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L’ULTIMO MILIARDO di Paul Collier (Recensione)

Pedagogica lettura che illumina in maniera eloquente le tangibili ragioni della triste esistenza delle ultime sacche di povertà e di sottosviluppo che il mondo, con immenso rammarico non può ignorare; e, nonostante siano ancora in molti a sostenere il contrario, ossia che la vita nel mondo, per la maggior parte dell’umanità stia peggiorando, l’autore spiega in modo molto chiaro come per quattro quinti dell’ umanità le condizioni di vita siano, di fatto, migliorate e continuano a migliorare, grazie ai modelli che proporzionano opportunità alle iniziative degli individui più capaci ed intraprendenti.

Infatti, ciò che l’accademico Paul Collier qui espone, conferma come la globalizzazione contribuisce al processo di inclusione delle collettività nel sistema produttivo che poi è quello che meglio riesce a distribuire ricchezza. Non per niente, è dalla libera circolazione delle idee, dei beni e delle persone, che si forma il movimento che permette ai singoli ed ai Popoli di salire le scale del progresso; così, siamo giunti alla modernità dove le persone più versatili e meritevoli riescono a salire gli scalini dello stato sociale. E non dobbiamo stancarci mai di ricordare che più che dalla conservazione, il progresso deriva dal cambiamento, dall’evoluzione, essendo l’evoluzione non  statica bensì movimento.

Nel suo famoso capolavoro SAGGIO SULLA LIBERTÀ John Stuart Mill insegna che sono gli individui insoddisfatti, eccentrici, mossi dalla curiosità, dai dubbi e non dalle certezze, andando coraggiosamente in controcorrente che riescono a demolire paradigmi consolidati, inaugurando altrettanti modelli nuovi e sono loro i veri fautori della trasformazione.  Inoltre, le stesse evidenze dimostrano palesemente come il più importante patrimonio esistente sia il Capitale Umano e non sono le risorse naturali a generano e distribuire ricchezza ed il conseguente progresso: sono, dunque, le idee, la creatività, l’innovazione che valorizzano materie prime semplici, sublimandole con la trasformazione in oggetti, con l’aggiunta di valore a ciò che è abbondantemente disponibile in natura, per farne qualcosa di raro, modificando ciò che è elementare in qualcosa di elaborato e spesso anche pregiato. Ecco da dove proviene il benessere delle Nazioni di cui ha scritto Adam Smith: dalla libertà degli individui di ribellarsi alla tirannia della consuetudine; ed allora si passa da una situazione raggiunta ad una condizione nuova, dopo aver intrapreso nuove strade sconosciute e si scoprono nuove dimensioni.

Pertanto, l’individuo che osa mettersi alla prova nella ricerca di nuove esperienze deve poter agire nella necessaria libertà, ed esprimere al massimo le proprie potenzialità; deve poter ambire, aspirare alle proprie ambizioni di realizzare se stesso e conoscere i propri limiti, identificando la propria dimensione nello spazio e nel tempo. Gli si deve riconoscere il diritto di correre i suoi rischi provando, magari anche sbagliando, ma rimediando ai propri errori, assumendosi le proprie conseguenti responsabilità dell’ eventuale insuccesso. L’individuo non ha bisogno di essere guidato e tutelato in tutti i suoi tentativi ed esperimenti. È pur vero che molte scoperte sorgono per caso, ma di regola non si scopre senza cercare: già Galileo aveva ampiamente spiegato che la scienza deve percorrere la via dell’esperienza e Popper ci conferma che la conoscenza non si esaurisce perché la scienza è infinita. Pertanto, non possiamo rinunciare ad aprire la miriade di porte dell’ignoto che l’avvenire incerto proporziona. Allora, se vogliamo progredire, è necessario fomentare l’ambiente favorevole capace di premiare lo sforzo, lo zelo ed il coraggio costruttivo degli individui,  in cui possano predominare i meccanismi a vantaggio del merito, capace di migliorare continuamente anche quelle conquiste considerate ormai consolidate e date per scontate; è utile, quindi, considerarle sempre perfettibili e più utili alla condizione umana, in grado di liberare i meno abili dalle loro necessità e principalmente dalla schiavitù dell’emarginazione, dall’ignoranza e dalla miseria.

L’autore inizia, spiegando come in passato tutti eravamo poveri, ma un numero crescente di persone esce dallo stato di povertà per integrare non solo quello di sufficienza, ma arriva perfino allo stato dell’abbondanza. E questo, grazie alla solerzia dei più attivi, di coloro che invece di rassegnarsi passivamente alle circostanze del credere per vedere, preferiscono agire attivamente, perseguendo la finalità di vedere per credere: ecco coloro che non si arrendono dinanzi alle difficoltà, ma al contrario, le affrontano, cercando di superare e contornare gli ostacoli che la natura e le contingenze riservano loro nell’esistenza. Grazie alle idee degli anticonformisti, dei più creativi, di chi si distingue per l’ottimismo attivo, la maggior parte degli individui del pianeta, oggi, dispone di comodità, di salute e di sicurezza che in passato nemmeno i più potenti sovrani avrebbero potuto sognare. Viviamo in un mondo aperto in cui non è più necessario essere ricchi per accedere alla conoscenza e potersi muovere da un continente all’altro. La modernità ha reso il mondo piccolo e meglio conosciuto; la mobilità ha sostituito la staticità, l’acquisizione ha preso il posto della conservazione e l’ignoranza è stata sostituita dall’informazione che si espande a macchia d’olio.

Pertanto, non è assolutamente vero che nei regimi economici del libero mercato e della libera iniziativa privata, i ricchi diventino sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri. È pur vero che i ricchi siano in aumento, com’è altrettanto vero che moltissimi ricchi sono partiti da basi assolutamente umili, tant’è vero che molti operai si sono trasformati in industriali, alcuni anche di grande prestigio e fama. Inoltre, non si può negare che, nella misura in cui aumenta la libertà, diminuisce continuamente anche il  numero dei poveri; dove le iniziative degli individui non sono ostacolate e la produzione non è inibita, si riduce la scarsità e generalmente si produce l’abbondanza. E questo a prescindere dal significato che si possa o voglia attribuire al concetto di ricchezza e di abbondanza. Anche perché la ricchezza più importante è la conoscenza; è il capitale umano, il valore aggiunto della conoscenza che permette all’individuo di aumentare il numero, la dimensione e la qualità delle fette della torta che costituisce  anche la grande ricchezza materiale…

Tuttavia, si può ammettere che questa specifica lettura, a tratti, risulta anche un po’ noiosa, specialmente nella ripetizione dei metodi di ricerca e di analisi che i ricercatori hanno realizzato. Ciononostante, si tratta comunque di un’opera oltremodo utile alla comprensione dei fenomeni che mantengono un quinto della Popolazione nella miseria, proprio perché c’è un ultimo miliardo di individui indotto dai modelli politici e economici guidati dalle più deleterie ideologie, quando non da sanguinosi conflitti e da regimi  in cui la corruzione, molto diffusa, sembra essere endemica. Vi si apprende come la mancanza di fomento allo sviluppo condanna Nazioni intere all’emarginazione e l’autore descrive bene le ragioni di certi mali causati dall’ignoranza e dalla assenza di opportunità, impedendo alle moltitudini di liberarsi da quelle catene.

Vi si descrive come sono pessimamente applicati gli aiuti economici che il mondo emancipato e ricco destina alle aree più depresse bisognose; eppure, più che di elemosina ci sarebbe bisogno di interventi diretti, come investimenti nella sanità e dell’istruzione, oltre che alla creazione di lavoro in grado di dare occupazione a chi è prive di opportunità. E qui, forse, è utile tornare a ricordare le gravi responsabilità di quei governi dei Paesi ricchi che mantengono la propria agricoltura attiva con ingiusti sistemi protezionisti; sono congegni immorali che, in maniera del tutto arbitraria, sovvenzionano coltivazioni per le quali le Popolazioni tecnologicamente meno evolute avrebbero maggiore vocazione; e con ciò praticano concorrenza assolutamente sleale.

Per questo, direi che questo saggio costituisce un complemento di quanto, in precedenza, hanno scritto altri autori, come l’esimia economista africana Moyo Dambisa ne LA CARITÀ CHE UCCIDE, od il venezuelano Hernando De Soto nel saggio IL MISTERO DEL CAPITALE. Infatti, proprio questi due autori – così come qui Paul Collier – indicano le vere cause e circostanze che impediscono ad una importante parte dell’umanità a svilupparsi e prosperare. Inoltre, essi mettono molto bene a nudo ed in maniera irrefutabile, gli storici equivoci sostenuti dai soliti profeti del pessimismo che – com’è noto – militano soprattutto nelle fila della sinistra indottrinata.

Non per niente, ancora oggi, i soliti apostoli del pessimismo, i seguaci delle tesi di Malthus, così come i pretestuosi missionari ecologisti di piantone, continuano a perseverare nelle loro equivoche ostinate profezie; e, nel tentativo di anticipare l’avvenire, annunciano apocalittiche catastrofi, carestie, tragedie ecc. che, in fondo, in tempi più recenti, solo i totalitarismi, attraverso gli errori del collettivismo sono riusciti a produrre. Quei regimi demagogici non hanno solo provocato la morte di un centinaio di milioni di individui con quelle loro assurde politiche industriali, oltre che alle sommarie nazionalizzazioni delle proprietà agricole, ma hanno, in maniera sistematica, anche generato irreparabili danni devastanti contaminazioni dell’ambiente che i seguaci della nuova religione, come Vaclav Klaus – autore del saggio PIANETA BLU, NON VERDE – ha giustamente definito quegli orfani del socialismo che, sconfitti dalla realtà, senza perdere il vizio di affidarsi alle teorie, ora si rifugiano nella militanza della dottrina ambientalista, ma badano bene a non menzionare i grandi disastri prodotti dal collettivismo.

Gli autori qui citati, invece, con le loro opere, oltre a confermare che sovente, le controverse buone intenzioni possono produrre più danni che benefici, ci insegnano a diffidare di determinate tesi che gli indottrinati di turno sostengono perfino quando fanaticamente si arrampicano sulle loro barricate e nelle loro chiassose manifestazioni, conclamando gli eterni proclami,in cui perseverano ad esaltare la rivoluzione che uno dei più coerenti marxisti, quale Albert Camus, ha in modo illuminante condannato, mentre le osservazioni di questi nostri acuti intellettuali nei loro eccellenti saggi, ci aiutano a credere nel progresso, ad affidarci piuttosto alla pragmatica azione umana, e non nelle nebulose promesse di un ipotetico quanto incerto felice avvenire che mai arriva.

Del resto, la realtà ci dimostra con la massima evidenza e nel modo più convincente, come la miseria prospera solo nei regimi dove l’economia è guidata ideologicamente dagli ostinati politicanti che si rifiutano di guardarsi attorno, ed impongono le proprie scelte agli individui ridotti a meri sudditi, quando visiti i risultati non potrebbero negare che la ricchezza ed il benessere non si fomentano con metodi eterodossi coercitivamente imposti, bensì; è nei regimi di libertà che si stimola la produzione ai cittadini con la finalità di produrre abbondanza, è concesso di fare le proprie legittime scelte.

Ed è interessante osservare come gli impenitenti difensori dei modelli economici fallimentari sono soliti ad attribuire le proprie disgrazie ai Paesi ricchi, al Capitalismo, all’ imperialismo, mettendo sovente sotto accusa le attività delle multinazionali che, in verità, sono assenti proprio dove la politica coercitiva, pretende dettare ai privati norme e limitazioni contrarie alla tradizione del libero mercato; questo, magari, per impedire che società indipendenti possano concorrere contro i complici monopoli che il connivente potere compiacente, intende proteggere. Ciò avviene, appunto e soprattutto, nei regimi in cui la cultura della povertà e dell’ignoranza servono a mantenere il potere nelle mani di chi teme lo sviluppo economico e l’emancipazione delle masse ridotte all’arbitraria sudditanza: gli individui liberati dalle necessità diventano pericolosamente indipendenti.

E la prova consiste che il mondo libero, ed i regimi ad economia di mercato si distinguono per la longevità della Popolazione che aumenta, rivelandosi spesso perfino un problema e non la mortalità precoce, triste caratteristica dei Paesi poveri; e guarda a caso, un problema che nei Paesi sviluppati sembra crescere, oserei dire in modo quasi esponenziale, è la sempre più diffusa obesità e non la fame o la deficienza di nutrizione, come avviene nei Paesi in cui l’iniziativa privata viene inibita, ostacolata o condizionata coercitivamente.

In fine, è altrettanto curioso, quanto preoccupante, notare come in molte Nazioni ancora sottosviluppate si tenda ad imitare il demagogico esempio della prodiga vecchia Europa, dove i politicanti, a forza di imporre la deleteria solidarietà coercitiva ed istituzionalizzata, praticano politiche ideologiche di distribuzione della ricchezza, allungando sempre di più i tentacoli delle proprie appendici burocratiche e non esitano ad aumentare la voracità e per dirlo con il titolo del saggio LA TIRANNIA FISCALE – di Pascal Salin; e con ciò mettono in serio pericolo, gli spontanei equilibri economici, compromettendo perfino il benessere che il modello del Dopoguerra ha saputo generare in Europa. E se questo risulta un serio problema per i Paesi che hanno potuto accumulare una discreta ricchezza – ma che si sta esaurendo -, possiamo immaginare come un’ equivoca politica analoga possa ripercuotersi in quei Paesi che quella ricchezza non sono ancora riusciti a produrla.

Infatti, ormai lo abbiamo purtroppo sotto gli occhi, come da noi i governi socializzanti burocratizzati, legiferare imponendo limiti ed a forza di consumare, senza incentivare e premiare l’azione, stanno spingendo buona parte del continente verso un inevitabile declino, nella misura in cui in Asia, percorre stare opposte e, dopo tanti anni di socialismo che finalmente stanno abbandonando (specialmente in Cina ed India) – ma non solo -, moltitudini intere riescono a liberarsi dalla scarsità, integrandosi nei modelli che di fatto fomentano l’abbondanza.

In conclusione, a chi desidera capire le ragioni che impediscono ad un ultimo miliardo di individui di finalmente vivere un’esistenza più degna ed uscire dallo stato di indigenza, ed allo stesso tempo, ed i lettori potersi rendere conto dei vantaggi della globalizzazione e come essa può contribuire a generare valore aggiunto e progresso economico, vorrei vivamente raccomandare i saggi qui menzionati.