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L’UOMO IN RIVOLTA di Albert Camus (Recensione)

Rivoluzioni ed Ambiguità

Albert Camus, è un marxista convinto e come tale partecipa alle battaglie in difesa del collettivismo; così, si arruola come volontario alla resistenza nella guerra civile spagnola fra le file dei repubblicani contro i nazionalisti del Generalissimo Franco. È un attento osservatore e non si lascia ingannare dalla retorica né dalla dottrina, perciò, non sacrifica il proprio senso critico e ciò gli permette di notare ben presto pragmaticamente che qualcosa nella militanza dogmatica di quel regime non quadra; infatti, l’applicazione di quel modello marxista e l’anarchia che vi regna espongono i propri fianchi deboli, mostrando l’evidenza di quanto il modello sia incoerente ed in maniera palese del tutto disumano.

Dal punto di vista della coerente onestà egli si dimostra certamente fra i “migliori”; eppure, dopo essersi esposto con eccessiva sincerità, i suoi stessi più prossimi compagni lo sconfesseranno senza esitazione, accusandolo di eresia. Colpevole di non aver accettato di pensare con la testa altrui, nella speranza di trovare l’applicazione autentica del marxismo, decide di andare in Unione Sovietica, in coerenza alla fede nei suoi ideali. Tuttavia, ciò che vi trova gli si rivelerà semplicemente più scandaloso ancora.

Profondamente deluso, scriverà L’UOMO IN RIVOLTA; un capolavoro la cui lettura diventa quasi d’obbligo per chi si ostina a ragionare davvero con onestà, senza rinunciare alle proprie sincere convinzioni e mettendo in prima linea la libertà di opinione, soprattutto in difesa della causa nella quale deposita tutti i suoi principi.

Quest’opera è, quindi, sicuramente un buon pasto per chi non scende a compromessi con la verità e non sacrifica ma, al contrario, alimenta la propria fede senza sottovalutare i pro ed i contro alla luce della concreta realtà e non rinuncia al proprio senso di giustizia, pesando bene i valori degli ideali più puri contro le ambiguità, i soprusi e le discriminazioni, preferendo i meriti alla militanza.

Camus è sì un militante convinto, ma è altrettanto coraggioso quanto onesto nel mettersi in causa, e non teme di pagare il prezzo della propria coerenza anche con il rischio della perdita dei suoi più intimi amici che però preferiscono salvare l’ideologia, nascondendo la vergogna dottrinaria sotto il tappeto dell’omertà e dell’ipocrisia.

Ed allora egli accetta l’isolamento in cui lo induce la cieca militanza dei vecchi compagni; del resto, il rivoltoso deve saper percorrere la propria strada anche in solitudine, come più tardi scriverà anche il Premio Nobel messicano, Octavio Paz, che dopo aver pure lui creduto a quegli ideali, non esiterà a rinnegare quell’equivoca filosofia per diventare uno dei più decisi e prestigiosi liberali della cultura latinoamericana.

L’UOMO IN RIVOLTA è un saggio che si dimostra ancora molto attuale ed insegna agli individui ad essere se stessi; a non piegarsi alla consuetudine; a non vendersi al conformismo di convenienza; a mai rassegnarsi dinanzi agli ostacoli dietro ai quali si nascondono le insidie della doppiezza con le sue finzioni ed i suoi equivoci tranelli. È un’esortazione a mantenersi sempre vigili, sempre pronti a contestare ciò che non è corretto. L’individuo deve mantenersi appunto sempre in rivolta, senza rinunciare alla propria capacità di discernere ed alimentando il proprio spirito critico. L’individuo responsabile non si arrende e sa setacciare ciò che è giusto da ciò che è sbagliato; sa mettere a nudo perfino la propria dottrina, se necessario, senza lasciarsi corrompere dalle illusione dei richiami costituiti dal canto delle sirene della stessa.

L’individuo deve mantenersi attento e non si lascia ingannare dalle apparenze e dai deleteri compromessi e, se necessario, resistere alle correnti del conformismo. Capisce che la Rivoluzione è una cosa e la Rivolta è ben altro; infatti, la Rivoluzione è come un fuoco di paglia che si consuma e si arresta nelle sue certezze per conservare le eventuali illusorie false conquiste; la Rivolta è un ordine permanente che si alimenta non tanto di certezze bensì di dubbi. La Rivoluzione è fine a se stessa e si ingessa per conservare, mentre la Rivolta continua il suo moto e nella sua marcia persegue un continuo miglioramento.

Ed ecco che contro i totalitari che trasformano la Rivoluzione in repressione bisogna saper reagire; è necessario ribellarsi, rinnovando la propria indole rivoluzionaria permanentemente. Così, Camus scopre che le forme di marxismo della Spagna e perfino dell’Unione Sovietica non sono sono altro che facciate al servizio di chi mantiene le redini del potere con pugno di ferro, dove il cinismo non risparmia vite ed esercita violenza estrema e ambiguità inaudita, in cui la barbarie non conosce limiti ed è capace di mietere vittime fra i propri membri più fedeli e coerenti, per poi camminare sui cadaveri che lascia strada facendo, con la massima indifferenza.

Nella Rivoluzione chi comanda, una volta assunto il potere assoluto, lo mantiene con la forza della tirannia che non fa più sconti; e tenta giustificare ogni genere di abuso con il pretesto di dover modificare la mentalità della collettività, imponendo il pensiero unico di chi comanda, riducendo l’individuo ad un semplice militante disciplinato indotto alla silenziosa obbedienza minacciato dal terrore. Eppure, i rivoltosi che non si rassegnavano al loro stato di meri sudditi si erano ribellati contro un sovrano dal potere asfissiante ed ora, i nuovi dirigenti che sostituiscono il monarca, sfruttano quella rivoluzione liberatrice dall’antico modello arcaico, con un sistema totalitario e discriminante con metodi molto peggiori di allora; anzi, molto più crudeli, dove il nuovo satrapo agisce con la più disumana insolenza, ipocritamente mascherata dalla peggiore impudica ambiguità.

Ma la Rivoluzione non ammette contestazione; ha la sua dottrina dogmatica, richiede solo obbedienza, nega il diritto di opinare, riconosce solo militanza nella piena incondizionata disciplina nella cieca fede. Non si ammettono eccezioni; o si marcia nella stessa direzione determinata dal satrapo o si viene eliminati. Senza deroghe, l’io sparisce sostituito dal noi e l’individuo rinuncia alle proprie convinzioni, dovendo accettare le regole imposte dall’alto verso il basso che prevalgono su tutto; infatti la Rivoluzione è totalitaria.

L’ideologia, allora, si trasforma in una specie di religione; infatti, ogni rinuncia è giustificata dalla illusoria promessa della solita felicità dell’avvenire: la meta è l’utopico mito del paradiso del proletariato; pertanto, ogni genere di sacrificio presente è del tutto giustificato, da ciò che si pretende realizzare a qualsiasi costo. Per questo è necessario accettare la rinuncia alla libera interpretazione personale della realtà; è il prezzo da pagare dinanzi a ciò che le certezze dell’avvenire promettono. Il premio non è per il presente, bensì sempre rimandato ad un domani di un eterno ma presunto certo futuro. Aspirare alla ricerca di una verità personale diventa sacrilego perché quella del regime è la solo verità assoluta e rivelata che diventa monopolio del potere indiscusso e mette al bando qualsiasi consapevole responsabilità individuale. George Orwell ci descriverà gli esempi dei meccanismi del sistema con le sue meravigliose parodie de LA FATTORIA DEGLI ANIMALI e con 1984 del Grande Fratello che tutto osserva e tutto prevede per il bene di chi è meno uguale degli uguali…

Ed ecco che la Rivoluzione Russa assomiglia fin troppo alla tragica Rivoluzione Francese: accende entusiasmi, ma ben presto subisce la metamorfosi in cui i rivoltosi diventano conservatori che reprimono ogni più elementare aspirazione alla libertà. Camus, come AronMalrauxOrwellSilone come tanti altri marxisti pentiti, scopre con sdegno la tragica dimensione di quell’ignobile ipocrisia. Dinanzi a tale delusione, egli conclude che l’Unione Sovietica non è quella che si credeva, bensì l’antitesi della culla sognata dai diseredati: altro che paradiso del proletariato: un autentico infernale incubo.

Allora, coerente con i propri principi, si ribella e scrive la sua più convincente opera contro il totalitarismo, in difesa dell’individualismo; infatti, con questo suo capolavoro pretende mettere in guardia l’individuo che deve imparare a distinguere ciò che costituisce la rivoluzione da ciò che è rivolta: la prima è metamorfosi che tradisce e conserva; è solo una falsa promessa che inganna: fuoco di paglia, finito il falò, tutto riprende da capo, magari in peggio; la rivolta, invece, è tutta un’altra cosa, è azione permanente de L’UOMO IN RIVOLTA; è l’individuo che riflette, osserva, che non si conforma e contesta; se necessario, si ribella al conformismo quando questo tende a conservarsi per sopravvivere e consolidarsi.

Lo scrive senza mezzi termini e senza tante metafore; i vecchi compagni di lotta – primo fra tutti Sartre -, che analogamente aveva conosciuto la realtà stalinista in prima persona, per salvare l’ideologia e non compromettere la militanza, preferisce tacere e negare; ed allora i propri compagni di una fede dogmatica  dottrinaria in comune rinnegano colui che osa pensare con la propria testa e lo condannano all’ostracismo come si fa con tutti gli altri eretici che non seguono a bacchetta le regole della farsa imposta.

Ma la storia sarà più onesta, generosa e coerente; infatti, ben presto arriverà il Premio Nobel per la letteratura anche per Camus di cui i comunisti non oseranno mai parlare, perché anche dei marxisti disobbedienti è meglio non fare nemmeno il nome; bisogna definitivamente seppellirli nell’anonimato; ma saranno, invece gli stessi eventi che gli verranno incontro riscattando la sua dignità, per redimerlo e consacrarlo come un autentico paladino della libertà.

Così prevale la verità confermata dalla caduta del Muro della Vergogna di Berlino e quell’artificiale castello di carta del modello economico comunista cede definitivamente. Del resto, l’economista Ludwig von Mises, con ben settant’anni di anticipo, lo aveva profeticamente anticipato fin dal 1922, perché il valore di ogni bene o servizio è determinato dall’utilità dettata dalle preferenze degli individui nel tempo e nel luogo, e non dalle scelte di una cupola di dirigenti che hanno la pretesa di conoscere a priori le future aspirazioni dei governati trasformati in meri sudditi. Ed ecco che il suo saggio SOCIALISMO spiega molto bene perché l’economia pianificata non poteva sostenersi; infatti, i valori erano fissati teoricamente e non erano determinti dall’Ordine spontaneo che esiste solo nel libero mercato.

Gli archivi rossi ormai aperti confermeranno le denunce di Camus contro gli abusi di quella Rivoluzione; oggi possiamo accedere ai registri delle prove che a suo tempo alcuni dissidenti stranieri che erano riusciti a rivelare al rientro sani e salvi dall’Unione Sovietica. Altre opere letterarie trafugate, scritte da chi era costretto a rimanere, rifiutandosi tuttavia di svendere la propria dignità, non si erano resi complici di quegli orrori. Orrori così bene descritti – fra gli altri – da Robert Conquest e da Richard Pipes. Mentre molti di quegli ambigui militanti ai quali Raymond Aron aveva dedicato L’OPPIO DEGLI INTELLETTUALI, si chiuderanno nel loro ambiguo quanto discreto ipocrita scandaloso silenzio. Nel frattempo, per molti altri il coraggioso autore francese diventerà un icone; l’eroe in rivolta premiato dalla coerenza e dall’onestà. Il riscatto della sua dignità, oggi unanimemente riconosciuto, purtroppo, giungerà troppo tardi e Camus non sopravviverà all’epilogo della tragedia.

Eppure, nonostante il fatto che oggi i delitti della Rivoluzione non possano più essere negati perché palesi sotto gli occhi di tutti, c’è ancora qualche equivoco impenitente indottrinato strabico che – come a suo tempo Sartre – vorrebbe tuttora esaltare certi inutili moti che hanno solo prodotto danni, sofferenze e lutti. E ciò non vale solo per la Russia di Lenin e Stalin o per la Cina di Mao di un triste lontano passato, vale anche per l’attuale Cuba dei fratelli Castro, per i cosiddetti “bolivariani”  Hugo Chaves e Maduro del Venezuela, o per la Bolivia di Evo Morales, come per tutti quei Paesi i cui regimi che per sopravvivere e per poter mantenere il potere saldo nei loro artigli, ricorrono all’ambigua retorica, alla forza, smerciano falsità e praticano la più sfacciata repressione, negando agli individui quei legittimi più nobili valori della libertà.