LETTERA SULLA TOLLERANZA di John Locke (Recensione)

In un’epoca in cui ogni giorno si osserva come il confronto razziale e religioso avveleni le nostre esistenze, compromettendo l’utile armoniosa convivenza fra diversi, in cui continue reciproche accuse riempiono le pagine della nostra stampa e dei notiziari mediatici, dove gli organi informativi danno enfasi ad episodi che coinvolgono gli stranieri, soprattutto in seguito agli assurdi sanguinosi attentati di terroristi di fanatici desiquilibrati che si fanno esplodere in mezzo alla folla, in nome della religione, nonostante la grande maggioranza degli umani sia pronta a manifestarsi per contribuire al nostro progresso, l’EPISTOLA SULLA TOLLERANZA di Locke si rende oltremodo attuale.In questo contesto, sarebbe oltremodo utile se la gente conoscesse meglio un po’ di storia che in questi ultimi tempi le nostre scuole tacciono o, condizionate dagli orientamenti politici, addirittura distorcono. Infatti, non è vero che i Musulmani sono sempre stati nostri antagonisti: una buona parte degli Islamici, prima delle crociate, praticava con rigore una rispettosa tolleranza verso chi credeva nella stessa Divinità, anche se poi praticando la propria confessione in modi totalmente distinti. Nei diversi territori dominati dai Musulmani, di fatto, erano numerosi gli Ebrei ed i Cristiani che convivevano tutti pacificamente negli stessi quartieri, senza alcun contrasto, mentre da noi che rifiutiamo la qualifica di razzisti, – a Venezia -, avevamo inventato quello che oggi conosciamo per “ghetto”.

All’esemplare tolleranza praticata dagli Islamici, si riferirà pure il grande Voltaire, che osservava come noi Cristiani, non siamo sempre stati altrettanto tolleranti con loro, né con i nostri stessi fratelli Cristiani che, per ventura, osassero praticare la propria interpretazione della fede, contrariando l’onnisciente ortodossia romana; si pensi solo ai massacri commessi in nome di Dio nei confronti degli eretici albigesi, tanto per citare un esempio. Ed ancora più grave è il fatto di aver estirpato una delle più belle espressioni della nostra civiltà, la tradizione dei Catari, tragedia completata perfino dal declino della loro bellissima lingua, di cui poco sopravvive.

Se non bastasse, sul nostro conto dei debiti contratti con le nostre colpe, abbiamo anche la famosa sommaria espulsione dalla Spagna dei colti Musulmani e degli Ebrei, praticata dai tanto esaltati Re cattolici – Fernando e Isabella – più che altro per consolidare il proprio potere politico, senza la minima considerazione per la proprietà dei singoli individui. Ancora oggi alcuni degli eredi di quelle famiglie che vivono, eventualmente, in Grecia etc., posseggono le chiavi di casa che da un giorno all’altro i loro avi hanno dovuto sommariamente abbandonare. Senza parlare, poi, di ciò che è stato fatto ai Popoli ed alle civiltà autoctone delle Americhe…

Sarebbe, dunque, questo il messaggio di fratellanza e di tolleranza che Gesù intendeva trasmettere all’umanità? Eppure il Nazareno predicava l’etica della convivenza fraterna. Ciononostante, appena i Cristiani giungevano in nuove rwegioni, imponevano la propria dottrina con le armi e con la repressione. Al contrario, invece, famosa era la liberalità praticata da Saladino che, in pieno combattimento, per esempio, esigeva che i Crociati catturati fossero trattati umanamente e con rispetto.

In questo nostro ambiente piuttosto ambiguo, dunque, il capolavoro di Locke si rivela come una vera esortazione alla civile convivenza fra esseri umani che interpretano e praticano la propria fede in maniere diverse, ma che in ultima analisi si ispirerebbero, comunque, alla fraterna convivenza universale. Ecco che allora, come oggi, la fede si confondeva con il potere politico che attraverso un’irrazionale intransigenza, minaccia la pace.

Tuttavia, la fede, non può essere imposta con la forza e la prepotenza; essa è e deve poter essere una questione di scelta del tutto personale in cui l’individuo segue una dottrina liberamente ed in modo assolutamente spontaneo, esente da imposizioni o coercizioni di carattere politico ed arbitro. Infatti, la fede istituzionalizzata e secolare, costituisce non più un atto interiore ed intimo dell’individuo indipendente nella sua legittima autonomia, ma una forma esteriore di militanza collettiva che non avvicina il suo spirito a ciò che ognuno intende per Dio ma, al contrario, pretende condizionarlo alla cieca sudditanza autoritaria nella disciplina di pratiche mondane, di riti dettati da altri semplici esseri umani che si attribuiscono il monopolio di un rapporto particolare con il Mistero.

Perciò, questa lettura, a mio avviso, dovrebbe essere presente in tutte le scuole, proprio perché si presenta come una rara autentica quanto opportuna ed eloquente lezione di umana e civile convivenza.

Il grande liberale britannico scriveva questo gioiello già nel lontano 1685 in Olanda, quando, un po’ come avviene oggi con l’antagonismo fra Cristiani e Musulmani, allora, in Europa fermentava una forte e pericolosa tensione generata dalle divergenze fra Cattolici e Protestanti, al punto che il dissidio sembrava inasprirsi fino a trasformarsi, per concludersi in un vero conflitto violento.