LA SFIDA. SE LA CINA CAMBIA IL MONDO

di Erik Izraelewicz (Recensione)

Già dal titolo stesso si deduce che l’autore s’è ispirato alla – possiamo ben dire – profetica opera: QUAND LA CHINE S’EVEILLERA LE MONDE TROMBLERA (Quando la Cina si sveglierà il mondo tremerà), scritto da Alain Peyrefitte nel lontano 1973, quindi ancora prima che Mao Zedong e la famosa Banda dei quattro uscissero di scena, cedendo lo scettro all’artefice della Rivoluzione Economica cinese, Deng Xiaoping. Infatti, l’ex Ministro di De Gaulle, dopo aver a lungo vissuto in Cina, Unione Sovietica ed in altri Paesi allora comunisti, già ci parlava di quella potenziale futura grande potenza. Non per niente, in un periodo in cui nessuno se lo sarebbe mai potuto immaginare, sorprendentemente, egli ipotizzava che nel caso in cui questo ancora sconosciuto gigante asiatico si fosse adeguato al modello occidentale, non solo avrebbe sorpreso il mondo intero, ma nessuno lo avrebbe più fermato. Ed è ciò che sta avvenendo proprio in questi decenni sotto i nostri occhi con una sbalorditiva crescita a due cifre all’anno, diventando la seconda potenza economica mondiale.

Qui, Izraelewicz ce lo conferma ed in chiave aggiornata e sintetica; c’insegna, inoltre, come durante circa trent’anni – dal ’49, anno in cui inizia la grande marcia di Mao Zedong, fino al 1978, quando comincia lo sgelo promosso da Henry Kissinger con la intelligente diplomazia del “ping-pong” -, mentre il cosiddetto Grande Timoniere aveva guidato la Cina in un oceano di guai e tempeste, isolandola dal resto del mondo, dietro un’impenetrabile barriera economica, causa di miseria, disgrazie  e lutti. Un isolamento già ampiamente e ripetutamente sperimentato in passato, adottando quell’eterna equivoca politica autarchica; infatti, non era la prima volta che i Cinesi sceglievano questa strada: lo stesso errore lo avevano già commesso gli imperatori cinesi durante lo millenaria e gloriosa storia di questo gigante. Pur essendo allora la zona più sviluppata del pianeta, aveva inventato il timone, la bussola, la vela a sezioni, la carta, i caratteri mobili, l’acciaio, la polvere da sparo, la porcellana etc. e quando l’ammiraglio Zhen He aveva già scoperto i continenti delle Americhe e dell’Australia, a noi ancora sconosciuti.

Ciononostante, non essendo mossa da ambizioni imperialiste e dovendo affrontare la crescente insoddisfazione dei suoi mandarini stanchi di finanziare le spedizioni della più grande flotta mai esistita sulla faccia della Terra, la Cina aveva preferito eliminare non solo tutta la sua preziosa cartografia, ma addirittura la sua gigantesca flotta stessa, per tornare a chiudersi su se stessa, piuttosto di promuovere l’interazione e lo scambio con altri Popoli e Paesi che allora essa poteva ancora considerare sottosviluppati. Così, nel suo illusorio isolamento, alla fine finiva per esser superata e dominata dai dagli stessi “barbari”. Così aveva pensato di proteggere i suoi prodotti dalla concorrenza straniera ed allo stesso tempo, non soffriva il rincaro dei propri prodotti che, potendo essere esportati aumentavano di prezzo internamente.

Questo è un saggio che dovrebbe risultare molto utile alla comprensione di ciò che è avvenuto in questo breve periodo di espansione grazie all’operosità di uno straordinario Popolo vittima della più dura repressione nell’inutile tentativo di imporre quel deleterio modello collettivista fallimentare, castigato dalla penuria ed il successivo fenomeno generato dal cambiamento di rotta, finalmente, a favore di una sempre maggiore libertà di scambio. L’autore chiarisce come si è svolta la storia di questo antichissimo Paese: partito da un’incomparabile stato di miseria, ora, si presenta al resto del mondo, come autentica potenza, confermando la validità del modello economico adottato, anche se in materia di politica c’è ancora molto da fare.

Ed ecco che arrivando al 2009, nella graduatoria delle economie mondiali la Cina già giunge a pieno diritto al terzo posto, pronta a minacciare perfino la fortissima grande Germania e, mentre l’Occidente tristemente commemora magre crescite del 2-3%, dove ormai tutti non parlano di altro se non di recessione, la Cina nel 2008 vanta una crescita del 13% e prevede per che negli anni successivi continui ad espandersi ancora ad un tasso attorno al 10% annuo. E nel frattempo è anche diventato il primo produttore mondiale di automobili.

Questi dati, pertanto, dovrebbero indurre a seria meditazione i nostri bravi politicanti, così affezionati alle dottrine di Keynes, ai sussidi, ai controlli dei prezzi, alle norme sempre più inflessibili, alle spesso paradossali standardizzazioni e, soprattutto, alle intromissioni da parte del potere politico a scapito della libera iniziativa soffocata da un fisco che non sembra più conoscere limiti, dove sono ancora in troppi ad insistere sui modelli ormai storicamente superati che paralizzano le attività dei privati, mentre i sindacati continuano a condizionare ancora insistentemente il benefico sviluppo economico ed industriale.

Ed ora che la disoccupazione soprattutto fra i giovani nos smette di crescere è giunto il momento di ripensare questo modello che ha portato alla stagnazione, dove le imprese non riescono più ad accumulare profitti da investire nella ricerca e nell’innovazione. E’ assolutamente necessario smettere di difendere il modello equivoco dello stato sociale; esso ormai dà palesi allarmanti segnali non solo di stanchezza ma addirittura di esaurimento; eppure sono ormai anni che evidenti avvisi preannunciano il peggio: la luce rossa dell’allarme si è accesa da tempo ed ora lampeggia insistentemente e richiede un urgente cambiamento di rotta così come è stata introdotta da Deng Xiaoping in Cina, ma anche nel Regno unito dall’indimenticabile Dama di Ferro la gloriosa Margareth Thatcher. Ecco, dunque, una lettura interessante ed oltremodo attuale, anche se non totalmente recentissima, ci può servire ancora da guida per la nostra auspicata rinascita.