E LA NUOVA  MINACCIA

TRASFORMAZIONE DELLA DEMOCRAZIA

di Vilfredo Pareto (recensione)

Pubblicato pure su www.politicamagazine.info

La lettura di questo saggio, mi sembra particolarmente utile in questi tempi, infatti, può servire da lezione ed ancora meglio da ammonimento visto che nuvole oscure di non buon presagio si stanno avvicinando nel cielo del Bel Paese… e nessuno può predire ciò che ci possiamo attendere  da questo nostro confuso quadro politico del momento, favorevole solo ai demagogici strilloni populisti di piantone.

Con questo saggio – anche se un po’ datato – scritto poco tempo prima che il fascismo assumesse il potere in Italia, Pareto ci può giustamente fornire buone spiegazioni delle ragioni che hanno prima generato il clima favorevole, poi accolto i reazionari sotto uno scroscio di applausi da parte del pubblico italiano – e non solo – stanco del disordine che al termine della Prima Guerra Mondiale regnava in Italia, ma che si stava diffondendo un po’ in tutta l’Europa, quando la gente assisteva impotente e spaventata all’aggressività ed alle incursioni della sinistra, energicamente stimolata ed incoraggiata dalla rivoluzione bolscevica, mentre mediocri governi, svigoriti anche da un’economia in forte crisi, avevano perso tanta autorità quanta prepotenza, esibivano i sindacati con una parte dei loro tracotanti attivisti indottrinati.Purtroppo, il libro è penalizzato da una biasimevole introduzione assolutamente di parte; infatti, il Professor Domenico Losurdo – superstite comunista già rifondazionista che, in altre opere, tenta addirittura di riabilitare l’ambigua figura del satrapo Stalin -, e di dichiarata inclinazione ostile al liberalismo, per mettere in ombra la vocazione liberale di Pareto, si sforza ad evidenziare alcune espressioni di noti liberali – soprattutto Ludwig von Mises – ma, naturalmente, senza citare il famoso saggio SOCIALISMO, dello stesso autore, con il quale il grande austriaco, già nel 1922 profeticamente, anticipava le ragioni per cui, economicamente parlando, il socialismo non si sarebbe potuto sostenere, come del resto, 70 anni dopo la Rivoluzione Russa, la caduta del Muro della Vergogna di Berlino ha finalmente sanzionato.

L’esimio accademico, non avendo ancora ceduto al pentimento, non sembra essersi ancora  rassegnato alla realtà – cosa che molti dei suoi ex compagni hanno fatto, alcuni dei quali, recitando addirittura un “mea culpa” -, mostra di depositare ancora una solida fede nelle utopie che ormai sono parte di un triste e tragico passato storico che di per se stesso le condanna. Così, nella sua carrellata di citazioni liberali commentate negativamente, forse, nel timore che qualcuno decida di andare a leggersi – fra gli altri – gli eloquenti testi di Mises, egli cita solo i rispettivi titoli in lingua tedesca…

Ma lasciamo perdere gli impenitenti orfani del marxismo che fanno perfino finta d’ignorare anche – o soprattutto – gli insegnamenti che ci provengono da altrettanti marxisti famosi che dopo aver trascorso pedagogici periodi nell’allora Unione Sovietica stalinista, hanno prontamente capito ed abiurato, proporzionandoci poi capolavori – per citarne solo alcuni – come L’UOMO IN RIVOLTA (Camus), LA FATTORIA DEGLI ANIMALI 1984 (Orwell), oltre all’eminente opera enciclopedica di Raymond Aron che, fra l’altro già nel 1955, proprio agli indottrinati più eruditi, aveva specialmente dedicato l’emblematico saggio L’OPPIO DEGLI INTELLETTUALI. Oggi, constatiamo come questi ostinati fondamentalisti sono davvero tuttora incapaci di uscire dalla propria gabbia: la dogmatica, dottrinaria ed ideologica fede, non riuscendo così a guarire da quella loro endogena e fatale cecità.

Non ragioniam di lor, ma passa e guarda…

Ciò che interessa qui, dunque, è puntualizzare più propriamente un fatto inquietante nuovo che deve preoccupare molto tutti e non solo i sindacati. Nel concreto, è proprio in questi giorni – in un episodio da non passare in bianco, che non può essere considerato meramente folcloristico – che il Grillo, con le sue deliranti veementi prediche, osa suggerire l’eliminazione dei sindacati… Ebbene, anche Mussolini ha cominciato un po’ in questo modo, con questi toni, incalzando i suoi stessi camerati sindacalisti; anche lui era socialista, anche lui era un insigne maestro nell’aizzare la folla, incantando gli sprovveduti delusi. E, consapevole dei sentimenti popolari di allora, aveva saputo cogliere l’opportunità, interpretando provvidenzialmente e con scaltrezza gli umori degli esausti e disperati Italiani. Così, sfruttando il malcontento generalizzato, con la sua deturpante demagogia e con notoria abilità retorica, aveva incantato gli spettatori, ottenendo l’approvazione della grande maggioranza della Nazione. Ciò che si produce attualmente, quindi, ci dovrebbe mettere in guardia dal pericolo che incombe in questo preciso momento: così come allora, stiamo attraversando una crisi economica che, a breve o media scadenza, è solo destinata ad aggravarsi, a meno che la nostra tradizionale indolente politica dei compromessi – storici o meno – non si dimostri capace di imporre nuovi indirizzi; ipotesi, a mio avviso, piuttosto remota, considerate le attuali circostanze.

E non c’è nemmeno bisogno di rievocare quei continui episodi violenti praticati dagli anti-G-8, anti-TAV, anti-globalizzazione, anti-sviluppo, anti-progresso, anti-modernità ed “anti” di quanto non sia di gradimento ai soliti facinorosi, cultori e militanti della rabbia e dei protesti, quando i nostri timidi governanti sembrano trattenere piuttosto l’azione delle proprie forze dell’ordine, chiamate spesso ad assistere quasi passivamente, senza poter reagire alle provocazioni degli organizzatori del disordine, mentre nei tribunali si condannano gli agenti – il cui compito sarebbe quello di preservare la sicurezza degli zelanti e rispettosi cittadini e dei loro legittimi beni -, e grazie ai magistrati troppo indulgenti – per non poter dire conniventi – assolvono proprio i delinquenti contumaci o addirittura colti concretamente sui fatti. Ci vuole ben poca immaginazione, quindi, per in tutto questo contraddittorio marasma – che si rinnova e si accentua ad ogni futile occasione a qualsiasi nuovo pretesto -, presagire in queste manifestazioni delle specie di prove generali che mirano al sovvertimento finale dell’equilibrio, della serenità e delle irrinunciabili libertà degli individui, impediti di recarsi al lavoro o di semplicemente circolare per le strade, senza rischiare aggressioni e ferimenti.

Certo, un’alternativa ideale sembra suggerirla un cosmopolita editorialista – Antonio Capraricacon CI VORREBBE UNA THATCHER – la Dama di Ferro – che con la sua decisa quanto “virile”  capacità di “convinzione” è stata in grado di dissuadere e di ridimensionare l’ostinazione dei sindacati che per molti anni avevano ricattato e condizionato i propri governanti, mettendo praticamente in ginocchio tutta l’economia del Regno Unito.

Allo stesso modo, i nostri sindacati hanno per decenni danneggiato l’intero sistema produttivo italiano, compromettendo lo sviluppo e danneggiando la competitività del nostro Paese, dove le industrie non riescono più a sopravvivere e molto meno ad accumulare utili da reinvestire nell’innovazione, con il risultato che abbiamo davanti agli occhi: la povertà che si allarga a macchia d’olio al passo in cui la delinquenza spicciola è in fortissima espansione. E, si ha la sensazione che si stia arrivando al fondo del pozzo, ma ci si sbaglia: in realtà, l’acqua ci arriva solo alle natiche e forse, ci si desterà da questo tenebroso incubo solo quando giungerà alle narici. Il declino è in atto da ormai molti anni; di questo passo il destino inevitabile sarà la miseria. Non per niente, perfino gli immigrati Cinesi ci stanno abbandonando per tornare in patria.

Ebbene, Pareto, in special modo nella sua appendice, offre un quadro particolarmente espressivo della situazione in cui era caduta l’Italia ed a quale estremo erano giunti i sindacati che occupavano le fabbriche, quando i loro militanti, con le armi cariche in mano, aggredivano qualsiasi individuo od autorità che osasse opporsi alla loro prepotenza, arrivando al punto in cui “giurie popolari” – in qualità di tribunali improvvisati – “processavano” sommariamente i propri “prigionieri” ed arrivavano al culmine di giustiziare gli scomodi oppositori direttamente sul posto, mentre il fiacco governo impotente, se ne stava semplicemente a guardare od al massimo a deplorare l’accaduto.

Oggi, l’invadente comico strillante esibisce quella sua arroganza, tutto il cinismo pretoriano che lo caratterizza, accendendo la luce rossa lampeggiante dell’allarme. Infatti, è proprio questa ambigua figura che costituisce la più immediata minaccia per la democrazia del nostro Paese. Con il suo vociare, con il suo insolente linguaggio intimidatorio, raccoglie anche lui l’approvazione di una buona parte di chi ingenuamente gli presta l’udito. Con il suo spregiudicato e perverso populismo dai toni enfatici e sfacciati, sembra emulare proprio quei fascisti di più triste memoria e, quasi come se dovesse essere lui la novità, “messianicamente”, si propone agli elettori come l’energico tribuno del Popolo, promettendo di risolvere i problemi del nostro Paese, cominciando con l’eliminazione dei sindacati e quant’altro. Certo, i sindacati devono fare passi indietro, ma eliminarli no, di certo.

La breve lettura del saggio, perciò, in questo preciso contesto, si presenta dunque in maniera oltremodo opportuna come un’utile e didattica lezione da tener presente con convinzione perché, come giustamente lo stesso autore sostenta, è pur vero che la storia non si riproduce mai, ma egli aggiunge pure, che è dalla storia che possiamo almeno imparare a non ripetere continuamente gli errori che si sono perpetrati in passato.