visto da Tullio Pascoli
2 Set 2019
Opportunismo, Cospirazione, Terrorismo Mediatico e Sovranità
Per disegnare il quadro dell’attuale situazione in cui una potente campagna diffamatoria che mira ad indebolire l’attuale governo brasiliano, è conveniente partire dagli eventi che la precedono. Infatti, da quando i Brasiliani hanno deciso di liberarsi dei sinistri governanti – fra cui quelli del Socialismo del XXI Secolo – che hanno (s)governato il Paese, per non dire che lo hanno preso d’assalto, i soliti amici dei compagni della connivente Sinistra mondiale si sono insorti ed uniti, cominciando la caccia alle streghe, o meglio, sferrando un deciso attacco alla nuova politica di Destra del presidente Bolsonaro, eletto legittimamente – nonostante le oltremodo sospette urne elettroniche prodotte in Venezuela… – imponendosi, comunque, su tutto il consolidato sistema oligarchico patrimonialista che ha dominato non solo la trentennale politica socialista e populista, ma anche prodotto la devastante crisi economica dopo aver organizzato una gigantesca oscena struttura di corruzione istituzionalizzata, mai vista in nessun’altra epoca in altro Paese al mondo. Sul suo eroico – per non dire miracoloso esito nell’elezione di Bolsonaro, riportato in queste stesse pagine rimando al seguente Link:
https://liberalismowhig.com/2018/11/30/bolsonaro-2018/
Bolsonaro nella politica brasiliana è un’eccezione e del tutto esente da accuse o sospetti di aver partecipato a quel grasso “banchetto”; ossia, non ha partecipato all’orgia della gestione amministrativa di governo, né incassato qualsiasi parcella del lauto bottino – rapinato al patrimonio pubblico ed alla statale PETROBRAS – che in tutte le ultime legislature, durante il saccheggio, veniva distribuito fra le complici forze politiche. Invece, nella sua solitaria ostinata marcia per il Brasile, è riuscito a convincere la Popolazione che sarebbe stato l’uomo giusto per interrompere il tredecennale salasso che i politicanti avevano messo a punto e praticato all’ombra di un potere giudiziario connivente, danneggiando in modo scandaloso e addirittura drammatico la Popolazione che assisteva incredula dinanzi all’impunità difesa perfino nelle più alte corti, mentre una crisi economica, morale ed etica prendeva l’avvento, quasi tutta la classe politica, si mostrava insensibile dinanzi agli ammalati che morivano nelle lunghe file attorno agli ospedali.
Bolsonaro, senza un partito che lo appoggiasse, con tutto lo strapotere mediatico avverso che lo dipingeva, prima come una figura stravagante ed arcaica, e perfino pericolosa dinanzi all’evidenza dell’inarrestabile crescita della sua popolarità, poi. Infatti, gli avversari lo presentavano come un ex militare fanatico, intollerante, antidemocratico, razzista, omofobico, misogeno, violento ecc. ecc.; mentre, nella sua convincente processione per le strade e per le piazze in mezzo alla folla euforica, diceva che potevano accusarlo di tutto, ma certamente non di essere corrotto, venendo caricato sulle braccia dai volontari definendolo come “mito”. Questo, fino a quando è stato accoltellato dal militante comunista – Adélio Bispo -, il quale, prontamente arrestato, aveva già pronto un alibi simulato, secondo il quale, in quello stesso momento figurava di trovarsi a Brasilia in visita proprio presso il Parlamento a oltre 800 km. di distanza, mentre, invece, tutto era stato ripreso dai telefonini sul fatto. Mortalmente ferito e portato d’urgenza all’ospedale dove, grazie alla tempestiva abilità di bravi chirurgi il candidato veniva miracolosamente salvato.
Ebbene, prima dell’attentato, mentre Bolsonaro, privo di risorse, accompagnato da uno o due sostenitori, arrivava in voli di linea per farsi conoscere nei diversi punti del Brasile, negli aeroporti era accolto da una coltre di entusiasti simpatizzanti che lo attendeva già impaziente con le bandiere brasiliane, cantando l’inno nazionale ed al grido di: “la nostra bandiera è verde-gialla e mai sarà di color rosso”, aggiungendo in coro “Hei, son venuto gratuitamente”, mentre, il suo potenziale rivale, il famosissimo ed adulassimo scarsamente alfabetizzato ex-presidente Lula, considerato ed esaltato come grande guru di tutta la Sinistra mondiale, elevato a presunta semi-divinità, falso protettore delle masse escluse dal benessere ed emarginate dal progresso, girava su aerei privati ceduti dai soliti noti “amici,” seguito dalle disciplinate comitive giunte in numerosi autobus noleggiati, rigorosamente organizzate e pagate, come solo i sindacalisti sanno fare, in uniformi rosse come le loro bandiere, non solo non trovava la gente ad aderire ai suoi convogli, anzi, i pochi che attendevano l’ex presidente populista, lungo le strade percorse, gli riservavano i più diversi rimproveri, oltre a Lula! Ladrone, il tuo posto è la prigione…” seguito da una pioggia di uova, pomodori marci e perfino qualche sassata. Per cui, ormai, era più che evidente che la sua stella – rossa – non brillava più e che una grande parte dei Brasiliani non gli perdonava il cinismo, le scandalose deviazioni, il suo vergognoso tradimento ai principi etici e morali che aveva tanto esaltato allora, per farsi eleggere la prima volta, dopo tre tentativi falliti.
Rabbiosa rivolta abbastanza comprensibile nei confronti di un soggetto che già durante il suo primo mandato, era stranamente uscito incolume, grazie all’endemica favorevole impunità del sistema, per aver fatto reclutare, con fondi neri, naturalmente, una connivente maggioranza parlamentare, malgrado rispondesse già a mezza dozzina di fondatissime denunce, credeva di farla franca di nuovo, contando sulla collaborazione favorevole da parte delle corti superiori – i cui membri, in parte da lui stesso nominati -, nonostante fosse accusato di perseverare in tutta una serie di continui gravissimi delitti di corruzione, praticati nella certezza dell’endemica, ambigua ed ignobile impunità. Così, manteneva dalla sua parte una comoda maggioranza di condiscendenti parlamentari coinvolti, ai quali assicurava il loro illecito ragguaglio, in cambio del voto a favore dei suoi decreti e disegni di legge. Allora, oltremodo fiducioso sulle proprie risorse, non solo pecuniarie, era coadiuvato anche dagli oscuri opportunisti poteri mercenari, fra i quali quello mediatico… Ciononostante e per fortuna, non tutte le sue proposte di modifiche alla Costituzione sono state approvate; per esempio, la legge sul cosiddetto “controllo sociale dei media” , definizione eufemistica per “censura ” – che includeva pure la rete di internet -, dinanzi alla reazione popolare non era passata; come non era riuscita nemmeno la “presidenta” Dilma – che lo aveva succeduto -, a far approvare il progetto di istituire la cosiddetta “democrazia diretta“: una specie di modello sovietico con il quale lo stesso parlamento sarebbe passato in secondo piano; modello già adottato dal suo collega Hugo Chaves e che oggi in Venezuela applica il despota Nicolás Maduro…
Ebbene, Lula perseguito dalle differenti denunce presso tre distinte corti – di Curitiba, di São Paulo e di Brasilia – e già condannato a nove anni e nove mesi in un primo processo dal tribunale di Curitiba, per tutto un incredibile imbroglio che era già un vero programma, in cui era coinvolto insieme alla consorte: un rocambolesco intreccio relativo ai regalini “patrocinati” dai potenti appaltatori – nel caso Leo Pinheiro arresosi a collaborare con la Giustizia – in cui, in un gigantesco quanto sofisticato e meticolosamente strutturato marchingegno di lucrative tangenti, parzialmente divise anche con gli intermediari di alti dirigenti delle società statali, si erano accomunati a lui ed al suo governo numerosi gli importanti imprenditori, in cambio di generose concessioni in appalti truccati. E, nel caso specifico alla prima condanna, si trattava solo di un appartamento degli ultimi tre dei 18 piani, dell’Edificio Solaris in riva al mare a Guarujá, con aggiunta – su esplicita sua richiesta – di ascensore e piscina privati.
Ciò malgrado, come sempre sicuro di sé, si ostinava ancora ad avviarsi alla campagna elettorale per riprendere le redini del potere, dopo aver imposto a successione l’impopolare “presidenta” Dilma – personaggio che, di per sé, meriterebbe un libro biografico a parte – e che “degnamente” e disastrosamente aveva messo tutto il Paese nella già latente crisi che ormai si rivelava come la peggiore della storia del Paese; per cui, il senato l’aveva destituita per malversazione amministrativa, Lula era ancora in attesa dell’esito della sentenza al proprio ricorso di seconda istanza, da parte della corte d’appello regionale di Porto Alegre. Per sua sfortuna, il collegio dei tre magistrati, invece di assolverlo, hanno, in unanimità, elevato la pena a ben dodici anni ed un mese e con ciò per effetto della Legge popolare, a suo tempo, firmata dallo stesso Lula, la condanna in appello, lo rendeva ineleggibile, ma senza essere arrestato prima del pronunciamento della corte d’assise.
Infatti, il Brasile è un Paese democratico ed il suo Popolo eccessivamente tollerante, mentre la Legge, come si sa, è sempre soggetta a comode interpretazioni; così, i suoi legali ricorrevano alla terza istanza, dove però, un altro unanime collegio, questa volta di ben otto magistrati, confermava la sentenza, riducendo, intanto, la pena a 8 anni e 10 mesi; con ciò, la sua incarcerazione diveniva inevitabile. Ma ecco che i suoi ostinati difensori, non si arrendevano – e non lo fanno nemmeno oggi -, forti dei rapporti preferenziali con la corte suprema, tradizionalmente molto lenta, quasi come in un batter d’occhio, riuscivano ad arrivare al ricorso del collegio degli unici magistrati – di cui ben otto nominati rispettivamente da Lula e dalla sua “delfina” Dilma -, i quali, con immensa frustrazione dei difensori, votavano in maggioranza per la manutenzione della reclusione ed a questo punto, in un gioco stravagante e di inusitata fantasia, i creativi legali, interpellavano perfino l’ONU, pensando di risolvere il caso politicamente; infatti, due compiacenti membri di piantone della commissione dei diritti umani, per conto loro, privi di qualsiasi fondamento o di potere giurisdizionale, tentando di scagionarlo, emettevano una grottesca dichiarazione, senza qualsiasi minimo valore giuridico, a favore del detenuto, costituendo questa unicamente come pretesto per banali dichiarazioni politiche, senza alcun peso pratico, se non quella di indebita intromissione, ma pur utile e preciso appiglio per la loro campagna pubblicitaria e per spacciare il condannato incarcerato, come povero perseguitato politico, tuttavia, detenuto non in una cella, bensì in un pratico locale presso la polizia federale di Curitiba, con tanto di TV e comoda toilette privata e – se non bastasse – con diritto a tutta una serie di visite…
Nel frattempo, in un secondo processo, Lula era già stato nuovamente condannato, questa volta da un giudice femminile – Gabriela Hardt – sempre della corte di Curitiba, a dodici anni ed undici mesi per occultamento di un’ulteriore proprietà, intestata a terzi, ma con prove schiaccianti del suo dissimulato possesso della cascina di Atibaia, rigorosamente riformata gratuitamente e rimessa a nuovo su misura, con scelta dei mobili da cucina, sotto l’attenta e diretta guida della consorte dello stesso Lula, riforme patrocinate, dunque, da due importanti appaltatori – di nuovo Leo Pinheiro insieme al colosso ODEBRECHT. La difesa, cercando di perdere tempo al ricorso in appello, nel timore del rigore che la sentenza potesse essere nuovamente confermata e addirittura aumentata dalla corte d’appello regionale di Porto Alegre, tenta il ricorso direttamente alla corte suprema, nella speranza estrema di aver successo per l’annullamento della sentenza in primo grado.
Ed allora, a tale scopo, con una totale inversione di valori e – come si dice in Brasile ironicamente – non è più il cane che fa la pipì contro il palo, ma il palo che fa pipì contro il cane, quindi, in un’iniziativa da apparente delirio, si tenta creare un presunto scandalo, accusando i magistrati, nell’inutile tentativo di squalificare le sentenze pronunciate, di cui la prima dall’allora giudice Sérgio Moro – nel frattempo nominato super ministro Ministro della Giustizia e della Sicurezza nel governo Bolsonaro, proprio per rafforzare la lotta alla diffusissima corruzione e la sempre più forte delinquenza -, pensando di poter ottenere l’annullamento delle sue condanne, i soliti innominabili noti, ricorrono ad un altro e questa volta diabolico stratagemma, che ormai si sospetta essere stato scrupolosamente organizzato negli scantinati di chi ha perso il potere, ma portato a termine da insoliti personaggi già abbastanza conosciuti dalla polizia. Ed ecco che sorge un singolare, quanto famoso giornalista americano – già coinvolto in altre poco chiare vicende – e riconosciuto come militante della Sinistra, anche se in passato, da avvocato, negli Stati Uniti, aveva difeso la causa di neonazisti, e “marito” di un parlamentare comunista, titolare di un altrettanto “curioso” ed insolito passato; ed allora, lo stratagemma rivela subito pure l’indiretto coinvolgimento dell’ex candidata comunista – Claudia D’Avila – alla vice presidenza del sostituto di Lula (lo sconfitto Fernando Haddad). Infatti, uno dei titolari del sito THE INTERCEPT – Glenn Greenwald – aveva consegnato a due organi della stampa di Sinistra, presunte registrazioni di scambi di “compromettenti” messaggi fra il Procuratore della Repubblica Deltan Dallagnol e l’allora giudice Sérgio Moro. Il fatto scatena una curiosa azione pirotecnica da copertina, pubblicando il presunto sensazionale scandalo. Ma le fonti delle delle non del tutto probabili registrazioni – che comunque sono frutto di una sfacciata illegalità – non vengono rivelate. Eppure, dopo un paio di indagini, si scopre presto come gli autori – pirati informatici dilettanti – sono contumaci delinquenti che subito confessano i loro contatti con la collettivista Claudia D’Avila, la quale, è subito indotta ad ammettere pubblicamente di aver lei stessa dato ai malviventi – fra cui Walter Delgatti Neto (il Rosso) – il telefono di Greenwald… come se soggetti che confessano di aver invaso i cellulari di centinaia di autorità, includendo tutta una serie di politici di membri della più alta magistratura e perfino del presidente Bolsonaro, avessero bisogno di chiedere il numero di telefono dell’americano, quando il suo sito è pubblicamente accessibile… La polizia federale, sospetta che l’operazione sia stata ordinata da qualcuno a pagamento, infatti ha trovato evidenze di uno strano giro di Bitcoin.
Per gli avversari del nuovo governo il presento scandalo è un piatto prelibato; così, ecco che opportunamente, i media simpatici alla Sinistra sono subito disposti a giustificare quello che di fatto, è concretamente un evidente delitto, pur non sapendo se i testi diffusi sono davvero autentici o manomessi, si dispongono a difendere i pirati, perché avrebbero “eroicamente” agito nell’interesse dalla Nazione…
Eppure, all’analisi delle presunte rivelazioni – ammesso e non concesso che siano davvero autentiche -, oltre ad essere assolutamente illegali e delittuose, gli autori della diffusione delle stesse, conniventi con l’evidente reato, probabilmente, prima o dopo, dovranno assumersi le rispettive responsabilità. Alla fine, i contenuti del presunto grande scandalo annunciato, si dimostrano di basarsi solo su chiacchiere, ossia, l’ennesimo parto di un topolino da parte della montagna ed invece di indebolire il super ministro con la doppia finalità di colpire anche Bolsonaro, ne esce rafforzato; allora, i mancini si rivolgono contro il Procuratore della Repubblica Deltan Dallagnol che la stessa Procuratrice Generale della Repubblica, ha poi scagionato.
Ma per l’opposizione, il dramma dei sinistri mancini, poco a poco si rivela nei risultati positivi ottenuti dal governo Bolsonaro. Infatti, dopo aver ridotto i ministeri a 22 (soprattutto tecnici di prestigio e senza scendere a compromessi con i politicanti), mentre sotto i “neo-collettivisti” aveva raggiunto il primato di 40 ministri, proprio per servire la compiacenza politica dei tanti partiti, rendendo i parlamentari mansueti, ora, senza poter contare sull’incondizionato consenso in parlamento, in cui membri in parte anche coinvolti con gli intrighi del passato, ora, il nuovo presidente affronta l’arduo lavoro di rimettere ordine nelle precarie finanze, risolvere i problema di oltre 60.000 omicidi annui, la degenerazione nelle scuole, il precarissimo sistema sanitario e, naturalmente, le deviazioni della più che sospetta distribuzione dei cosiddetti “salari famiglia” – destinati alle comunità più bisognose -, mentre si scopre, fra l’altro, che oltre mezzo milione di individui più o meno benestanti, erano favoriti dallo stesso programma. E, senza troppe sorprese, sorgono, inoltre, altrettante deviazioni di ogni natura dove molti personaggi compromessi in una perversa complicità, cominciano a sentir diminuire pericolosamente l’impunità e devono preoccuparsi perché il rigore della Legge si fa sempre più insistente: Infatti, solo Sérgio Moro – in qualità di giudice federale -, aveva già condannato oltre 140 potenti personaggi; fra i quali, i più importanti appaltatori, ex ministri, deputati, senatori che perdono l’immunità e perfino l’ex presidente Lula. I nodi, quindi, continuano ad arrivare al pettine ed altre centinaia di parlamentari, finiscono nelle maglie delle indagini soggetti alle accuse nonostante possano contare sull’immunità parlamentare.
Si apprende pure come tutta una serie di giornalisti, artisti di TV, cantanti, intellettuali – veri e presunti – entità utili o meno, agenti di spettacoli, direttori di istituti universitari, ONG, dirigenti bancari, sindacalisti ecc. ecc., ricevevano proventi anche se, spesso, in modo legale, grazie alla generosità del potere costituito. Ma le casse, ereditate dai governi precedenti, sono vuote ed i rispettivi conti ormai in rosso e lo smisurato spreco dev’essere urgentemente stagnato. Così, dinanzi ai rubinetti che si chiudono, gli eterni graziati, ora, si organizzano e fanno scatenare il veicolo più penetrante che l’opportunità offre, ricorrendo al potere mediatico, già colpito dalle nuove misure del governo Bolsonaro, colpevole, fra altro, di aver sospeso le miliardarie campagne pubblicitarie usate dai governanti anteriori per “ammaestrare” la potenzialità ostruttiva dei mezzi di diffusione e che evitava critiche, ricorrendo a spiacevoli ricatti da parte di giornali, riviste, TV, radio, e tutto un esercito di “blogghisti” mantenuti a pagamento per sparpagliare falsità contro gli oppositori, principalmente contro Bolsonaro ecc. ecc.
E dinanzi alle numerose scoperte di illeciti, nella reciproca solidarietà – quando l’acqua arriva alle rispettive natiche -, i sinistri mancini, si sa, sono molto efficaci e per scongiurare il peggio sanno stringersi attorno ad affrontare il pericolo comune. Ed in questo gioco vale proprio tutto, anche i colpi più bassi e macini nel vero senso del termine figurativo; e com’è noto, a Sinistra, come scriveva già un secolo e mezzo fa Frédéric Bastiat, “si parla di ciò che si vede e si tace di ciò che non si vede”… perciò, si punta il dito su argomenti efficaci, attuali ed oltremodo penetranti, in grado di sensibilizzare l’emotività popolare ed al momento, cosa di maggior effetto? Evidentemente, la già fortemente pubblicizzata questione ambientale, da tempo oggetto di critiche da parte di Bolsonaro. Infatti, anche i finanziamenti abusivi destinati alle più diverse entità ambientaliste così come iniziative poco trasparenti finiscono sotto osservazione politicamente scorretta e fra queste non poteva mancare tutta una miriade di ONG che durante decenni giungevano, anche dall’estero, per presumibilmente praticare attività umanitarie, soprattutto nelle zone quasi disabitate: nei territori riservati agli indigeni, godendo di ambigui stanziamenti pubblici.
Da molti anni, i sospetti sulle loro attività – curiosamente in zone scarsamente abitate -, si erano rafforzati; infatti, pochissime ONG sembravano preoccuparsi particolarmente delle sacche di concreta povertà del Basile, ma si concentravano, stranamente, in Amazzonia – un’ enorme regione abitata da non più di un milione di individui di, in totale in scarsi 6 milioni di chilometri quadrati -, di cui 60% in territorio brasiliano, ed il restante del territorio amazzonico condiviso fra altri otto Paesi. Si tratta di una delle zone di più bassa densità demografica al mondo, ma anche la più ricca e meno esplorata e meno sfruttata; le sue gigantesche risorse naturali, sono protette da serie limitazioni: non c’è solo una vastissima biodiversità, ma anche legnami pregiati e vi si trovano noti giacimenti: ricchissime riserve di uranio, di minerali come oro, ferro, niobio, grafene, oltre a diamanti e probabilmente molto petrolio, visto che è proprio nel confinate Venezuela che si trovano le più grandi riserve mondiali di petrolio.
Sappiamo, pure, che da molti anni noti personaggi della politica mondiale, sostenuta dalla “dottrina Brežnev“, chissà perché, riferendosi a questa regione, predicano una cosiddetta “sovranità limitata“; lo hanno apertamente dichiarato anche altri presidenti della Sinistra: Gorbaciof, Mitterand, l’ex vice presidente Al Gore, il primo ministro John Major, oltre ad alte personalità dell’ONU ecc. E non a caso l’autore francese Pascal Bernardin ne parla dettagliatamente nel suo copioso saggio L’EMPIRE ECOLOGIQUE – Ou la Subversion de l’Ecologie par le Mondialisme:
opera da leggere probabilmente anche con qualche riserva, ma che mette a fuoco aspetti davvero sconcertanti. Egli è anche autore del saggio MACHIAVEL PEDAGOGIQUE in cui denuncia, spiegando come ai distinti Paesi l’UNESCO cerca d’imporre nuovi sconvolgenti metodi d’insegnamento, raccomandando un nuovo paradigmatico spirito psicologico della cosiddetta orwelliana psicologia sociale, dove l’importanza della più importante cellula della società umana – la famiglia -, verrebbe sostituita dal potere pubblico centrale e di cui farebbe parte anche la famosa ideologia di genere, secondo la quale, sarebbero i bambini a scegliere il loro sesso psicologico a scapito del genere che di fatto li distingue. In tale progetto distruttivo, l’amore materno, il carattere del padre, vitale per la formazione dei giovani, sono sostituiti dalla dottrina statale.
Ebbene, fallito il tentativo di squalificare le sentenze pronunciate da Sérgio Moro, senza essere riusciti nemmeno a diminuire l’importante ruolo svolto dal Procuratore della Repubblica Deltan Dallagnol, pochi giorni dopo che Bolsonaro decreta che le società non sono più obbligate a pubblicare i rispettivi bilanci sui rotocalchi privati, potendolo a tale fine farlo sulla rete internet o pubblicarli sul bollettino ufficiale, senza alcun onere, la stampa, ferita nel suo punto più sensibile – che solitamente è la tasca -, inizia una violenta campagna contro il Presidente, sfruttando l’ennesima stagione degli incendi in Amazzonia. Il momento, perciò, è il più propizio; infatti, prive di qualsiasi legittimità scientifica e democratica, le “azzoppate” ONG, già sul piede di guerra, si associano subito ai sinistri mancini della nuova religione ambientalista contro il nuovo governo Bolsonaro, mentre da due mesi si estende una prolungata siccità e, come avviene da secoli, fra i piccoli coltivatori che ricorrono ad un metodo arcaico – che io stesso ho tante volte presenziato nelle savane, quando facevo la guida in Africa Centrale -, quando, fra un raccolto e l’altro “ripuliscono” campi e pascoli, incendiando le erbacce e la paglia, rigenerando il terreno, l’antica tradizione si trasforma in straordinaria occasionale arma che i detrattori di Bolsonaro non possono perdere…
Bolsonaro, fra l’altro è colpevole di difendere il proprio Paese dall’invasione di entità che stimolano gli indigeni a definirsi “nazioni” a sé, con il poco velato appoggio dell’ONU che da un momento all’altro – come spiega il generale brasiliano Heleno che conosce l’Amazzonia come pochi -, basterebbe che qualche ficcanaso irresponsabile issasse una nuova bandiera con l’avallo delle Nazioni Unite, che il Brasile, in tesi, potrebbe perdere parte o grande parte dei propri territori. Da notare, che solo la tribù dei Yanomani che conta circa 10.000 individui, ha a disposizione un territorio che è ben superiore ad un quarto dell’Italia; e si tratta solo di una tribù… dunque, siamo dinanzi ad un gigantesco quanto malizioso stratagemma capace di compromettere l’unità e la sovranità di tutto un grande Paese. E se con lo stesso criterio si agisse in Nazioni come la Cina, la Russia, nei Paesi dell’amica, cosa succederebbe?
Ecco come ci si affronta con un’autentica quanto perversa farsa, alimentata dalle ONG, da una parte, da oscure figure delle Nazioni Unite e dai soliti noti che vorrebbero internazionalizzare una regione che è molto superiore all’estensione della stessa Unione Europea dei 28 Paesi di 500 milioni di abitanti, mentre nell’Amazzonia brasiliana vivono in totale meno di un milione di persone, fra le quali, tutta una serie di tribù, la cui seconda lingua – quando la imparano -, da sempre è il portoghese, nonostante le ONG, con seconde intenzioni, cerchino di introdurre l’inglese… E Bolsonaro, ha tutte le ragioni di prevenire un tale pericolo e di rimediare a certe deviazione; per cui, di fatto, intende integrare queste isolate comunità, che, quando non sono manipolate dalla ONG, o si sentono brasiliane o sono spesso abbandonate a se stesse, vivendo ai margini della selva, in un mondo arcaico e primitivo. Egli, al contrario, intende dare loro l’opportunità di emanciparsi dalle proprie precarie condizioni o – per dirla con il bravo socialista Rousseau – dall’esistenza di buoni selvaggi, assicurando, invece, anche a loro una vita più moderna: con elettricità, scuole, unità di salute, protezione dagli avventurieri – i cosiddetti grileiros – che eventualmente cercano di occupare e prendere possesso illegalmente di appezzamenti in quelle zone. Bolsonaro intende soprattutto che si trattino da cittadini come gli altri e che possano sviluppare attività produttive, senza rimanere isolati e mantenuti come autentici musei antropologici vivi, potendo loro stessi sfruttare le risorse locali, sia del sottosuolo come del turismo, come, del resto, fanno già negli Stati Uniti. E sulle poco trasparenti attività delle ONG, per chi capisce il portoghese, vale la pena seguire le dichiarazioni del seguente Link di un ex ministro dell’ambiente dei governi di Lula/Dilma – il comunista Aldo Rebelo – che già allora denunciava le loro oscure attività, non diversamente da ciò che sostiene Bolsonaro:
https://m.youtube.com/watch?v=lL_2vMnzlUA
Ma l’emancipazione degli indigeni sembra non entrare nelle considerazioni di quelle entità internazionali, che, anzi, hanno ben altri obiettivi; ed ecco come si deturpa tutta la questione dell’attuale situazione brasiliana, quando all’attacco frontale si associa il mondo mediatico solidale, solitamente inclinato a sinistra che domina convenientemente uno dei settori chiave del potere, proprio sull’ambigua falsariga del copione dettato da Gramsci che, in luogo della rivoluzione proletaria, raccomanda la “rivoluzione pacifica” degli intellettuali: occupando i punti strategici più importanti – informazione, istruzione, spettacolo, artistico, letterario ecc. ecc. Così, tutte queste categorie, prendono l’opportunità al volo, con la scusa della protezione dalla distruzione del cosiddetto “polmone del mondo”, e sferra la più violenta aggressione mediatica al governo brasiliano di Destra, accusandolo di voler distruggere niente meno che l’Amazzonia e di essere Bolsonaro stesso colui che incentiva gli incendi che si sono sviluppati in queste settimane, come avviene stagionalmente ogni anno.
Eppure, quando s’è bruciata la grande biblioteca della lingua portoghese a San Paolo, dove governava il socialista Márcio França nessuno a Sinistra s’è scomodato, accusando il governatore di turno. A Rio de Janeiro peggio ancora, con eccezione dell’attuale governatore di Destra, ha governato da molti anni la Sinistra – guarda caso -, ben 5 ex governatori – Moreira Franco, Luiz Fernando Pezão, Sérgio Cabral, Anthony Garotinho e Rosinha Garotinho – tutti di Sinistra sono stati arrestati per corruzione; nessuno ha mai scatenato compagne contro di loro, quando il più importante museo archeologico brasiliano – il Museo Nazionale di Rio – è finito in cenere; allora non si poteva accusare la Destra dell’incendio e della gravissima perdita di un vero patrimonio dell’Umanità, proprio perché era gestito da uno dei più indottrinati istituti superiori del Paese – l’Università Federale di Rio de Janeiro -, dove ad uno dei suoi dirigenti – Mauro Luis Iasi – era mancato il pudore, arrivando a dichiarare che non bisognava esitare di uccidere i propri avversari e, letteralmente, che ad un buon conservatore si può destinare una buona pallottola, per un buon tumulo; ed è proprio questo istituto universitario che riceveva i proventi stanziati per la mancata manutenzione del museo archeologico in cui si conservava il più importante acervo storico del Paese; la sua gestione, senza seguire alcun criterio tecnico, era stata assegnata politicamente, ai compagni comunisti del PSOL – nel quale aveva militato per sette anni anche Adélio Bispo de Oliveira – l’attentatore di Bolsonaro prontamente difeso da ben quatto legali che si muovono per il Brasile in aerei personali… Pagati da chi? Silenzio tombale… Questo partito, parte della Sinistra più radicale, fra l’altro, è stato fondato da niente meno che dal terrorista italiano Achille Lollo; eppure, sulla pessima gestione del museo, sul destino dei fondi di conservazione e conseguente distruzione del suo preziosissimo patrimonio, nessun giornalista si è scomodato a denunciare lo scandalo…
Invece, per gli incendi che sono sempre esistiti, inizia un’inaudita e vergognosa campagna alla quale si aggrega l’opportunista Presidente francese Macron che, piuttosto di occuparsi dei numerosi problemi francesi interni e personali che affronta in Francia e non solo, non gli basta immischiarsi nelle faccende interne italiane e della guerra civile in Libia, seminata dal suo degno predecessore Sarkozy – analogamente, falso liberale – ma coglie l’occasione per fare il lobbista dei suoi agricoltori, mettendo in dubbio l’unità del Brasile e la sovranità dei Paesi amazzonici…
Sappiamo bene come, per sostenere nell’agricoltura 2% della Popolazione europea, dove, invece di incoraggiare l’innovazione delle moderne tecniche che la scienza ha sviluppato e che sono ormai ampiamente applicate negli altri continenti, si distribuiscono sussidi che 98% degli Europei restanti sono indotti a pagare, dovendo acquistare carne, latte, zucchero, cereali e rispettivi derivati ecc. ecc. a prezzi più elevati ecc. E, se non bastasse, con ciò, si pratica oltretutto la più sleale concorrenza a Popoli africani, con maggiore vocazione a comuni coltivazioni e pastorizia, quando in Europa, il valore di quelle stesse sovvenzioni potrebbe essere destinato alla ricerca, all’innovazione di una moderna agricoltura più produttiva, alla creazione di nuovi prodotti agricoli, molto più moderni.
Ma ecco che gli accordi fra’ “Unione Burocratica Europea” ed il MERCOSUL – costituito da Brasile, Argentina, Uruguay, Bolivia e Paraguay – tentati per anni dai presidenti della Sinistra moderata fino a quella estrema di Lula/Dilma, senza successo, ora, è finalmente riuscito al governo di Bolsonaro; infatti, gli accordi per un maggiore libero scambio, sono appena stati sottoscritti, creando dolori di testa ai paysans francesi, anche se da un lato privilegia le industrie più tecnologiche europee, dall’altro, mette in severo imbarazzo i meno produttivi agricoltori del vecchio continente. Del resto, il loro timore è comprensibile, non c’è da sorprendersi se si considera che in Brasile con l’inverno molto più mite e limitato al Sud, nel resto del Paese si possono ottenere fino a 3-4 raccolti durante tutto l’anno; eppure, il Brasile esporta meno frutta del Cile o della Costa Rica e Bolsonaro vuole rimediare a tale passiva limitazione, ciò che toglie il sonno ai produttori di quasi tutta l’Europa e Macron, ha quindi utili ragioni per reagire e si affretta subito a sposare la causa dei suoi coltivatori agricoli. Pertanto, niente di meglio di un utile artificiale scandalo di incendi da usare come pretesto e mostrarsi attivo pompiere, accusando il presidente Bolsonaro di essere il Nerone dei tropici, mentre in realtà il vero piromane è proprio lui; non per niente, mette in pratica un tentativo di incendiare la politica di tutto il Sudamerica, dichiarando che “sta bruciando la nostra casa” e che l’Amazzonia dev’essere internazionalizzata, poiché la sovranità del Brasile su quel territorio dev’essere limitata e relativizzata. Non è una dichiarazione di guerra, ma poco ci manca!
In fondo, non è nemmeno una novità; come abbiamo visto, si tratta di una tesi già difesa da decenni dai più diversi importanti politici mondiali della Sinistra che usano l’espediente della salvaguardia degli alberi per preparare il terreno fertile a ipotetiche autonomie da garantire agli indigeni, con i quali, magari è più facile negoziare… Infatti, non è per coincidenza che da allora continua una lenta ma continua capillare penetrazione di soggetti finanziati da organizzazioni politiche, ma anche da potenti società internazionali private, che inviano attivisti sovente travestiti da antropologi, biologi, ambientalisti, religiosi, infiltrati mediante ONG di cui in tutto il Brasile se ne contano centinaia di migliaia, distribuite, in un territorio di 8,5 milioni di chilometri quadrati (28 volte il territorio italiano), di cui 40% sperse solo nell’Amazzonia brasiliana, dove si perdono e si confondono, in mezzo alle Popolazioni autoctone da indottrinare. E non ci sono solo queste che svolgono in apparenza attività pacifiche; infatti, nella selva colombiana, per esempio, fino a qualche tempo fa, c’era un vero esercito armato – che in parte si è integrato alla politica -, quello delle FARC che alimentava la guerriglia insieme ai narcotrafficanti, ora parzialmente emigrati nel vicino Venezuela.
Ma i tempi sono cambiati; infatti, tanto in Perù, come in Colombia e Brasile – ma anche in Paraguay e Cile – i governi di Sinistra sono stati sostituiti dalla Destra, mentre il cosiddetto Socialismo del XXI Secolo si prestava al malizioso gioco. Solo in Brasile l’M.S.T. – Movimento dei Senza Terra – preparava 100.000 innocenti scolaretti alla militanza nelle loro scuole finanziate con fondi dei governi neo-collettivisti; al posto dell’inno brasiliano, imparavano a cantare l’inno dell’internazionale socialista… Per fortuna, ormai il vento si è girato ed i neo eletti non nascondono più il fatto che tali attività sono incompatibili con la preservazione dell’unità e delle rispettive integrità nazionali di questi Paesi amazzonici.
In Brasile, ora, i generali chiamati ad integrare il ministero del nuovo governo, non fanno più mistero dell’esistenza di un piano in connubio perfino con l’ONU e l’UNESCO che sfrutta parte di questi agenti stranieri introdotti per l’indottrinamento degli indigeni, ai quali insegnano l’inglese, finanziando studi all’estero, per farli rientrare come militanti; basti pensare a ciò che si è già prodotto in Messico nello stato di Chiapas…
Così, in tale contesto, sfruttare l’opportuna onda degli incendi che tradizionalmente si intensificano durante i mesi di siccità – fra luglio e settembre -, soprattutto, all’esterno od al massimo ai margini della selva – perché la foresta stessa è troppo umida per bruciare -, dove specialmente i piccoli proprietari ed altri invasori illegali ricorrono all’arcaico metodo per ripulire i loro campi e pascoli, appiccando fuoco alle sterpaglie e preparare i terreni per la nuova stagione. Il metodo, fino ad un secolo fa, non era estraneo nemmeno in Europa; oggi non si pratica più; ma è ancora molto diffuso anche in Africa. Ed ecco che gli interessati, i detrattori del nuovo governo brasiliano, esagerano in maniera ostentata la dimensione e l’estensione di tali incendi. Perciò al coro degli isterici interessati che genera un assurdo panico all’estero, si aggiungono i veicoli mediatici a fare da cassa di risonanza per diffondere il presunto scandalo. È una reazione alle misure che Bolsonaro ha introdotto, a favore di un rigoroso e concreto risparmio da parte del suo governo, scelte che non colpiscono solo giornali, riviste, TV, ma anche gli intransigenti militanti sindacalisti, con i finanziamenti ad organizzazioni che invadevano le proprietà, rubando bestiame e distruggendo macchinari, senza che i governi di Lula/Dilma agissero in favore della legalità; anzi, lo stesso Lula, a suo tempo, aveva minacciato di convocare l’esercito di Stedile – il capo dell’M.S.T. (Movimento dei Senza Terra) -, se il senato avesse osato destituire la sua prediletta ex terrorista. Mentre una miriade di ONG – disseminate un po’ ovunque anche all’interno della selva amazzonica -, “cavano” nel senso inteso da Lenin, con poco chiare funzioni che nessuno controlla. Dunque, non è legittimo chiedersi quali siano di fatto e concretamente i veri interessi che si celano dietro alle loro reali attività che da anni erano ambiguamente sostenute dai governi precedenti?
È davvero tutta una strana coincidenza il fatto che appena le necessarie misure economiche restrittive, entrando in vigore, imposte dal governo e che riguardano pure le ONG, per una drastica riduzione ai loro poco giustificati finanziamenti, lo scandalo viene ampliato e spifferato e diffuso ai quattro venti in tutte le direzioni, mentre gli incendi, in modo del tutto insolito, sembrano aumentare di intensità, o almeno così suona la narrativa di chi accende l’allarme, in quella che il bravo osservatore politico brasiliano Caio Coppolla definisce disseminazione che riverbera socialmente…
Ebbene, quando cominciano a mancare quei fondi, è del tutto naturale che i soggetti colpiti reagiscano; infatti, i finanziamenti, in tutte le loro forme – nella politica sono vitali. Del resto, è utile ricordare che, per meglio capire come il potere politico ha tanto bisogno del connubio di quei propizi veicoli capaci di alimentare la propria propaganda favorevole, con la sott’intesa finalità di influenzare e dominare l’opinione pubblica, la quale è necessario che si mantenuta docile, è più che opportuna la lettura di alcuni saggi come LES FINANCES DU P.C.F. di Jean Montaldo:
https://www.ibs.it/les-finances-du-p-c-libri-vintage-jean-montaldo/e/5000000126111
oppure, per rimanere in Italia, L’ORO DI MOSCA di Gianni Cervetti oggetto di una mia stessa recensione su questo sito e meglio ancora il voluminoso ORO DA MOSCA di Vittorio Riva, dove si apprende che fin dagli albori della Rivoluzione Russa, lo stesso Lenin assoldava giornalisti, letterati, artisti ed affini, distribuendo loro i gioielli ed il denaro del tesoro tolto alla monarchia degli Zar. Il metodo è andato avanti durante tutta la durata del regime sovietico quando Mosca finanziava eventi, manifestazioni, rivolte ma anche mostre ecc. ecc., pratica che in Brasile è stato applicata con grande intensità durante le amministrazioni del recente passato. Del resto, fa parte della strategia dei collettivisti, teorizzata dall’amato grande idealista teorico italiano Antonio Gramsci, che aveva sempre sostenuto la superiorità della “rivoluzione pacifica” nei confronti di quella armata e delle barricate: E come già osservato, raccomandava proprio il metodo leninista di occupare le posizioni più strategiche: scuole, teatri, società e direttori cinematografici, cooperative, tipografie, case editrici, centri di diffusione e perfino ricercatori scientifici ecc.
Bolsonaro, con le casse della finanza ormai vuote, ma anche per una questione di principio, appena assunta la presidenza, non ha potuto fare a meno di tagliare i finanziamenti proprio a quelle categorie indottrinate. Allora, insorge buona parte di quell’intellettualità alla quale, negli anni ’60, lo stesso grande liberale Raymond Aron aveva dedicato il saggio ancor oggi attualissimo e dall’eloquente titolo L’OPPIO DEGLI INTELLETTUALI – pure questo da me recensito in queste pagine. Non a caso, anche in Brasile, i soliti sinistri mancini, avevano elaborato una legge specifica su misura – legge Rouanet -, che serviva appunto per finanziare, o meglio arruolare artisti, personaggi ed entità di ogni categoria, destinando loro lauti valori per i rispettivi progetti, mostre, film ed eventi che si supponevano artistici o culturali e che, in non pochi casi, sfioravano il grottesco ed alimentavano perfino certe scandalose forme di pornografia ed altrettanto sovente, non valevano assolutamente niente; ragione per cui, anche quella indottrinata solidarietà meritava essere ridimensionata.
Oggi, però, molti finanziamenti alle ONG, ad entità altamente politicizzate, a veicoli mediatici, ad artisti provengono da alcune poco dissimulate fondazioni mantenute da noti miliardari, anche della finanza internazionale che, manipolando la diffusione di false e spesso pessime prospettive, riescono a minare l’immagine dell’economia di certi governi, e mettono in crisi le rispettive borse; allora, molti investimenti si riversano su altri mercati, mentre questi stessi poco etici investitori che stanno dietro alle “generose” fondazioni, speculano acquistando titoli in ribasso, al minor costo per poi rivenderli, non appena le rispettive economie si riprendono e con ciò, condizionano anche le parità monetarie, com’è avvenuto a suo tempo con la stessa Italia, il Giappone, Messico, Tailandia ecc. ecc., ottenendo elevatissimi risultati lucrativi.
E con ciò, si alimenta la guerra di giornalisti, TV, emittenti radiofoniche, artisti, ONG, politicanti, ambientalisti, sindacalisti e perfino religiosi cattolici come della Teologia della Liberazione, alla quale anche l’attuale papa socialista, con i suoi pronunciamenti inconvenienti, non è affatto estraneo. Nel caso della drammatizzazione del caso amazzonico, hanno scatenato una fortissima, quanto sordida campagna di distruzione della reputazione del presidente Bolsonaro che fin dall’inizio si è sempre dichiarato come ostinato conservatore, difensore dell’etica, dei principi morali e religiosi, a favore della tradizionale famiglia formata da padre e madre che educano i propri figli, senza nascondere che la su preferenza andava agli investimenti delle scuole basiche invece di elargire fondi agli istituti universitari, dove di solito vi si formano soprattutto militanti invece di professionisti ed un enorme numero di analfabeti funzionali, incapaci di interpretare testi anche elementari. Inoltre. da sempre, era ed è diametralmente contrario all’ideologia di genere che contumaci sinistri mancini avevano cominciato ad introdurre nelle scuole elementari brasiliane, con la palese finalità di limitare l’influenza e l’autorità dei genitori, essendo tale progetto pure fortemente incoraggiato dall’UNESCO come spiega il didattico saggio MACHIAVEL PEDAGOGIQUE dell’autore francese Pascal Bernardin.
Ed intanto, il nuovo governo brasiliano in meno di otto mesi comincia ad ottenere i primi risultati positivi: gli investimenti esteri e nazionali che dinanzi al pericolo che il Brasile emulasse il fallimentare modello venezuelano, da tempo erano congelati; infatti, le numerose banche straniere se n’erano andate e ne restava ancora una sola spagnola, semi pubblica. Ora, gli investimenti anche nazionali riprendono rapidamente, mentre il governo ha annunciato una serie di privatizzazioni; perfino la Cina ha aderito alle concessioni per la costruzione di ferrovie, che in Brasile sono quasi inesistenti; la ripresa dell’economia diventa concretamente tangibile; agli indici positivi si aggiunge l’inflazione più bassa degli ultimi trent’anni; oltre 450.000 nuove assunzioni ufficiali da parte del settore privato solo negli ultimi sette mesi; evidente diminuzione della criminalità con 20% di omicidi in meno. Il ministro Sérgio Moro ha fatto approvare il decreto per l’applicazione dei beni espropriati alla criminalità – fermi da decenni -, da usare nella lotta contro il traffico di draga e di armi, per il recupero dei dipendenti tossici e costruzioni di istituti di detenzione più sicuri e più umani; la gente si accorge del cambiamento; perfino i militari sono stati chiamati a continuare le opere civili interrotte, come la costruzione di strade da ricostruire dopo che erano state lasciate alla deriva. Ma tutto ciò non aggrada gli oppositori; ragione per cui, i detrattori hanno tutti i motivi di preoccuparsi, avendo bisogno di un fatto nuovo di grande effetto per neutralizzare il buon lavoro che potrebbe far rieleggere il tanto odiato presidente Bolsonaro.
Quindi, ecco che, a buon proposito, giungono gli incendi in Amazzonia, straordinaria trovata capace di agire emozionalmente, in modo particolare fra i soliti agguerriti militanti ambientalisti, i quali già abili a diffondere il presunto pericolo del riscaldamento globale – che è sempre esistito -, insieme alla leggenda dell’Ossido di Carbonio che secondo l’astrofisico Willie Soon – che nega veementemente l’apocalisse che gli indottrinati militanti annunciano – ricorda loro che l’unico effetto evidente del CO2 è che rende il Pianeta più verde. Tuttavia, intanto, le orde verdi ne approfittano per far immediatamente riverberare tutta una serie di falsità attorno l’Amazzonia, con cui la realtà importa molto meno del panico che si riesce a creare.
Lo stesso ricercatore Willie Soon punta il dito contro l’ambiguità di tutta una serie di scienziati che stanno al gioco equivoco, sfruttando il fenomeno del riscaldamento globale per farne una bandiera ambientalista del tutto ingannevole, ma ottenere stanziamenti pubblici e fondi da fondazioni beneficenti. Tuttavia, il panico alimentato dagli attivisti è prontamente bene accolto dai mezzi mediatici; ed in un’epoca in cui si vendono sempre meno giornali, giacché, le informazioni – vere e false – sono ormai liberamente reperibili su internet, dove la rete stessa le aggiorna o le sconfessa in tempo reale, mentre i giornali che annunciano sensazionalismi e scandali, magari in prima pagina, che eventualmente, solo il giorno seguente possono o dovrebbero smentire, perdono continuamente credibilità. Ma nel frattempo, titoli sublimati in prima pagina che allarmano i lettori, potendo tuttavia scommettere sugli incendi e sugli “imminenti” pericoli che il Pianeta correrebbe, costituiscono eccellenti ed utili argomenti che stimolano le loro vendite, proprio perché le notizie allarmanti hanno sempre ben maggior ripercussione e successo delle notizie positive.
Inoltre, molti ricercatori hanno tutto l’interesse ad alimentare certi miti e leggende a favore dell’isteria ecologica, perché con il timore che agisce a proprio favore, possono esigere dai politicanti fecondi stanziamenti che quelli cavalcano le stesse onde opportunisticamente. Così, ricevendo finanziamenti per le loro sovente equivoche e dubbie ricerche, affinché il flusso del denaro non si fermi, ostinandosi sulle inquietanti tesi, in qualche modo, non solo devono essere giustificarle, ma anche rafforzarle con ulteriori preoccupanti cervellotici dettagli tecnici, accessibili solo a chi è in grado di approfondirli, ma capaci produrre ulteriore timore, impressionando gli ingenui e distratti creduloni, ai quali i distinti governanti e fondazioni possono utilmente mostrarsi solerti e che servono pure ai propri tornaconti ed alle loro carriere, sia politiche che accademiche.
A questo proposito l’autore francese di CHRONIQUES D’UN MONDE ECOFANTASMÉ: 20 Ans d’Immersion dans la Vague Verte, Michel Negynas, molto critico nei confronti del GIEC – IPCC nella versione dell’inglese, gruppo di esperti intergovernativi sull’evoluzione del clima -, osserva che ormai anche la credibilità del rapporto pubblicato da questo organo delle Nazioni Unite è molto relativa; infatti, è talmente astruso da leggere che alla fine non lo legge nessuno e ciò per la fortuna della propria reputazione dell’organo stesso… Fra l’altro, l’autore aggiunge giustamente che l’indicatore scelto, dell’anomalia di temperatura media sulla superficie del globo, è puramente mediatica, priva di sostanza scientifica, impossibile da misurare ed ancor meno da determinarne la rispettiva evoluzione passata ed ancor meno da predire in modo sicuro. Ed ecco che l’aumento di 1,5°C nell’era industriale ed un futuro infinito ecc. è puramente politico. Del resto, anche la favola iniziata con tesi di Zakharov sull’inverno nucleare e poi sull’estate nucleare, puntualmente confutate da scienziati più credibili ed onesti, non sono più avallate come lo sono state in passato.
E per tornare agli incendi, tutti sappiamo che essi si intensificano durante i periodi di siccità; avviene in Italia, in Grecia, in Portogallo, in California ma attualmente in modo ancora più drammatico, in Angola, in Congo, in Siberia, in Alaska e perfino in Groenlandia; ma i media sembrano non accorgersene e si preferisce sparare a zero sul Brasile per colpire il governo liberale e, dunque di Destra, nonostante nella stessa Amazzonia, il foco d’incendio di maggiore intensità, si trovi fuori dai confini brasiliani, in Bolivia, dove, guarda al caso, c’è un governo di Sinistra – che i soliti noti – in sfacciata connivenza sono sempre ben disposti a preservare. Eppure, in Bolivia c’è un presidente che stimola davvero la deforestazione come fa notare l’Ing. francese Jeff Belmont in un articolo dall’eloquente titolo INCENDI IN AMAZZONIA: E SE SI PARLASSE DELLA BOLIVIA? pubblicato sulla pagina WEB di CONTREPOINTS:
Ma in Bolivia non c’è un conservatore come Bolsonaro che si è convertito alla politica liberale del suo super ministro Paulo Guedes – della Scuola di Chicago -, c’è Evo Morales un “bravo” presidente socialista che “democraticamente”, insiste a ripresentarsi come candidato alla presidenza per la 4ª rielezione, contraddicendo lo stesso referendum che glielo aveva negato…
Del resto, a contraddire giornalisti che non hanno mai messo i piedi in Brasile e molto meno in Amazzonia, ci sono numerosi specialisti che, più onestamente dichiarano come gli incendi che si sono registrati in passato, durante i governi precedenti – di Sinistra, aggiungo io -, erano addirittura molto più gravi; infatti, fra le voci di innegabile attendibilità si possono citare Dan Nepstad dell’EARTH INNOVATION INSTITUTE che ha trascorso trent’anni in Amazzonia; Yadvinder Malhi, professore ordinario dell’Ecosystem Science presso l’Università di Oxford e Michael Schellenberger, autore di saggi sulle politiche ambientali, dunque, personaggi che negano pure l’esagerata affermazione che l’Amazzonia sarebbe il polmone del Pianeta; Schellenberger in modo speciale – ma non solo lui -, sostiene come l’ossigeno che l’Amazzonia produce viene quasi tutto consumato dalla vegetazione stessa e che solo dall’1% al 6% restante sarebbe ceduto all’atmosfera. Infatti, è più che risaputo che il grande volume dell’ossigeno proviene dagli oceani – che coprono 2/3 della superficie terrestre – i quali cedono all’atmosfera circa il 50% fino all’85% dell’ossigeno della Terra.
Però, alla farsa messa in scena – con il contributo di tutta una serie di personaggi estranei alla scienza -, che all’ombra di dati concreti, completamente ignari che 80% dell’Amazzonia è ancora preservata e protetta; ed ecco che celebrità di mezzo mondo si espongono – al ridicolo -, dichiarando che la foresta amazzonica sarebbe seriamente minacciata; e con la stessa buffonata, si esibiscono anche artisti che vivono a Hollywood ed indossatrici e cantanti che sfilano su passerelle e palchi, astri come Madonna, Gisele Bündchen, Cristiano Ronaldo o Leonardi DiCaprio che, magari abitando nelle loro lussuose mansioni a Beverly Hills od a West Palm Beach, non avendo alcun titolo minimamente degno di credito per parlare di ambiente o di clima, si associano alla campagna e danno un precario quanto esiziale contributo ad aumentare la confusione nella mente degli impreparati, aiutando ad impressionare il pubblico ignaro, creano un inutile e dannoso panico, responsabilizzando nel modo più banale il poco amato Bolsonaro per questi incendi che non costituiscono in nessun modo una novità. Tuttavia, la realtà avrà la meglio e tutti questi attivisti di turno stanno per essere smascherati, infatti, sono i soliti aspiranti profeti – del pessimismo rivelato – che da decenni annunciano la distruzione della selva amazzonica e l’estinzione delle rispettive specie. Eppure, la foresta continua lì, mentre stando ai loro allarmismi, come quello del buon Paul Ehrlich, autore della famosa THE POPULATION BOMB (La Bomba Demografica) che al preteso indovino di piantone è costata la scommessa persa con Julian Simon, l’apocalisse non si è ancora realizzata, come egli aveva predetto; ed in totale contraddizione di quanto scrive anche il francese socialista Thomas Piketty – che ora sostiene addirittura che le disuguaglianze non sono naturali [SIC] -, il mondo e le condizioni di vita di un sempre maggior numero di abitanti del Pianeta, migliorate e continuano a migliorare.
E per parlare della Francia, qualcuno dovrebbe far osservare al proprio poco diplomatico Presidente che l’epoca del colonialismo è finita negli anni ’60; inoltre e per fortuna dei Francesi, conviene ricordare come nemmeno in quel Paese manca chi ragiona con il cervello e non la pensa affatto allo stesso inconcepibile modo di certi soggetti, come per esempio, l’ambiguo presidente Macron che, per giustificare le sue disastrose quanto irresponsabili dichiarazioni, in maniera oltremodo creative e sconclusionate, arriva al punto di diffondere addirittura una vecchia foto di un incendio della selva amazzonica degli anni ’90, scattata da niente meno che Lorry McGrant della National Geographic, il quale figura di essere passato all’altro mondo già nel 2003, ovvero ben 16 anni fa… Ed infatti, vediamo cosa si apprende dal blog liberale francese CONTREPOINT (Contrappunto) e specificamente dal seguente articolo:
“L’avalanche d’articles, de photos et d’avis de personnalités de tous horizons sur les incendies qui ravagent l’Amazonie constitue une illustration parfaite du sale boulot de manipulation de l’opinion publique exercée par les médias, et porteur de l’amalgame trompeur diffusé jour après jour entre protection de l’environnement et réchauffement climatique.”
La valanga di articoli, di foto e di pareri di personalità di ogni orizzonte sugli incendi che devastano l’Amazzonia costituisce un’illustrazione perfetta dello sporco lavoro di manipolazione dell’opinione pubblica esercitata dai media, e messaggero dell’amalgama fallace diffuso giorno dopo giorno fra protezione dell’ambiente e riscaldamento climatico.
Pertanto, i Brasiliani hanno tutte le ragioni di sentirsi accusare ingiustamente ed affermano di buon proposito che 2/3 – circa 66% – del territorio brasiliano è coperto dalla vegetazione nativa molto bene preservata, mentre in Europa i boschi sono infinitamente limitati, per cui gli Europei non hanno alcun diritto per criticare come in Brasile viene gestita la natura; infatti, se nel Vecchio Continente fossero davvero preoccupati con gli alberi del Pianeta, potrebbero loro stessi ripiantare i boschi che nel corso dei secoli hanno distrutto e non solo dalle loro parti, ma come hanno continuato a fare in Africa, per esempio. Inoltre, con eccezione della Francia, in Europa l’energia proviene da centrali termoelettriche, soprattutto la Germania che per alimentare le sue ricche potenti industrie, brucia il suo carbone, mentre in Brasile – ottavo Paese industrializzato al mondo – si ricorre quasi esclusivamente ad energia rinnovabile. Ed a proposito della Germania della Signora Angela Merkel, leggo su LINKIESTA del 6 settembre che, secondo Chiara Colangelo, la quale religiosamente insiste con la solita ossessione sull’eterno ed interminabile logorato noiosissimo argomento, tanto sfruttato dai legionari verdi che non cessano di attribuire il naturale fenomeno del riscaldamento globale, a causa dell’azione umana, che il colosso dell’energia elettrica tedesco, per aumentare l’impianto termoelettrico – a carbone – della Rheinisch-Westafälisches Elektrizitätswerk (RWE) a Garzweiler, in Germania da 47 anni continuano a disboscare la loro foresta; proprio loro che ne hanno tanta…
Quanto alla Francia di Macron, merita un paragrafo a parte anche se, contaminando meno con le sue centrali nucleari, è vero, perché non osservare che i Francesi non sono assolutamente illibati; infatti, dopo aver prodotto ben 193 esplosioni nucleari in Polinesia – e sappiamo in quali condizioni -, oggi costituiscono anche il Paese che maggiormente contamina, con i loro rifiuti, le acque del Mediterraneo; infatti, si è accertato che in certi casi, i pescatori, su 80 kg pescati trovano nelle reti ben 20 kg di plastica. Dunque, dove rimangono le responsabilità più gravi?
Anche le solite affermazioni secondo le quali le gigantesche piantagioni di soia, di canna da zucchero, di mais, di caffè, i pascoli per l’estensivo allevamento di bovini da carne distruggerebbero le aree naturali, bisognerebbe tener presente dati concreti ignorati dagli Europei: in Brasile, negli ultimi anni, i pascoli, grazie alle nuove tecniche, sono stati ridotti del 25%, mentre la produzione dell’eccellente carne è aumentata di ben 120%. E conviene osservare come il Paese produce alimenti per una buona parte della Popolazione mondiale e che se i suoi prodotti risultano pure così competitivi, questo permette di sfamare una buona parte della Popolazione del mondo meno ricca a costi inferiori, e questo per la competenza degli operatori del settore, alla loro capacità anche tecnica di saper fare buon uso del proprio suolo fertile ed è assolutamente improprio che Macron cerchi di confondere il suo pubblico, creando egli stesso grandi nuvole di fumo, con il mal celato obiettivo di ricorrere nuovamente al protezionismo a favore dei suoi agricoltori.
Ed in questo deleterio gioco equivoco entra anche l’ipocrisia della Norvegia che oltre ad esplorare petrolio in zone critiche nel Mare del Nord, non fa niente per preservare la sopravvivenza delle balene che possono essere cacciate legalmente; e, se non bastasse, il governo norvegese che osa criticare Bolsonaro ha una partecipazione nella multinazionale società mineraria HYDRA ALUNORTE, il più grande produttore di alluminio al mondo (fuori dalla Cina) che sfruttando i giacimenti di bauxite brasiliani, in questi ultimi anni, è stata beccata contaminando l’ambiente ed la governante norvegese Era Solberg viene a fare la predica a chi si trova al governo in Brasile da otto mesi? E sulla difesa della natura, è conveniente aggiungere che, mentre in tutta l’Europa la caccia è permessa, in Brasile, solo nel Sud, dove da tre generazioni vivono gli oriundi italiani e tedeschi, certe limitate forme di caccia sono legali. Nel resto del Paese sono severamente proibite.
In realtà, tutto questo fantasioso quanto malizioso scandalo mira unicamente ad indebolire il nuovo governo brasiliano che ha effettivamente piani molto seri per cambiare la strada seguita dai socialisti corrotti; in primo luogo, con la determinazione di difendere la sovranità brasiliana sui suoi territori amazzonici, ed in secondo piano, integrare le comunità indigene, dando loro l’opportunità di produrre benessere, sfruttando pure loro le gigantesche ricchezze celate in quella gigantesca zona e che tanto appetito fanno a Paesi che da molti anni, vorrebbero privare i Brasiliani del suolo che occupano fin dall’arrivo dei Portoghesi. Attualmente, agli indigeni non è consentito di praticare attività produttive; potrebbero benissimo sfruttare razionalmente ed in modo sostenibile non solo le ricchezze minerarie, ma dedicarsi anche a piccoli allevamenti, od anche alla pescicoltura, alla produzione agricola artigianale, senza compromettere la natura, smerciando la frutta tropicale che cresce spontaneamente nel suo ambiente, organizzando un turismo di élite. E, per poter dare tale opportunità alla loro nuova generazione, hanno bisogno di scuole, energia elettrica, impianti igienici, strutture per la sanità e comunicazione (strade ecc.). Non è ciò che le ONG, invece, pretendono, entità in parte a servizio di grandi gruppi stranieri che le mantengono e che si oppongono a tale emancipazione. Pertanto, cosa si cela dietro l’ostinazione di mantenere queste comunità segregate in stato primitivo come raccoglitori, cacciatori, più facili da manovrare e da indottrinare?
Ciò che avviene nella selva amazzonica, fuori dai confini brasiliani è già più che noto: in Colombia da decenni, resiste la guerriglia condotta dalle FARC – Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane –, che in parte si finanziano con il narcotraffico, ma ricevono aiuti dai distinti governi della nuova Sinistra e da entità straniere che forniscono le armi ai guerriglieri che ora, con il beneplacito del governo di Nicolás Maduro, sotto la guida di Iván Márquez insieme a Jesús Santrich e l’ex mercenario – di Pablo Escobar a Mendellín – Dario Velásquez si sono uniti nell’ENL (Esercito di Liberazione Nazionale) – che non accetta gli accordi raggiunti con il governo colombiano ed agiscono anche nella selva venezuelana; non c’è, quindi da meravigliarsi se i dirigenti delle FARC sono ugualmente membri del FORO DI SAN PAOLO, conferenza fondata da Fidel Castro e Lula in seguito alla caduta del Muro di Berlino e del fallimento dell’Unione Sovietica, con la chiara finalità di resuscitare il collettivismo, costituendo l’Unione Socialista Latino-Americana della quale fanno parte i più importanti dirigenti politici della Sinistra latinoamericana.
Quindi, per concludere, qui si spiega bene come mai la reazione di tanta gente – specialmente d’inclinazione mancina o con interessi oscuri – nei confronti degli incendi abbia principalmente focalizzato la selva brasiliana, senza nemmeno alludere alla Bolivia od agli scempi che si commettono nella parte amazzonica del Venezuela, e senza che si faccia cenno agli incendi che divampano nelle foreste in Africa, in Asia, in Oceania ecc..
Ma pare che, nel frattempo, qualcuno si sia già accordo delle spregiudicate intenzioni che si celano dietro a tanto ambiguo allarme; del resto, qualcuno aveva dato già malignamente iniziato ad accusare fin dai tempi dell’elezione di Bolsonaro: basterebbe leggere i tendenziosi articoli di giornalisti come Rocco Cotroneo, Monica Ricci Sargentini, Chiara Severgnini, alla quale ho qui dedicato una lettera aperta ed ora anche Irene Soave e Massimiliano Jattoni Dall’Asén tutti del CORRIERONE (che non è certo più quello di altri tempi); ma a questi si possono aggiungere alcuni autori del giornale elettronico LINKIESTA come Lorenzo Marsili e Flavia Perina che scrive che l’Amazzonia non è di Bolsonaro… ciò che è anche assolutamente vero; peccato che aggiunga addirittura che è di tutti [SIC], senza specificare, più onestamente di tutti i Paesi Sudamericani – Brasile, Colombia, Perù, Venezuela, Ecuador, Bolivia, Guyana, Guyana Francese e Suriname – che hanno il rispettivo legittimo dominio, occupando quei territori da quando gli Europei hanno colonizzato il Continente…
Insomma, siamo dinanzi ad un’autentica farsa che ha creato un’onda di isteria collettiva, di una dimensione assolutamente grottesca; fra il 1945 e 1975 si parlava di raffreddamento globale, predicendo una nuova era glaciale; ora, è la volta del riscaldamento globale, in cui i veicoli mediatici – con scarsa responsabilità e senza il minimo pudore – danno credito a qualsiasi sensazionale diceria, presentando in prima pagina perfino le sciocchezze di un’ingenua indottrinata ragazzina scandinava, manipolata dagli stessi genitori, fanatici militanti ambientalisti. Ed in un gioco pirotecnico orchestrato dai seguaci della nuova religione verde, con palesi finalità politiche, grida allo scandalo, annunciando l’ennesima distruzione delle foreste del cosiddetto “polmone del Pianeta”. E questa favola va avanti da oltre mezzo secolo, mentre l’Amazzonia è in grandissima parte ancora lì, protetta, senza che corra alcun pericoloso se non quello di interventi oscuri come quello di Macron…
Per fortuna, in difesa della reale situazione in Brasile, si pronunciano anche altre fonti più serie ed oneste, che si riferiscono a dati osservati anche dalla NASA con cui si scagiona l’attuale governo e si smentiscono i suoi impenitenti detrattori, come si apprende dal seguente Link capace di rimettere un po’ di ordine nella questione:
https://www.youtube.com/watch?v=GNtH7Uz2New
L’annunciata apocalissi, quindi, può aspettare…
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