i rappresentanti delle FARC (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane), quella “nobile” organizzazione del narcotraffico che per tanti anni ha mantenuto sotto scacco il Popolo colombiano, Manuel Marulanda Vélez Raúl Reyes, giusto per nominare i più noti beniamini dell’estrema Sinistra e dare un po’ l’idea delle dichiarate “buone intenzioni” dell'”onorevole” nostalgico gruppo settario.
 
 D’altra parte, nei 20 anni di predominio dei governi a guida militare, i media erano praticamente liberi e potevano criticare il governo, cosa inconcepibile sotto dittatura cubana; inoltre, esisteva un parlamento liberamente eletto, rappresentato da un partito di Destra ARENA ed un partito di Sinistra MDB; erano i rispettivi parlamentari che eleggevano il candidato alla presidenza fra i militari. Questi, dopo aver eliminato l’inflazione, sanando l’economia che durante la loro gestione cresceva a ritmi “cinesi” fino al 10% all’anno, hanno spontaneamente restituito il potere ai civili,  come s’è visto, concedendo l’amnistia a tutti gli ex terroristi che rientrano dall’esilio. Se non si considerano quelle poche centinaia di vittime fra gli estremisti, è stato un periodo, di discreta tranquillità: non c’era delinquenza, il sistema di sanità funzionava, non c’era disoccupazione ecc. E particolare importante, va aggiunto che nessuno fra i militari che avevano governato – o le rispettive famiglie -, mostrava segni di arricchimento, come è stato, invece, il caso dei governanti dell’attuale Sinistra, dove, per esempio, i figli di Lula di modestissima formazione, improvvisamente risultano miliardari; ora, sullo spinoso tema arriva circola un libro sulle milionarie operazioni realizzate da uno dei fortunati rampolli insieme a certi soci, di  Marco Aurélio Vitale – ex direttore della miracolata società – dall’eloquente titolo: O SÓCIO DO FILHO. I militari, al contrario, dopo aver adempiuto alle proprie funzioni nei distinti governi, hanno vissuto della propria semplice pensione. Tanto è vero che, mentre gli attuali politicanti godono della fiducia di miseri 2% a 5% della Popolazione, 78% dei cittadini attualmente dichiarano di fidarsi dei militari. Eppure, l’egemonia della narrativa condizionata dalla Sinistra, è solita ad esaltare la cosiddetta “resistenza” ai militari, sostenendo la fallacia, secondo la quale, i terroristi combattevano per la democrazia, quando, in realtà, non pochi degli onesti e molto noti ex integranti di quei gruppi, oggi, ammettono apertamente, in modo molto coerente, che lottavano per la dittatura del proletariato e nessuno alludeva minimamente alla democrazia; fra questi gli ex comunisti ed ex guerriglieri Eduardo Jorge, oggi presidente del partito ambientalista, già candidato rispettivamente alla presidenza e quest’anno alla vice presidenza con Marina Silva, oltre all’oggi prestigioso giornalista, pure lui, in passato già candidato alla presidenza per il Partito Verde, l’antropologo ambientalista Fernando Gabeira, tanto per citare due noti personaggi, lo affermano in maniera esplicita.
 
 Chiarito, dunque, quanto avvenuto fra gli anni ’60 ed ’80, possiamo passare alla realtà attuale, dove una volta istituito il voto diretto per la presidenza, governi di Sinistra più o meno corrotti – quando i socialisti e socialdemocratici di turno avevano generato un’inflazione a tre cifre, cambiando più volte la moneta e congelando e confiscando perfino i risparmi sui conti correnti di cittadini, di società eccetera -, gestivano la cosa pubblica, legiferando in causa propria, a favore dei propri particolari ed immediati interessi. A costoro, sono seguiti nell’ultima dozzina anni di gestione da governi di estrema Sinistra, che si erano presentati sostenendo che loro non avrebbero rumato, né lasciato rubare, alla fine dei conti, mostravano, al contrario un’insaziabile voracità a livelli inauditi, raggiungendo estremi mai visti prima, ed in un modo talmente sfacciato e cinico, sembrano indifferenti dinanzi la quasi totalità della Nazione scandalizzata. Infatti, dopo due mandati del sindacalista Lula, seguito dalla Dilma Rousseff che ancora oggi non esita a vantarsi delle rapine, allora, da lei praticate in nome dell’ideale collettivista…Tuttavia, il grado d’insoddisfazione popolare da lei generato era tale da indurre milioni di cittadini a scendere in piazza, occupando rioni interi, che chiedono la sua destituzione. Non per niente, ormai governava con tanta prepotenza ed arroganza, durante le riunioni, al punto di maltrattare apertamente, fino a togliere la parola ai propri altolocati collaboratori. In altra opportunità, durante un volo, aveva addirittura imprecato con i piloti perché l’aereo era incorso in una turbolenza e pretendeva ordinare loro di cambiare rotta… 
 
 La sua impopolarità non cessava di aumentare vertiginosamente, anche grazie ai suoi incomprensibili e stravaganti discorsi improvvisati, con frasi ed espressioni senza alcun nesso o logica, che nemmeno i migliori psicanalisti sarebbero riusciti a decifrare; inventava perfino termini inesistenti, sbagliando sintassi, verbi, tempi, generi, plurali e perfino calcoli aritmetici elementari come 13 meno 4 = 7; poi, esigeva che fosse pubblicamente chiamata “PresidentA”. Era ormai oggetto di aperta derisione, quando non di scherno, giustificato perfino da discorsi ufficiali all’O.N.U, mettendo in serio imbarazzo i poveri traduttori, quando, per esempio, esponeva come aveva spiegato al presidente Obama che letteralmente che “era chiaro che lui sapeva che dopo che la pasta dei denti esce dal dentifricio, difficilmente torna dentro al dentifricio“… in altra opportunità, sempre alla riunione pubblica dell’O.N.U. aveva suggerito la necessità d’inventare un sistema per accumulare il vento, così come si accumula l’acqua. C’è chi, come Celso Arnaldo Araujo alle divertenti chicche e famose perle della signora “presidentA” Dilma, ha dedicato un libro di oltre 200 pagine dall’eloquente titolo DILMÊS; 15 capitoli da leggere godendo in momenti di depressione, perché c’è davvero da risollevarsi l’animo…
 
 Pertanto, è del tutto comprensibile che oggi, molti si chiedano come una persona del genere abbia mai potuto essere eletta per ben due volta alla presidenza del Paese. Di fatto, già il suo primo mandato si era concluso con un notevole deficit, opportunamente mascherato grazie a quella da loro stessi definita”contabilità creativa” in cui avevano dissimulato i valori – ciò che alla fine le costerà la stessa poltrona del suo secondo mandato; ma, intanto, per ottenere la vittoria, aveva letteralmente dichiarato in pubblico che avrebbero fatto “il diavolo pur di vincere quelle elezioni”; infatti, sconfitto il rivale socialdemocratico, con il sospetto di aver saputo manipolare anche i risultati delle urne elettroniche (acquistate in Venezuela), cominciavano ad emergere certe sconvolgenti scottanti verità che i media, ormai meno accondiscendenti, pubblicavano; non c’era solo il falso amministrativo, ma anche dati di una congiuntura economica devastante: oltre 12 milioni di disoccupati, ciò che completava il pretesto per destituirla dalla funzione, per iniquità amministrative su decisione del parlamento. Ed intanto si parlava già di iniziative scandalose molto più gravi che coinvolgevano le gestioni sia di lei che di Lula: un giro di somme in contanti che si concentravano presso una stazione di servizio con personaggi per coincidenza già coinvolti in traffico di valuta e di droga.
 
 Ad un tratto, diventava evidente che gli scandali assumevano una dimensione ben più seria ed effervescente. Per cui, dopo che il governo, invece di preoccuparsi con servizi come giustizia, istruzione, sanità, sicurezza ed investimenti delle infrastrutture, i due – Lula/Dilma – si erano concessi il lusso non solo di organizzare il campionato mondiale di calcio, con miliardi di Dollari sprecati in inutili stadi sportivi, ma anche le olimpiadi, pensando di poter con ciò aumentare la propria popolarità; ma all’inaugurazione degli eventi, negli stadi, in presenza dei perplessi organizzatori stranieri, sonori cori del tutto spontanei si alzavano a gran voce che schernivano la “presidentA” chiamata per nome, mandandola in termini più che espliciti, a prenderlo proprio in quel posto…
 
 Nel frattempo, gli inquirenti erano riusciti a risalire ad un giro di tangenti miliardarie; fra cui, sotto la guida della stessa Dilma, negli Stati Uniti, la PETROBRAS aveva acquistato una vecchia obsoleta raffineria del valore di 43 milioni di Dollari, ma pagata oltre un miliardo… ma era solo la punta dell’iceberg; solo l’inizio della scoperta di una serie di scandali che dopo anni, non sono ancora stati totalmente appurati, perché coperti dal segreto di Stato. Dunque, a Bolsonaro si presentava anche l’opportunità attaccare di frontalmente i sinistri mancini, con dati alla mano: nel 2011, in parlamento per primo denuncia di avere le concrete evidenze che Lula si era recato in Libia per ricevere un milione di Dollari dalle mani di Gheddafi; nessuno gli crede… ed intanto, una lunga lista – la maggioranza – di parlamentari, partecipa al banchetto che saccheggiava non solo la PETROBRAS, ma anche le altre società controllate dal governo. Bolsonaro se lo poteva permettere perché già al primo mandato di Lula il presidente della Corte Suprema aveva riconosciuto che  in parlamento, proprio Bolsonaro, era uno dei pochi che non era coinvolto nella vendita del suo voto, per l’approvazione delle scelte dell’allora governo.
 
 Ed ecco che gli inquirenti, cominciavano a tirare i fili di Arianna di una incredibilmente intricata matassa, che si spera possa essere dipanata con il nuovo governo conservatore, che dal prossimo Gennaio potrà a smascherare totalmente il sistema, del quale si è già identificato il centro di comando, ma che resta ancora da scoperchiare del tutto quel Vaso di Pandora e recuperare i capitali nascosti all’estero, dopo essere riusciti a dare una dimensione finale dello scandalo che ad ogni giorno che passa rivela sorprese inedite. Infatti, le indagini, che seguono gli intrecci della complesse rete, avevano messo in evidenza  gravissime deviazioni di somme esorbitanti che finivano su conti esteri in Svizzera – e non solo – ed in qualche modo, al bisogno, rientravano in contanti. Personaggi di rilievo pescati con valigie strapiene di banconote  e perfino gente pescata ai controlli degli aeroporti con le mutande farcite, con chiaro coinvolgimento e partecipazione attiva di ministri, deputati, senatori ed i più importanti imprenditori del Paese presi in castagna, poi denunciati processati, condannati ed arrestati, per ridurre le pene, cominciano a vuotare il sacco. È un’interminabile valanga: tanto per dare un’idea, solo nello stato di Rio si trovano in stato di arresto ben quattro ex governatori ed un ex presidente dell’assemblea legislativa. 
 
 E tutto era iniziato quasi per caso, sulle tracce di un affarista già coinvolto con trafficanti di droga già condannato, che si trovava agli arresti domiciliari, stava movimentando somme di valuta estera presso una stazione di servizio, in modo incompatibile; infatti, gli inquirenti, perplessi, grazie a tabulati telefonici, improvvisamente, si erano trovati con un’estesa lista di politici, funzionari e dirigenti della più importante industria brasiliana controllata dal governo implicati nel giro – la PETROBRAS –  in uno scandalo di tangenti di miliardi di Dollari – che per parafrasare uno scandalo scoppiato anni prima sotto il nome di MENSALÃO, ora veniva denominato PETROLÃO -, di cui, si dice, si sia accertata, per ora, solo una parte… Il resto, sembra che stia per essere appurato con il cambio del governo, ma soprattutto grazie alle confessioni di tutta una serie di collaboratori di giustizia – fra i quali i più grandi imprenditori del Paese, con attività anche all’estro, che per ridurre le proprie condanne, hanno accettato di confessare. L’estensione del sistema di suborni contempla, anche l’abuso illecito e fraudolento dei fondi di pensione – ormai ridotti al fallimento – delle società pubbliche  e soprattutto della banca nazionale d’investimenti per lo sviluppo (BNDES) che captava capitali sul mercato internazionale, al tasso di circa 16% all’anno, ma finanziava società “amiche” al tasso di circa 6% annuo, principalmente a favore di opere pubbliche realizzate presso governi socialisti (Cuba, Venezuela, Equador, Nicaragua, Bolivia, El Salvador, Angola, Mozambico, Guinea Tropicale,  ma anche Argentina, Colombia, Perù ecc.), dove i grandi imprenditori brasiliani, in cambio di tangenti, ottenevano appalti per costruire porti, aeroporti, strade, metropolitane, centrali idroelettriche, sonde petrolifere eccetera, in fondo, sovvenzionate da un debito che i Brasiliani dovranno pagare per, forse, 50-60 anni…  Da notare che allora, la banca dello sviluppo – BNDES – per finanziare opere all’estero, per norma richiedeva l’avallo del parlamento; tuttavia, per contornare tale ostacolo e poter mantenere l’utile discrezione, Lula, il presidente oggi in carcere, senza consultare il parlamento, aveva fatto modificare lo statuto con un semplice decreto presidenziale. Se non bastasse, quando la Bolivia aveva deciso di nazionalizzare la filiale boliviana della PETROBRAS, stranamente, nessuno aveva protestato; anzi, è mancato solo che Lula si complimentasse per l’iniziativa con il bravo compagno presidente boliviano Evo Morales
 
 Del resto, scandali di corruzione nei governo durante le gestioni di Lula non erano una novità; infatti, anche se di proporzioni minori, già durante il suo primo mandato, era scoppiato lo scandalo che prenderà il nome di MENSALÃO, un generoso “aiuto” mensile – non dichiarato – distribuito in contanti, ai parlamentari disposti a “collaborare”, affinché votassero a favore delle misure che il governo intendeva approvare. Per fortuna, non tutte sono passate; alcune modifiche importanti, come una specie di censura ai mezzi di diffusione, media ed internet compresi, erano state negate; in caso di approvazione, tutti questi scandali che oggi vengono a galla, diffusi dai media, non sarebbero emersi né pubblicati.
 
 Ora, uno dei metodi che questi governi mancini avevano adottato, era tipico della Sinistra storica, già applicato, a suo tempo, da Lenin fin dai primi tempi della Rivoluzione Russa, il cui copione contemplava il mantenimento dalla propria parte di giornalisti e personaggi influenti di rilievo; infatti, come Valerio Riva descrive nel LIBRO NERO E LIBRO PAGA, il noto giornalista francese Albert Londres descriveva già nel 1920 come, per promuovere il recente “successo” del collettivismo, Lenin riservava preziosi “riconoscimenti” ad autori e personaggi chiave; così, ad intellettuali, artisti, ed in genere, figure dello spettacolo ecc.,  faceva distribuire gioielli e diamanti degli zar; in cambio, parlando bene del cosiddetto paradiso del proletariato. In fondo, era anche l’idea difesa del nostro bravo Gramsci, che preferiva rinunciare alla rivoluzione armata, sostituendo le barricate con la conquista delle élite e costituendo un’egemonia culturale. Questa lezione l’avevano imparata bene i sinistri mancini brasiliani che disponevano una legge su misura – Legge Rouanet – con la quale, le società potevano destinare parte degli utili ad entità e personaggi “culturali”, dopo che il Ministero della Cultura – naturalmente controllato e gestito da un proprio indottrinato -, valutati ed “approvati” i rispettivi progetti, permetteva che al posto delle tasse anche ingenti importanze fossero cedute a finanziare chi, preferibilmente, risultava politicamente opportuno, di modo che programmi cinematografici, televisivi, spettacoli di artisti e cantanti – notoriamente militanti – nonostante fossero già più che ricchi di per sé, come Chico Buarque  e sua madre o Caetano Veloso e sua sorella Betânia, godevano dei favori della “filantropia politica ed ideologica” in cui di fatto, il mecenate, seppur indirettamente, era il proprio governo amico. Non è del tutto escluso che i mancini al governo non si fossero ispirati anche al modello francese, così bene descritto da Jean Montaldo nel suo rapporto dettagliato dal titolo LES FINANCES DU P.C.F., in cuil’autore, nel 1977 aveva scoperto un grande giro d’affari da parte dei comunisti transalpini che si appoggiavano anche sulla BANQUE D’EUROPE DU NORD, con sede a Parigi e filiali in Svizzera, ma di proprietà del governo sovietico, dove da Mosca venivano trasmessi  e gestiti i sostegni sui C/C di intellettuali anche del calibro del compagno Jean-Paul Sartre.
 
 Dunque, appena sorge la minaccia del solitario Jair Bolsonaro, indifferente alle critiche, mostrandosi ormai determinato a rovesciare le parti, dinanzi al successo che riscuote ovunque arrivi negli aeroporti, accolto da incredibili moltitudini che capiscono bene i suoi convincenti messaggi contro l’indottrinamento nelle scuole, in difesa dell’etica, della moralità, della tradizione, della famiglia, della sicurezza, in difesa delle vedove di centinaia di agenti assassinati, mentre in carcere ai condannati viene corrisposto un aiuto che nemmeno i normali pensionati possono auspicare; promette il cambiamento per cercare di frenare l’onda di circa 70.000 assassinati all’anno, contro l’impunità, contro lo scandaloso ed inefficiente sistema della sanità, privato di parte degli stanziamenti dei fondi corrosi dai suborni e deviazioni delle risorse senza fine. E moralmente, fra i candidati, solo lui poteva vantare a viso aperto, di essere stato uno dei pochi parlamentari a non lasciarsi coinvolgere dalle tangenti e dagli “aiuti” mensili in contanti, in modo che la gente, vedendo in lui l’ultima speranza, cominciava letteralmente ad osannarlo. Mentre sul fronte opposto, perfino l’ex ministro della pianificazione Paulo Bernardo, marito proprio della senatrice Gleisi Hoffmann – integrante del nocciolo duro del PT – veniva arrestato per aver organizzato un’abusiva appropriazione tramite l’indegno prelievo compulsivo di, seppur modeste percentuali, sugli anticipi chiesi in prestito da parte dei poveri pensionati. Sarà scarcerato per decisione di un tollerante ed accondiscendente membro della Suprema Corte.
 
 Lula, intanto, aveva ripreso la propria campagna come candidato per conquistare un nuovo mandato, nonostante ormai fosse segnato e rispondesse già ad una mezza dozzina di gravi denunce per corruzione, arricchimento illecito ecc., da parte di inquirenti di Curitiba, São Paulo e Brasilia; se non bastasse, era già stato condannato in prima istanza a 9 anni e 9 mesi di carcere dal giudice del tribunale di Curitiba Sérgio Moro – per un appartamento “triplex” cedutogli da un imprenditore e che lo stesso aveva del tutto ristrutturato, aggiungendo piscina ed un ascensore privato. Accuse sempre negate, infatti i suoi legali avevano fatto ricorso presso la Corte d’Appello di Porto Alegre nella speranza di essere assolto ed era in attesa dell’esito della sentenza. nel frattempo, aveva dato inizio alla sua carovana in giro per il Brasile per promuovere la sua candidatura nel tentativo di una rielezione ad un terzo mandato. Di fatto, dopo i primi due era riuscito a far eleggere la sua brava delfina Dilma Rousseff che, alla scadenza del rispettivo primo mandato, avrebbe dovuto cedergli nuovamente il posto, ma che, invece, preso gusto per il potere, aveva deciso di contrariarlo, facendosi eleggere, ad un secondo mandato, pure lei, incarico poi interrotto dalla deposizione votata in parlamento per aver falsato i conti della sua prima amministrazione; al suo posto aveva assunto la poltrona il suo vice il socialista Michel Temer, ora considerato traditore, ma che ugualmente è indagato e soggetto a condanne…
 
 Ebbene, nel contempo, il solitario Bolsonaro aveva iniziato a girare il Paese per promuovere la propria singolare candidatura indipendente, pure lui, senza partito e senza risorse; e, mentre ai passaggi ormai lo attendono decine di migliaia di esultanti simpatizzanti, in magliette giallo oro e verde che agitavano bandiere nazionali, gli riservano vere ovazioni, al grido entusiasta di: “io, son venuto gratis“, ed ancora: “la nostra bandiera, verde e gialla, giammai sarà vermiglia”… ed inoltre: “un, due tre, quattro, cinque, mille, vogliamo Bolsonaro presidente del Brasile!”. Al contrario, le comitive di Lula, meticolosamente organizzate dai movimenti della CUT (versione brasiliana della CGL), e dall’MST (Movimento dei Senza Terra), accompagnati dai soliti accoliti tutti in uniforme e berretti religiosamente rossi, notoriamente convocati apposta per  seguire il convoglio a pagamento, come sempre, agitando i pugni chiusi e le bandiere rosse, ora, ad attenderli lungo i loro itinerari, c’erano i manifestanti contrari, con getti di uova e perfino di qualche pietra al grido di: “Lula, ladrone, il tuo posto è in prigione”… Nel Sud in certe località come a Passo Fundo, gli avevano perfino impedito di entrare.
 
 In fondo, si trattava di un chiaro secondo avviso che per il PT (partito dei lavoratori), il vento era decisamente cambiato; un primo avviso era già stato dato dagli elettori nelle – per lui – devastanti elezioni amministrative, dove il PT aveva perso quasi tutti i comuni conquistati prima; ma i suoi integranti, sembravano di non aver imparato la lezione; non capivano soprattutto che le moltitudini ad accogliere Bolsonaro erano del tutto spontanee ed ovunque arrivava, lo aspettavano moltitudini entusiaste ad esaltarlo volontariamente, mentre le deludenti carovane di Lula erano preparate a suon di quattrini e ciononostante, non destavano interesse, anzi, erano apertamente osteggiate dal pubblico avverso.
 
 I mezzi di diffusione, pur mostrando l’insuccesso delle traversate della comitiva di Lula evitavano di diffondere i filmati di Bolsonaro; questo, aveva già dato l’avviso che avrebbe ridimensionato gli stanziamenti pubblicitari del governo; pertanto, costituiva una prospettiva piuttosto scomoda. Malgrado ciò, le notizie della sua popolarità cominciano a circolare con sempre maggior insistenza sulle reti sociali… su FacebookWhatsApp, Instagram e soprattutto su YouTube ecc. Ma non solo i simpatizzanti si scambiano i filmati di come la carovana rossa è accolta dal pubblico, ma sorgono anche tutta una miriade di divertenti barzellette una più cattiva dell’altra; appaiono giganteschi pupazzi gonfiati esposti nelle manifestazioni sulle piazze pubbliche con Lula vestito da galeotto. In poco tempo, il movimente a favore di Bolsonaro sembra esplodere: le strade e le piazze si tingono con i colori nazionali, come ai tempi delle proteste contro il presidente Fernando Collor poi destituito pure lui dal parlamento per aver ricevuto in regalo una modesta FIAT
 
 C’è però chi comincia ad osservare che il capitano si espone fin troppo e che corre pericoli da parte degli avversari spaventati dal suo strepitoso successo; così, deve vestire il gilet di kevlar e lo accompagnano agenti federali. Ma arrivando alla città di Juiz de Fora, senza la protezione del gilet, mentre la gente lo porta in giro come un trofeo, gli si avvicina con insistenza l’attentatore Adélio Bispo che gli infila un coltello di 23 cm. nel ventre. L’aggressore viene immediatamente immobilizzato, e Bolsonaro portato d’urgenza all’ospedale, avendo perso  2,5 litri, ossia 40% del sangue, arrivando in sala chirurgica praticamente agonizzante, con la pressione arteriosa di 8 x 4; pochi minuti ancora e si sarebbe spento. Gli aprono tutto l’addome; ha due segmenti dell’intestino lacerati; tolgono tutto per lavarlo, per ore ed ore sopravvive fra la vita e la morte; ma è in ottime mani di competenti chirurghi come ce ne sono molti in Brasile; gli applicano oltre 300 punti, accoppiandogli una borsa di colostomia per l’evacuazione delle feci. Portato in aereo a São Paulo ad uno dei due migliori ospedali brasiliani – Albert Einstein -, sembra riprendersi oltremodo bene, fino a quando sorge un’infezione; i nuovi medici riaprono tutto e torna ad essere operato durante tutta la notte, ma sembra fuori pericolo. 
 
 Per settimane se ne parla con insistenza, ma non mancano nemmeno le critiche degli avversari; c’è chi dice addirittura che ha raccolto ciò che aveva seminato – perché per la Sinistra il violento sarebbe lui. Intanto gli ambigui sondaggi continuano a negare il suo grande vantaggio, attribuitogli dalla gente, mentre i media non risparmiano i soliti attacchi. All’attentatore subito arrestato non gli si torce un capello, ma subito si presentano ben quattro avvocati, di cui uno, famoso a livello nazionale per difendere cause di grandi delinquenti; la gente è perplessa: chi può pagare legali che si muovono sui loro aerei privati? Il ministro della difesa – di Sinistra, naturalmente -, non attende nemmeno il parere degli investigatori e si affretta a concludere che  l’attentatore è un lupo solitario; c’è chi lo giustifica definendolo un povero pazzo fanatico ed i legali trovano subito uno specialista a sottoscrivere tale tesi; eppure, in stato d’arresto, dall’intervista ai cronisti, emerge un tizio altamente politicizzato, consapevole e confessa di essere omosessuale, avendo agito per sentirsi minacciato. Tuttavia, ha militato per sette anni nel PSOL di estrema sinistra. Si scopre che aveva già seguito i figli di Bolsonaro dove dovevano recarsi per allenarsi ad un tiro a segno, avendo pagato anche lui per tutta una serie di colpi e per coincidenza, in seguito al ritardo dell’aereo, i Bolsonaro proprio quello stesso giorno che l’aggressore frequentava il poligono, non ci vanno; era lì ad aspettarli? Ci si chiede, come poteva un tizio disoccupato circolare, pagandosi un tale divertimento? Aveva informazioni privilegiate? All’improvviso, emerge pure che a Brasilia era stato forgiato il registro della sua visita all’accoglimento della camera dei deputati, proprio quello stesso giorno dell’attentato; chi avrebbe dovuto visitare? Evidentemente, si trattava della preparazione anticipata di un falso alibi; stranamente, spariscono anche i filmati. La polizia perde tempo e sembra non scoprire niente, ma alla pensione dove alloggiava, in attesa del passaggio di Bolsonaro trovano quattro cellulari ed un Notebook, ma oltre alle date dei prossimi passaggi di Bolsonaro in distinte località non risulterebbe niente di eccessivamente sospetto. Poi, emerge che da un punto internet pubblico aveva trasmesso concreti messaggi inviati a niente meno che alla senatrice Gleisi Hoffmann – “presidentA” del PT – in cui suggeriva che nell’impossibilità di Lula avrebbe potuto presentarsi lei stessa, ma viene considerato tutto normale… Anormale, invece, dovrebbe sembrare che la titolare della pensione Aparecida Maria da Costa, dove l’aggressore alloggiava, improvvisamente muore  per un tumore; un paio di settimane più tardi trovano morto anche Rogério Inácio Villas, l’ospite che per più tempo alloggiava alla stessa pensione, non è sospetto? Non ci sono troppe coincidenze?  Poi, si apprende che il commissario della polizia incaricato a dirigere quelle indagini è uno stretto collaboratore del locale governatore – Fernando Pimentel – del PT ed ex “combattente” militante insieme alla Dilma ai tempi della guerriglia…  
 E, mentre Bolsonaro si recupera dal mancato omicidio, continuando ad aumentare il suo vantaggio nei confronti dei rivali, perfino nei sondaggi a lui sempre avversi, i legali dell’attentatore decidono di preparare un’intervista televisiva pubblica a livello nazionale; magari, non solo per dimostrare le responsabilità del capitano ed alleviare quelle del mancato assassino, ma probabilmente, si vuole provocare un fatto nuovo, proprio per frenare la sua inarrestabile ascensione nelle preferenze; per fortuna i magistrati non ci cadono e si oppongono al funesto stratagemma. Allora, i sondaggi debitamente “addomesticati” s’inventano che Bolsonaro, pur restando in testa al primo turno, ma in caso di probabile secondo turno di spareggio, al ballottaggio lo danno teoricamente come sicuro perdente contro tutti e quattro i candidati meglio posizionati alle sue spalle; pochi, naturalmente, credono a tanta immaginazione, anche perché due sondaggi indipendenti forniscono altre tesi meno improbabili.
 
 La condanna in seconda istanza, nel frattempo, era stata già confermata, unanimemente dai tre magistrati, della Corte di Appello di Porto Alegre e l’arresto di Lula era prontamente decretato; per non umiliarlo, il giudice Moro gli concede l’intimazione a consegnarsi spontaneamente alla polizia federale; lui, invece, esce di casa e si reca alla sede dei sindacati circondato dai soliti accoliti vestiti in rosso ed inscena un vero quanto inusitato teatro; non manca la messa recitata da un vescovo notoriamente comunista, in ricordo della morte della povera consorte. Sono scende da falsa tragico comica. Sul palco c’è il quartiere generale dell’estrema Sinistra: Stedile gran comandante dell’M.S.T., che tempo addietro Lula diceva che avrebbe convocato con il suo esercito; c’è Vagner Freitas presidente della C.U.T. che in passato aveva minacciato che avrebbero preso le armi per difendere i propri grandi capi; c’era la Dilma, ancora ottimista perché i sondaggi la davano come favorita alla candidatura al senato; sarà una grandissima delusione anche per lei; c’è la solita “pasionaria” Gleisi Hoffmann – presidentA del PT – quella che aveva dato l’intervista ad AL JAZEERA, come per convocare un intervento delle forze Arabe a favore di Lula, ora, viene ripresa accanto a lui e fiuta la bottiglietta di quella che doveva sembrare “acqua”, ma in realtà, dalla lettura lebiale sulla bocca sorridente della senatrice, si intuisce in modo chiaro che pronuncia “cachaça!”; Lula prosegue i suoi discorsi esaltati, grondante in un bagno di sudore, ogni tanto sorseggia il contenuto della bottiglietta che qualcuno, dietro di lui, alla fine, prudentemente gli toglie mano, ma il suo stato di ebbrezza è ben evidente… Tutto trasmesso in diretta dai canali televisivi. Non si capisce se intende consegnarsi o se vorrà provocare un confronto con la polizia per arricchire lo spettacolo e rafforzare la pretesa immagine di vittima. Passano i giorni e la sua posizione può peggiorare, viene saggiamente consigliato da alcuni, mentre altri lo incitano alla resistenza ed alla fine, accetta di essere prelevato da un convoglio della polizia in mezzo ai correligionari molto agitati; poi, in elicottero viene trasportato alla sede della polizia federale di Curitiba, dove attorno un’enorme folla in festa lo attende euforica ed all’arrivo è accolto dai fuochi di artificio che non sembrano esaurirsi; è notte ed il cielo si lumini di lampi multicolori, mentre è filmato quando scende dall’elicottero che posa sulla base del centro della polizia. Mezzo Brasile trepida dallo scoppio dei mortaretti…
 
 Ebbene, ormai, la Legge non gli permette di candidarsi ad incarichi pubblici per almeno 8 anni. I legali non si rassegnano e riprendono la serie degli infinita di ricorsi; secondo i principi democratici, tutti i cittadini sarebbero uguali – od almeno dovrebbero avere uguali opportunità; si noti che un cittadino normale per un ricorso alla corte suprema brasiliana aspetta, diversi anni, ma come Orwell ha giustamente ricordato, nei modelli collettivisti ci sono cittadini che sono più uguali degli altri; ed ecco che i legali di Lula hanno fatto fatto 145 ricorsi (habeas corpus) giudicati a tempo di record addirittura nel giro di ore, con cui si voleva, evitare l’arresto, restituire il diritto di concorrere alle elezioni, metterlo in libertà ecc. ecc., evidentemente i suoi legali sono molto efficienti  e devono essere abbastanza bene retribuiti… Certo,  legalmente nonostante tutte le avverse circostanze, può iscriversi come candidato, pur non potendo essere eletto, ma se le Corti avessero giudicato a favore uno dei ricorsi, una nuova prospettiva gli si sarebbe presentata. Tuttavia, scaduti i termini, il Tribunale Superiore Elettorale, gli nega anche il diritto di partecipare; così, i legali ricorrono alla Corte Suprema per la scarcerazione, in attesa che possa ricorrere anche in Assise, in libertà; degli 11 magistrati, 8 erano stati nominati da lui stesso e dalla Dilma, eppure, contrariando le sue vane aspettative, votano ed in maggioranza 6:5 decidono per il mantenimento del carcere. Ma non finisce, l’inesauribile novela deve continuare ed intanto, milioni di cittadini – meno uguali -, aspettano da anni che i loro ricorsi vengano giudicati… 
 
 Pur essendo interdetto per forza di legge, i media diffondono ambigui sondaggi in continuazione, dando ancora Lula come candidato favorito, ma la gente ormai non ci crede; altri sondaggi indicavano che la stragrande maggioranza dei Brasiliani vuole la condanna e l’incarcerazione di Lula. Ed intanto la Popolazione, ormai a tutti i livelli, non cessa di inneggiare al “Mito”, alias Bolsonaro.  Mentre i suoi fedeli legali, continuano a far ricorso sono oltre cento i diversi inutili ed estremi ricorsi, ad un certo punto presentano una insignificante dichiarazione del Comitato dell’O.N.U. per i Diritti Umani, formata da 18 membri, ma firmata da soli due di loro e pretenderebbe che si desse la possibilità a Lula, di concorrere all’elezione, come se questi due signori avessero alcun peso sulla legislazione brasiliana…
 
 Ad un certo punto, Lula su pressione dei compagnifinalmente nomina come candidato alla presidenza il suo fedele discepolo Fernando Haddad, suo ex ministro dell’istruzione; ex sindaco di São Paulo, umiliato per la rielezione – considerato il peggior sindaco di tutti i tempi -, sconfitto clamorosamente addirittura al 1° turno dal neofito in politica João Doria che perfino contro la volontà del proprio partito (PSDB), aveva presentato la sua candidatura solo poche settimane prima del voto. Haddad è anche quello che aveva approvato il libretto con le istruzioni destinate ad insegnare ai bambini delle prime elementari, come si realizza il coito, riproducendo l’atto in modo creativo e “realistico”, infilando il dito nelle pagine bucate dei rispettivi organi sessuali – Fernando Haddad, dunque, che fino a quel momento era iscritto come vice del condannato, ma che di fatto, non potendo quel preteso protagonista uscire dal suo “domicilio” coatto, manda la sua comparsa a fare il suo ambiguo gioco, mentre da docile sostituto, in una manifestazione che assume connotati davvero farseschi, continua  il suo comico pellegrinaggio in un vai e viene, come un “fattorino” in visita con impressionante regolarità al Capo agli arresti, che sconta i suoi dodici anni ed un mese, presso la Polizia Federale, ma viene abbinato pur sempre alla foto di Lula per confondere l’ingenuo elettore; così, fanno circolare filmati e anche volantini, tuttora con “Lula Presidente”, ed ora il quadro della farsa assume contorni da vera commedia buffa e nella foto si aggiunge una terza persona – Manuela D’Ávila – che rinuncia alla propria candidatura alla presidenza per il PCdoB, e diventa lei la vice di Haddad… ed a questo punto la propaganda ed i volantini mostrano immagini con ben 3 personaggi – il vecchio (al fresco), il giovane (la comparsa) e la bella, (bolscevica che si esibisce anche con tanto di vistoso tatuaggio sul petto di niente meno che del grande “eroe” della leggendaria Rivoluzione Castrista (Ché Guavara); propaganda elettorale che, comunque, i diversi magistrati in giro per il Paese, ovviamente, fanno prontamente confiscare.    
 
 I media, appoggiati dagli istituti dei sondaggi intensificano l’immaginativa opera a favore di Lula ma non possono evitare di mostrare pure almeno una modesta ascensione di Bolsonaro, convalescente, in pigiama, ormai guidando la classifica, prima all’ospedale, poi in casa, non può più partecipare attivamente alla campagna; lo fanno i suoi simpatizzanti, i candidati all’assemblea legislativa, al parlamento, al senato, diversi candidati governatori ed una miriade di volontari che attraverso la rete sociale, con i propri cellulari, divulgano i brevi pronunciamenti, di chi pochi giorni prima giaceva immobilizzato in un’unità di trattamento intensivo. I telegiornali ed i giornali ne approfittano ed insistono con nuovi attacchi, ogni giorno ne inventano di nuove; il giornale più a sinistra FOLHA DE SÃO PAULO e la rivista VEJA mettono grandi titoli su suoi presunti scandali in prima pagina; tentano, invano, di distruggere l’immagine del capitano riformato; lo definiscono violento, ma chi subisce le violenze è lui ed i suoi simpatizzanti, da parte degli intolleranti militanti rossi che lasciano feriti sanguinanti sul selciato. Inventano che molti anni prima, aveva minacciato di morte la sua prima moglie che puntualmente lo nega. Appare una ragazzina che espone la denuncia di essere stata aggredita da tre militanti pro Bolsonaro che le avrebbero inciso sul corpo una presunta croce uncinata; c’è la palese evidenza di una farsa e la polizia indaga chiede sul luogo e l’orario e verifica le telecamere che non mostrano assolutamente niente; la bugiarda non presenta segni di resistenza e la croce incisa è fatta da chi non conosce quel simbolo, mostra di essere stata inciso in tutta calma. Viene denunciata per falso ideologico.
 
 I media non perdono una tale occasione, dando enfasi che i simpatizzanti del Sud, quasi tutti di origine italiana e tedesca, sarebbero fascisti e nazisti; ignorano che quei movimenti in Brasile sono fuori legge fin da quando il suo esercito aveva combattuto con gli Alleati. Tuttavia, anche giornali stranieri ne approfittano; non so se REPUBBLICA od il FATTO QUOTIDIANO pubblicano le stesse fandonie perché, in tutta onestà, devo ammettere di avere per questi quotidiani una certa avversione, alimentata dai miei peccaminosi preconcetti,  ma ho seguito la diffusione delle falsità sul CORRIERE DELLA SERA, a firma di Rocco Cotroneo che riporta puntualmente in maniera del tutto disonesta senza un pizzico di pudore nutrito dall’arbitraria, quelle invenzioni in serie, come quella diffamante diffusa in prima pagina dalla FOLHA DE SÃO PAULO, con titolo da sensazione, secondo il quale l’imprenditore Luciano Hang avrebbe acquistato pacchi di messaggi equivoci disseminati via rete sociale (soprattutto WhatsApp) nei confronti del “fattorino” Haddad che poi si scopre essere una fantasiosa creazione addirittura grottesca; e quando il Pubblico Ministero ristabilisce la verità, il Sig. Cotroneo non si mostra abbastanza coerente e si guarda bene di ritrattare. Vergognosamente, alle calunnie contro Bolsonaro, gli fa eco anche il giornalista Emiliano Guanella su LA STAMPA. È più che evidente che ciò che giornalisti che non amano la nostra bella lingua definiscono fake news – magari per dar da intendere che dominano la lingua inglese – non le diffondo i simpatizzanti gira gente di Sinistra travestita in giallo verde simulando attacchi ai mancini, ma sono subito smascherati; altra sciocchezza che i giornalisti accettano come verità è che il capitano pretende non solo distruggere l’la natura dell’Amazzonia, ma pretende perfino sopprimere le tribù degli indigeni che vivono nella selva, per consegnare le loro risolve agli speculatori ecc., mentre si tratta dell’esatto contrario, vuole emanciparli, integrarli economicamente e socialmente, in realtà, sono le diverse ONG che ci guadagnano sopra, i soliti religiosi indottrinati che raccolgono aiuti per le loro lucrative missioni che insistono a mantenerli allo stato primitivo, come se fosse necessario mantenerli come soggetti di una specie di museo antropologico vivo; infatti, sono solo fandonie che non meritano alcun credito, diramate dal candidato dalla Sinistra per danneggiare il candidato con chiara tendenza a vincere. Pertanto, non è la Destra che diffonde le falsità, non ne ha alcun bisogno d’inventare, perché scandalosa la verità che coinvolge i sinistri mancini, è immensamente più efficace e convincente di certe grossolane invenzioni attribuite al rivale; chi ha estremo bisogno di  ricorrere ad oscure calunnie e puerili accuse è la Sinistra in palese difficoltà, con i suoi massimi dirigenti in galera. Ma i media brasiliani non perdono occasioni e danno credito anche ad un cantante popolare indottrinato Geraldo Azevedo che in presenza di Haddad – che poi prontamente diffonde la panzana -, ipocritamente sostiene che ai tempi della “dittatura”  era stato torturato personalmente dal Generale Hamilton Mourão vice di Bolsonaro; così, gli autori e diffusori di calunniose falsità toccano il fondo e perdono la maschera; infatti, il generale risponde subito che all’epoca diciassettenne, era ancora uno studente, obbligando il cantante bugiardo a ritrattare; cosa che Haddad non avrà l’umiltà di fare. 
 
 Del resto, proprio in questi giorni due autori – Francesco Nicodemo e Giusy Russo – dedicano alla pessima pratica della (dis)informazione un articolo, puntando il dito sull’irresponsabilità di certi organi mediatici: 
 
 Nel frattempo, la CIA ed il MOSAD avvisano Bolsonaro di non esporsi in pubblico perché esistono evidenze di piani mediorientali per assassinarlo; pertanto, evita qualsiasi uscita non strettamente necessaria, negandosi pure di presentarsi al confronto televisivo con il rivale; nuova occasione per criticarlo severamente, ignorando che è ancora convalescente e gira con l’inconveniente sacca di colostomia  alla vita per lo scarico delle feci che, ogni tanto, senza preavviso, dev’essere opportunamente sostituita.
 
 Ad ogni buon conto, la campagna elettorale si conclude ed ancora gli ultimi estremi sondaggi “addomesticati” pur sempre chiaramente favorevoli al capitano, alla vigila della decisione, insieme alla propaganda mancina e la solita ostilità mediatica, tentano invano, di par passare come vera una grande ascesa di Haddad, ipotizzando un miracoloso sorpasso. Ma gli indici economici li smentiscono, in modo che non lascia margine a dubbi; infatti, l’ottimismo ha fatto salire i titoli in borsa, mentre la moneta nazionale si consolida nei confronti sia del Dollaro che dell’Euro. La grandi società ventilano già investimenti, mentre Trump dagli Stati Uniti non nasconde la propria soddisfazione. Del resto, le previsioni già confermavano che com’era già avvenuto negli Stati Uniti con lo stesso Trump, quanto più attaccavano Bolsonaro, tanto più il pubblico gli si stringeva attorno… anche i media, sembrano di non aver imparato la lezione.
 Il giorno seguente, dunque, la gente si affretta alle urne; Bolsonaro non manca all’appuntamento e circondato da numerosi agenti federali va a votare, con la gente entusiasta che al passaggio acclama il Mito. L’esito, indubbiamente, a lui favorevole è nell’aria, nessuno ne dubita, anche perché il titolare dell’istituto di sondaggi più importante IBOPE, Carlos Augusto Montenegro – suo malgrado – già alla vigilia, aveva ammesso l’inevitabile vittoria della Destra. Infatti, verso le 19.00 i primi dati mostrano lo schiacciante vantaggio in praticamente tutto il territorio nazionale; solo attorno a Bahia, dominata dal governo rosso del PT, dove fra l’altro, illecitamente circolavano i mezzi pubblici, ostentando apertamente un vistoso adesivo con il numero di Haddad – che alcuni, a buon proposito, descrivono come pupazzo del ventriloquo –, i comunisti sono in vantaggio, altrove, le strade e le piazze sono già in festa a commemorare, come se avessero anticipato il carnevale con l’aggiunta dei razzi ed i mortaretti che fanno tremare buona parte del Brasile e, finalmente verso mezzanotte, si conferma un vantaggio incolmabile di 10 milioni di voti. I sinistri mancini, in un gesto di estremo mal gusto, si negano di telefonare al vittorioso per riconoscergli il merito, come di solito si fa in Paesi civilizzati. Dinanzi alle critiche, lo faranno solo con giorni di ritardo.
 
 Ora, Bolsonaro ha praticamente definito il suo ministero che da oltre 40 ministri è ridotto a metà, ma composto, da personaggi di altissimo prestigio, da due super ministri Paulo Guedes uno dei più qualificati economisti brasiliani, formatosi alla Scuola di Chicago, pertanto, di palese inclinazione  liberale che ha in buona parte carta bianca per ricomporre una congiuntura economica, principalmente di recupero dell’occupazione e  ristabilire la speranza dei più indifesi. L’altro super ministro è il più amato magistrato del Brasile, Sérgio Moro, quello che ha giudicato una buona parte dei corrotti più famosi e potenti del Paese, assumerà la Giustizia ed allo stesso tempo la sicurezza, quindi anche Ministero Pubblico e la polizia federale e come ci aspettavamo, la delinquenza, i corrotti insieme ai corruttori tremano, infatti, solo lui aveva condannato oltre 140 personaggi importantissimi, Lula compreso; altri ministri chiave vanno ad un paio di generali di quattro stellette dall’immagine illibata; al ministero della scienza e tecnologia va all’ex astronauta Marcos Pontes che vanta un paio di dottorati di ingegneria, parla diverse lingue, ha trascorso vari anni alla NASA ed ha amici personali nei governi del Canada e della Spagna. I media, naturalmente questionano le scelte Bolsonaro che prontamente ironizza, giustificandosi che quando Lula e la Dilma avevano nominato ministri ex terroristi, nessuno si è lamentato, ora che lui nomina alti ufficiali, onesti e fedeli alla Patria che rispettano le leggi, si lamentano…
 
 In conclusione, non ci sono assolutamente dubbi che la singolare vittoria di Jair Bolsonaro, deve essere considerata non solo la vittoria dei conservatori Brasiliani, il trionfo di un autentico eroe, ma risulta la salvezza di tutto tutta l’America Latina che si libera dalla minaccia del socialista bolivariano che perde i più ricchi aspiranti del collettivismo continentale e costituisce un serio problema per lo stesso Foro de São Paulo ormai orfano del suo principale ispiratore e sostenitore.
I conservatori sono molto riconoscenti; complimenti Signor Capitano!