LA VIA DELLA CINA di Renata Pisu (Recensione)

Il Gigante s’è svegliato!

Premesso che visito la Cina dal 1994 anche 3-4 volte all’anno, ho voluto leggere questa utilissima testimonianza proprio alla vigilia della mia prossima partenza per Shanghai e l’ho apprezzata enormemente anche se c’è ben poco sull’attualità.

Questa costituisce una descrizione coerente di un’esperienza che i nostri impenitenti comunisti di una volta non avrebbero mai ammesso, e l’autrice – onesta militante – non solo non nega, pur non entrando in dettagli che si apprendono in altre letture sul tema, ma comunque, con mal dissimulato rammarico e palese delusione descrive come i “compagni” non volevano che si parlasse di certe situazioni e rivela perfino che anche il potente autorevole Pajetta le raccomandava sopratutto “discrezione”…

Ebbene, dopo aver girato la Cina dal Nord al Sud: Harbin, Dalian, Tianjin, Xian (con il suo incredibile esercito di terracotta), Nanjing, Hangzhou (città dell’Ammiraglio Zhen Hu che ha circumnavigato il mondo nel 1421, scoprendo l’Australia e le Americhe), Wuhan, Fuzhu, Xiamen, Guangzhou, Foshan, Shenzhen, Dongguan e quelle meraviglie dei fantastici paesaggi di Guilin, delle Tre Gole sullo Yangtze, il monastero appeso sulla parete rocciosa del precipizio a Datong,  i 100.000 Buddha lungo il fiume Yi a Luoyang (che per poco le guardie rosse di Mao Zedong non avevano distrutto) e la romantica Suzhou (una modesta Venezia in miniatura), oltre a decine di soste nei cenrti come Shanghai, Pechino e dintorni, sì, credo davvero di poter confermare pure io che la Cina non è più la stessa, così come sono cambiati gli stessi Cinesi: una volta tutti magrissimi, magari a migliaia davanti al semaforo rosso in bicicletta, non lo sono più e, come conseguenza del passaggio dalle carestie del collettivismo che hanno fatto perire ben decine di milioni di Cinesi, ora, grazie all’abbondanza generata dal capitalismo, ci sono già bambini obesi e non è più difficile incontrare ragazze vestite alla moda a spasso col cagnolino.

Insomma, le liberalizzazioni economiche hanno fatto il miracolo e le metropolitane delle sue metropoli, ormai si potrebbero confondere con quella di Hong Kong e di altri paradisi del libero mercato; altro che le nostre… Oggi, dunque, visitando questo Paese viene spontaneo chiedersi perché da noi i politicanti non si ispirano a questo sviluppo; perché non si domandano come mai la Cina vive una crescita annua a due cifre da oltre 20 anni? E come mai in Europa, la bella politica della solidarietà forzata ed istituzionalizzata che chiamano “welfare” tendenziosa tendenza che non pochi difendono ancora con unghie e denti, invece di generare benessere, ha impoverito buona parte del continente? Ci saranno pure dei motivi, no?

Ecco, proprio per queste ragioni, il libro di Renata Pisu cade di proposito ed è oltremodo utile; lo dovrebbero leggere proprio quegli ultimi devoti della socializzazione, gli orfani del marxismo, i devoti della politica pianificata; i girotondisti difensori dell’economia politicamente guidata e soprattutto i nostri indottrinati sindacalisti che contrariamente a ciò che si è riusciti a fare nel Regno Unito della Thatcher, dove proprio i laburisti insieme alle loro appendici dei sindacati avevano spinto la vecchia potenza sull’orlo del fallimento, salvatasi grazie alla benefica ostinazione della Dama di Ferro. Da noi, invece, gli integranti di una classe politica succube di una mentalità obsoleta, testardamente si oppongono ancora alle necessarie riforme che la Nazione impazientemente attende con ansia da decenni; cambiamenti che ci potrebbero far finalmente uscire da questa palude, mentre i soliti noti non vogliono convincersi che per progredire, per prosperare, per produrre e distribuire ricchezza è necessario riconoscere un minimo di libertà a chi ha le idee e la vocazione per le iniziative che fomentano l’innovazione e quindi il benessere. intolleranti di turno che si cimentano nei vari programmi televisivi, dando spettacolo di gusto mediocre, non perdono l’occasione – od il vizio – di incitare allo sciopero, provocando magari anche gli applausi degli spettatori selezionati chissà, se non a tale proposito.

Possibile che non si riesca a capire che da decenni si vive al di sopra delle nostre possibilità; che ci siamo mangiati non solo la ricchezza prodotta dai nostri migliori cittadini del Dopoguerra, quelli che hanno fatto il miracolo del nostro successo e che sono stati così maltrattati fino a riuscire ad ormai indurli quasi all’inerzia? I nostri politicanti, nella loro irrefrenabile irresponsabilità hanno non solo consumato il patrimonio generato allora, ma hanno indebitato il nostro Paese, obbligando le prossime generazioni a pagarne i debiti. Ogni neonato italiano, nasce debitore… Ed ora che sono sempre più rari quegli eroici imprenditori ai quali il potere pubblico non vuole riconoscere i propri meriti, i migliori sono incoraggiati ad andarsene altrove, a cercare sorte migliore all’estero, e mentre la nostra gioventù non trova opportunità, si continua con la solita demagogia, sostenendo che è necessario far vivere sulle spalle dello Stato una miriade di persone che non producono, ma consumano, estorcendo i sempre più miseri risultati dei più meritevoli ai quali, alla fine non rimangono gli utili necessari per nuovi investimenti: così invece di incoraggiare la classe che fa muovere i motori dello sviluppo e del progresso, si continua a perseguire proprio coloro che hanno quelle virtù di generare ricchezza con lo spirito di iniziativa e la creatività che li distingue.

Oggi la Cina ha largamente superato l’Italia anche in un settore deve negli anni Sessanta eravamo i primi in assoluto: nel turismo; eravamo già stati superati dalla Francia, dalla Spagna, dagli Stati Uniti; ora, i Cinesi, vantano i migliori aeroporti del mondo; treni di alta velocità, ponti lunghi decine di chilometri, autostrade a 6 corsie… e non c’è da meravigliarsi se milioni di turisti vi si recano: tutte le grandi reti alberghiere americane hanno investito capitali enormi, si trovano alberghi di 4-5 stelle a partire da 50 $ la notte con colazioni che sembrano banchetti; all’accoglienza patì cinematografici con colonne di granito massiccio di ogni specie e provenienza che per abbracciarle bisogna essere i tre o quattro persone, con scalinate da cartolina postale; ed agli stranieri riservano l’ospitalità e la gentilezza che in Europa non esistono ormai da decenni. I negozi nelle metropoli sono aperti anche sabato e domenica fino tardi, spesso fino alle 11 di sera; le banche funzionano tutti i giorni della settimana e si possono prelevare contanti senza tanti limiti come demagogicamente in maniera grottesca ci hanno imposto con tanta prepotenza in Italia, le ragazze che contano le banconote con un’abilità da prestigiatore, educatissime invitano a premere il pulsante dove si sceglie il grado di soddisfazione e lo stesso avviene al controllo dei passaporti all’entrata di questo straordinario Paese.

Una lettura piacevole, dunque, che aiuta a farsi un’idea di com’era la Cina di Mao; 190 pagine che possono far capire che certi cambiamenti non si verificano per caso, ma che non derivano nemmeno tanto dalla sola politica, bensì da quel circolo virtuoso costituito – per dirla con Ludwig von Mises –  dall’ordine spontaneo che è il mercato libero. I nove brevi capitoli di questo eloquente resoconto si leggono in una piovosa giornata di un fine settimana, al modesto costo di pochi Euro; ne vale davvero la pena.