THE POLITICALLY INCORRECT GUIDE TO WOMEN, SEX AND FEMINISM   di Carrie Lukas (Recensione)
 Femminismi etici e giusti contro deleteri femminismi politicizzati.

Abbiamo già visto come, contrariamente a quanto si dicesse, il declinante Collettivismo non si è affatto estinto con la fine dell’Unione Sovietica; infatti, sotto la cenere la brace continua ad ardere attivamente; lo constatiamo ogni giorno nei più distinti campi, da quello economico, dove gli ostinati collettivisti impenitenti, hanno semplicemente cambiato strategie: non più collettivizzazione dei mezzi di produzione, ma si sono semplicemente associati, in complicità con gli il grande capitale patrimonialista, da una parte ed a loro volta, confondendosi pure  con gli attivisti dell’ambientalismo militante. Non per niente,  lo stesso Mikhail Gorbačev con la fine del blocco comunista, si è affrettato a fondare la sua organizzazione GREEN CROSS INTERNATIONAL che al pari degli ecologisti predica la salvezza del nostro Pianeta, in detrimento del consumismo e dell’espansione industriale. Simultaneamente, su altro fronte, agiscono altri organismi, come le organizzazioni che pretendono rappresentare le diverse minoranze, avvalendosi pure della copertura delle stesse Nazioni Unite che con i sue tentacolari appendici dell’IPCC – per l’ambiente -, dell’UNESCO  per l’indottrinamento nell’ambito dell’istruzione ideologica ed ultimamente con dell’O.M.S.  con un più che attuale attivismo di conio chiaramente politico che sfrutta la corrente pandemia del CORONA VIRUS.

In questa ambigua strategia, gioca anche un importantissimo ruolo un impertinente movimento femminista estremamente ostinato, principalmente quello alimentato ideologicamente, ossia, quella vertente del femminismo radicale che agisce pure in diretto contrasto con il tradizionale femminismo liberale, che in opposizione di quello patrocinato dalla Sinistra intransigente ed espresso dall’attivismo dei dogmatici movimenti sociali. Questa setta faziosa, si arroga una certa prerogativa esclusiva nel tentativo di cooptare tutti coloro che predicano contro certe ingiustizie, intendendo monopolizzare non solo i legittimi diritti delle minoranze in generale, ma anche delle donne in particolare, con l’equivoca pretesa di prendere le loro difese nei confronti degli storici e consolidati discriminanti privilegi praticati dagli uomini.

Pertanto, il femminismo si divide, dunque, in diverse correnti storiche, la prima delle quali ha inizio principalmente per restituire la giusta dignità alla donna che, pur essendo in passato stata ridotta a semi schiavitù dai maschi, ha tuttavia, sempre coperto funzioni insostituibili, principalmente nell’ambito della fondamentale e vitale cellula della società costituita dalla famiglia. E non solo per il fatto che la donna è l’unica a poter concepire, portare avanti la gestazione – sovente non senza sacrifici -, e finalmente avere il privilegio di dare continuità ad una nuova vita, ma anche, se non soprattutto, contribuire in modo unico, nella oltremodo delicata formazione della prole che nella sua vulnerabilità, ha bisogno di ricevere le fondamentali cure fisiche, psicologiche e sentimentali dalla madre. E c’è chi, come nel mio caso, ha potuto contare almeno con la compensazione di due sorelle maggiori che, tuttavia, nelle loro adolescenza, non potevano avere l’esperienza, le capacità, né l’energia o gli argomenti che avrebbe potuto applicare una madre matura.

Eppure, nonostante i collettivisti ortodossi sostengano che il compito di educare, allevare, formare eccetera, sia dello Stato, i liberali difendono l’opposto, ossia, che il compito di una madre non può essere sostituito ed è assolutamente insostituibile e fondamentale per la formazione del nuovo cittadino sensibile e responsabile, capace di distinguere il bene dal male, ciò che è corretto e ciò che non lo è, ciò che si può da che non si deve fare. A per meglio comprendere l’importanza rivestita dalla madre nei confronti del suo poppante ed alla sua formazione fino alla sua adolescenza, è utile anche la lettura del saggio THE LIBERAL MIND (La Mente Mancina) del  Dr. Lyle Rossiter. E chi, eventualmente, pretende sostenere che la presenza di una madre non è poi così importante per i figli, evidentemente, non ha i titoli per conoscere il contrario, ovvero, immaginare quale la sofferenza ed il grado delle frustrazioni vissute da chi – io sono uno di questi – non ha avuto la fortuna di poter contare sulle cure della propria mamma, precocemente mancata…

Gli indifferenti teorici che credono che la famiglia possa essere semplicemente sostituita da un’istituzione pubblica affidata a – spesso – distratti  funzionari ed indifferenti burocrati dovrebbero, piuttosto, porre qualche domanda a giovani che, per loro sfortuna, sono cresciuti in un orfanotrofio, dove a 18 anni sono “liberati” in un mondo senza nessuno che abbia mai dato loro quel conforto naturale e spontaneo, senza la comprensione che solo il genitore sensibile dà, nel quale i figli possano depositare anche quella fondamentale fiducia, sapendo che in caso di difficoltà c’è chi possa sempre contare su qualcuno che avrà pur sempre un minimo di comprensione ed un minimo di sentimento consolidato nel tempo che solo quelli che, davvero, si preoccupano anche del loro avvenire; sono questi che possono esprimere sinceramente ciò che sentono per i propri figli, dando consigli per averli allevato. Solo così questi estranei, possono, forse, apprendere il parere di chi ha vissuto tale esperienza e cosa ne pensano, quando quegli orfani sono ormai adulti.  

Certo, commenteranno che si tratta di condizionamenti di questa società possessiva che imprime nella mente degli umani fin dalla nascita il concetto di proprietà. Tuttavia, è necessario concepire che il sentimento di proprietà inizia proprio nello stesso momento in cui la prove è liberata dal suo cordone ombelicale e più precisamente quando percepisce di aver un corpo fisicamente indipendente, infatti in caso di bisogno si esprime con il pianto.. E se ciò non bastasse per convincere ci non crede all’importanza della famiglia e della presenza di una madre, potrebbero osservare come si comportano i piccoli nel mondo animale e non solo nei mammiferi. Probabilmente, non hanno mai osservato come un uccellino persegue con violente beccate il forte tucano in volo che ha appena rapito il suo piccolo; oppure, come la chiocciola protegge i suoi pulcini che si nascondono sotto le sue ali ed altrettanto fanno le oche per difendere i propri anatroccoli. In altri casi, come fra quei volatili tropicali –  -le arara, dove le coppie si uniscono senza più lasciarsi, la femmina ed il maschio si alternando alla guardia del nido con i loro piccoli; per cui, la famiglia non può essere ridotta ad una mera invenzione artificiale, come vorrebbero i collettivisti e certe moderne femministe.

Ecco che l’origine del tradizionale femminismo storico – che si potrebbe addirittura attribuire all’idealismo di Dante quando esalta le virtù della sua Beatrice -, alcuni lo fanno risalire al XIV/XV secolo, per merito della nobile scrittrice e filosofa di origini veneziane Cristina da  Pozzano, da giovane trasferitasi a Parigi con il padre in qualità di consigliere della Corte; essa dà, quindi, inizio alla difesa del cosiddetto “sesso debole”  con le sue  pubblicazioni, fra le quali LA CITTÀ DELLE DAME, inaugurando una forma concreta di femminismo moderato che non esita a condannare la misoginia. Alle sue iniziative, seguono le opere di Cornelius Agrippa  e del sacerdote Poulain de la Barre e si consolida con la britannica Mary Wollstonecraft nel XVIII secolo. Così, intanto, poco alla volta, le loro idee si diffondono ed evoluiscono, avviandosi verso quelle tendenze che oltre a preoccuparsi dell’emancipazione della donna, ne difendono non solo i rispettivi diritti, ma che ne esaltano  anche le sue giuste prerogative, com’è il caso del grande genetista Luigi Luca Cavalli-Sforza, che non esita dichiararsi femminista, in un senso con il quale io stesso mi riconosco.

Due giovani bravi autori argentini –Nicolás Márquez e Augustín Laje – in una loro eloquente pubblicazione EL LIBRO NEGRO DE LA NUEVA IZQUIERDA (Il Libro nero della Nuova Sinistra) dedicano alcuni capitoli all’ambiguo travisamento politico da parte dei collettivisti, in rapporto agli ideali dei più che leciti posizionamenti a favore dei giusti diritti delle donne e contro le loro discriminazioni, facendo osservare, invece, come in Francia già sia Diderot si esprimeva in loro difesa, come lo stesso Montesquieu non esitava a sostenere i loro diritti di partecipare alla vita politica, mentre Condorcet sosteneva ugualmente come ad esse doveva essere riconosciuta la legittimità della loro cittadinanza. La nota marxista Aleksandra Kollontay, invece, teorizza le nuove mansioni delle donne, spogliandole dalle loro prerogative naturali sottraendo loro quella tipica ed ammirevole femminilità, attribuendo la funzione di allevare e dare forma alla personalità dei figli al potere centrale della politica, dando all’amore una semplice connotazione fisica, dove le donne possono scegliersi gli amante secondo le occasioni ed a secondo dell’umore, togliendo alla famiglia qualsiasi concreto significato o valore. 

Ed ecco la trasformazione che nel frattempo si consolida nella rispettiva politicizzazione, quando si sono aggiunte diverse nuove forme di femminismo radicale e, secondo me, addirittura peggiorativo, se non addirittura davvero devastanti, nei riguardi non solo della donna, ma perfino della stessa società in generale, al punto di negare alla stessa il miracoloso privilegio di poter generare nuove vite e formare cittadini etici per il bene della stessa società. È il caso fomentato, per esempio, tra gli altri, dalla francese  Simone de Beauvoir, consorte del noto filosofo esistenzialista marxista Jean-Paul Sartre, la quale teorizza e raccomanda che la donna si rifiuti perfino di generare figli, ciò che considero avvilente al punto di privare la donna della sua stessa preziosa femminilità, tendenze alle quali hanno fortemente contribuito le tesi contenute nelle opere del sinistro pensatore francese Michel Foucault che con le sue deleterie tesi giunge ad esaltare perfino tutta una serie di degradanti degenerazioni morali ed etiche. Ed allora, non ci si limita nemmeno più a ridurre la donna al mero livello del maschio, che mi sembra estremamente grave ed umiliante.

Per fortuna, però, che nei primi anni del 2000 ritroviamo un po’ di ottimismo e sorgono voci che riscattano le doti femminili in totale contrapposizione con certe posizioni della Sinistra militante; è anche il caso dell’autrice americana Carrie Lukas presidente del Women’s Forum  e vice presidente di politica ed economia dell’Independent Women’s Voice e pubblica alcuni saggi: THE POLITICALLY INCORRECT GUIDE TO WOMEN, SEX AND FEMINISM (2006) – del quale mi occupo, appunto, in questa recensione;  LIBERTY IS NO WAR  ON WOMEN  (2012) e CHECKING PROGRESSIVE PRIVILEGE (2019), dove sviluppa tutta una serie di argomenti a favore della donna femminile in contrasto con la donna femminista contestataria che si manifesta in pubblico, spesso con veementi atteggiamenti anche do connotazione volgare e carichi di ira e di volontà di vendetta e puntualmente orientata dalle dottrine ideologiche di sinistra.

Ed ecco che con  La Guida Scorretta al Femminismo l’autrice, in 200 pagine, spiega come il radicalismo femminista entra in conflitto con la realtà e nello stesso gli stessi interessi delle donne normali. Di fatto, da concrete indagini demoscopiche risulta che la realtà della maggioranza delle donne è molto diversa da ciò che le chiassose manifestazioni di contestazione di piazza vorrebbero sostenere. Infatti, emerge che in generale, le donne preferiscono uomini/compagni  che con le loro distinte attività, riescano a sostenere i membri delle proprie famiglie, dando appunto, alle rispettive consorti la possibilità di occuparsi principalmente dei figli e della gestione della vita privata ed intima del proprio nucleo. Esse, così, si dimostrano del tutto consapevoli della necessità di poter essere più utili ai propri cari, ma specialmente ai figli non solo con dedicando loro l’affetto materno, ma anche dispensando loro la necessaria assistenza e guida, liberando i propri uomini di una parte di responsabilità, mentre avviano i figli ad una vita possibilmente equilibrata. È, noto che nessuno meglio di una madre – salvo le inevitabili eccezioni – sarà in grado di contribuire ad un corretto sviluppo della prole e di farla crescere in un ambiente dove ai giovani si possono insegnare a sviluppare principi etici che saranno loro utili non solo nello sviluppo, ma che li potranno guidare durante tutto il corso della loro esistenza.

Inoltre, e non per niente, altre analisi statistiche rivelano i diversi problemi che sorgono nei casi di famiglie male strutturate o semplicemente nei casi in cui entrambi i genitori trascorrono la maggior parte del loro tempo lontano dai loro figli, per i loro impegni professionali, avendo le loro specifiche attività di lavoro fuori casa, mentre i figli sono affidati ad istituzioni che per quanto buone possano essere, sono pur sempre estranee alle intime aspettative degli stessi e di certo non possono soddisfare i loro personali sentimenti. In modo ancora più accentuato i problemi si aggravano per i figli di genitori divorziati e le rispettive complicazioni emergono con maggior incidenza nell’adolescenza, quando i figli hanno bisogno di una maggiore attenzione.

Purtroppo il predominio da parte di politiche cosiddette “progressiste” sembra agire proprio in questa direzione, ossia, favorire la delegittimazione dell’autorità dei genitori e compromettere ciò che i conservatori considerano più sacro: l’integrità dell’istituzione della famiglia. È l’espediente strategico, dei collettivisti, quello di ridurre al minimo l’influenza dei genitori sui figli per, appunto, meglio poterli indottrinare. Allora, si insegna loro che possono fare le loro proprie scelte, anche se contrarie a ciò che avevano imparato in casa. Del resto, è ben facile manipolare l’ingenuità, la vulnerabilità e l’immaturità dei giovani inesperti, stimolando magari la loro naturale curiosità, per esempio, nell’ambito delle pratiche sessuali, una delicata via che generalmente dalla quale difficilmente ci si riprende di ritorno. Il Marxismo, ha sostenuto da sempre che per giungere alla realizzazione del Comunismo, sarebbe stato necessario demolire il paradigma della tradizione della famiglia; l’idea intendeva formare quello che chiamavano l’uomo nuovo.

Eppure, studi realizzati da istituti demoscopici confermano che una buona parte delle ragazze adolescenti, preferiscono preservare la propria intimità e non di concedersi a pratiche sessuali occasionali a semplice scopo ludico del quale ci si può pentire; anzi, avviene il contrario nel caso dei ragazzi che nello spirito tipico del maschio cacciatore, ad ogni conquista, poi possono vantarsi delle proprie “vittorie!. Del resto, a prescindere dei pericoli di eventuali contagi venerei eccetera, il maschio, dopo aver raggiunto l’obiettivo ed aver usufruito del proprio piacere, può andarsene tranquillo per i fatti suoi, senza preoccuparsi di possibili conseguenze, com’è invece, il caso per la ragazza suscettibile di dover affrontare una gravidanza del tutto indesiderata. Ma per i sinistri mancini, nemmeno questo sembra costituire una complicazione così grave, perché secondo loro è sempre possibile interromperla con un “semplice” quanto perverso aborto…

Ecco che le critiche che la Carrie Lukas muove a questi movimenti estremisti, giungono in un momento molto propizio; infatti, ai nostri tempi, le ragazze raggiungono la loro maturità fisica molto precocemente, in rapporto a ciò che avveniva, magari, un secolo fa; per cui, è importante che certe tradizioni, nel loro stesso interesse, possano resistere alla modernità, che da un altro lato i progressi raggiunti rendono la gioventù più libera, per cui è assolutamente necessario che siano consapevoli degli inconvenienti affinché si sentano anche altrettanto responsabili; infatti, la libertà cammina a pari passo, procedendo parallelamente in maniera del tutto responsabile.

In fondo, l’autrice ha ragione di spiegare come sia oltremodo importante capire che è assolutamente falso che le femmine sono uguali ai maschi; possiamo e dobbiamo, sì, avere pari diritti di opportunità, ma ciò non significa che siamo tutti uguali. Infatti, se è già pacifico che gli stessi maschi sono diversi uno dall’altro, così come lo sono pure le femmine, le diversità che distinguono le donne dagli uomini sono ancora più evidenti.

Così come l’autrice, io l’ho già fatto notare in altre mie recensioni: nel cervello della donna l’istmo, ossia il ponte che unisce i due lobi, è ben più largo dell’istmo degli uomini; questo perché fin dalle origini dello sviluppo umano, le donne, oltre a realizzare attività più variate, mentre gli uomini andavano a caccia, magari in silenzio ed in solitudine, quando le donne accumulavano compiti diversi, come accudire ai figli, alle faccende domestiche, come preparare i cibi, conciare le pelli degli animali, produrre l’abbigliamento e di solito convivevano in compagnia di altre donne ed i rispettivi figli, comunicandosi e scambiando pareri; tanto che l’invenzione dello stesso linguaggio viene attribuito proprio alla donna. Non a caso, oggi è convinzione diffusa che la donna è più abile nell’esprimersi ed argomentare; non a caso il linguaggio è stato inventato dalle donne… Per cui, non deve sorprendere il fatto concreto che l’attività cerebrale della donna è del tutto diversa da quella dell’uomo: il cervello funziona in compartimenti separati ed ogni sforzo mentale, ogni azione, ogni pensiero, ogni espressione vocale fanno muovere i neuroni da un lobo all’altro con la conseguenza che nella donna la circolazione, lo scambio dei neuroni da destra a sinistre e viceversa è più attivo, da cui la maggiore larghezza dell’istmo.

Con ciò non è difficile dedurre che uomini e donne effettivamente non solo sono diversi, ma pensano ed agiscono diversamente; ciò che non significa superiorità od inferiorità di nessuna delle due parti; d’altro canto, l’uomo è dotato di una maggiore forza fisica, mentre la donna, dispone di una maggiore resistenza al dolore e vive in media anche un po’ di più dell’uomo. In sintesi, la donna e l’uomo nelle loro specifiche diversità, si completano, sono complemento uno dell’altro e non ha senso voler imporre una totale uguaglianza o addirittura cogitare un’assoluta parità di condizioni poiché, da una parte, abbiamo la donna con determinate prerogative e dall’altro gli uomini con altrettante peculiarità. È come se dicessimo che la mano destra è uguale alla mano sinistra, mentre sappiamo che nei destri le dita della destra hanno più forza e le dita della sinistra  sono più sensibili e nei mancini avviene l’opposto.

Oggi, i cosiddetti progressisti moderni, sotto l’influenza dei deleteri filosofi della Scuola di Francoforte, arrivano all’estremo di teorizzare, in modo del tutto grottesco, che il sesso in realtà non definirebbe il genere degli individui e che l’identità di maschio e femmina che abbiamo fino ad ora adottato, sarebbe una distorsione  imposta dalla società, mentre il genere – secondo loro – è quello che l’individuo sceglie. Questi stessi teorici, in alcuni casi propongono tesi talmente paradossali che, a sentir loro, gli individui avrebbero perfino la “legittima prerogativa” di riconoscersi in altre specie; ovvero, uno potrebbe legalmente assumere l’identità di un cane, di un gatto… certo, sappiamo che fra gli esseri umani non mancano nemmeno i soggetti umani che si comportano come leoni, come pecore, come camaleonti, come struzzi o come sciacalli e iene…

Insomma, questo libro e certamente un’utilissima lettura che ci insegna come non solo siamo differenti fisicamente, ma siamo differenti perfino nel comportamento e ciò  dipende soprattutto della nostra costituzione sessuale e biologica. In fondo, basterebbe osservare ciò che avviene nel resto del mondo animale e specialmente nei mammiferi, mentre i cosiddetti progressisti ci vorrebbero ridurre ad una specie di società – certamente oltremodo sviluppate nel mondo degli insetti -, come quella delle formiche o delle api, strutturate a modo loro con funzioni definite dalla loro natura; noi, invece – per nostra fortuna – siamo individui, pensanti e motivati non solo da istinti ma anche da emozioni come apprendiamo dall’autore portoghese Antonio Damasio con il suo saggio L’ERRORE DI CARTESIO, da me recensito in queste pagine

con i nostri sentimenti, intuizione, immaginazione e tutti con aspirazioni particolari e con sensibilità, preferenze e gusti del tutto specifici che possono cambiare da un momento all’altro, a seconda delle diverse situazioni ed uniche irripetibili occasioni, dipendendo perfino dall’umore influenzato dalle condizioni meteorologiche in circostanze imprevedibili che affrontiamo in funzione delle esperienze che abbiamo vissuto, non potendo conoscere come si reagisce nell’imprevedibilità aleatoria, come l’autore libanese Nassim Nicholas Taleb ha giustamente descritto nel suo  saggio IL CIGNO NERO da me recensito in queste pagine