Quando i militanti cooptano le scolaresche.

Da quando il naufragio del collettivismo si è definitivamente concretizzato, affondando il modello politico adottato dall’Unione Sovietica, imposto anche ai suoi  poco accondiscendenti “satelliti”, finendo fatalmente in quegli abissi dai più tragici ricordi della storia dell’umanità, ai suoi orfani, non è rimasta altra scelta se non quella di cercare altre, fra le più diverse strade, pur di sperimentare nuovi espedienti, nel disperato tentativo di salvare ciò che resta della propria dottrinaria e dogmatica ideologia, sperando eventualmente, di ritrovare le forze capaci di contrastare l’ormai commemorato successo del tanto disprezzato Capitalismo.

Alcuni dei superstiti del collettivismo, adattandosi alla nuova realtà, si sono affrettati a togliere il nome di “Comunismo”  dalle proprie sigle; altri pochi ostinati nostalgici dissidenti, pur di non piegarsi al fallimentare destino, hanno rifondato nuovi partiti ancora testardamente ed in maniera ostentata ispirati al Marxismo; altri hanno deciso di seguire le vie dello statalismo meno radicale, ma pur sempre concepito nell’ambito dell’ortodossia di Keynes, che affida le proprie speranze alla guida di un potere interventista più o meno mimetizzato, ma pur sempre centralizzato; altri più pragmatici si sono adeguatamente convertiti al vincente mercato aperto del Liberalismo; ma altri ancora, più tenaci convinti avversari del Capitalismo, pur ammainando la bandiera rossa con la falce e martello, si sono rifugiati in quella che, con tutti i suoi dogmi, sembra assumere vesti di una forma di religione.

Così, saliti sul battello di salvataggio dell’ambientalismo dogmatico, gli avversari delle libertà individuali, nemici dell’innovazione e della modernità, hanno pensato bene di allearsi a quelle forze già attive fondate dai militanti della nuova fede ecologica, integrata appunto da coloro che nelle loro certezze, inneggiano ad un Pianeta verde – che in realtà per due terzi è azzurro – e già combattevano una specie di crociata ideologica, contro il crescente progresso tecnologico ed il benessere economico in franca espansione.

E questa contraddizione – sul colore del Pianeta – ci è stata utilmente fatta notare dall’ex presidente ceco, Vadlav Klaus in uno straordinario libretto dal titolo PIANETA BLU, NON VERDE, in cui espone i numerosi paradossi che inducono i settari seguaci fondamentalisti a sfruttare qualsiasi pretesto per condannare i presunti e veri peccati di quello che il grande liberale della Scuola Austriaca Ludwig von Mises ha giustamente definito l’Ordine spontaneo del libero mercato o della Società Aperta secondo Karl Popper. Spontaneo e libero perché oriundo e regolato unicamente dalle libere scelte fatte dall’universo degli individui che hanno tutto il diritto di cercar di soddisfare le proprie preferenze, piuttosto di rassegnarsi a quanto i politicanti vorrebbero loro riservare; aperta perché la conoscenza non si esaurisce, penetrando nei tessuti della collettività, da ogni dove; infatti, la ricerca non può fermarsi e dinanzi alle incertezze è necessario evitare di chiudersi su se stessi, per essere sempre disposti e pronti ad affrontare l’eterno incerto avvenire.

Pertanto, nel contesto di un nuova era mondiale, esaurita la guerra fredda, fra i nostalgici dell’inglorioso passato, insoddisfatti, ancora sotto l’influenza della vecchia infausta dottrina ipocritamente egualitaria, sono nati alcuni movimenti dalle più distinte ispirazioni, creando le più eterogenee ed infelici appendici:

– delle femministe dalle bandiere viola le cui più impegnate sostenitrici sono solite ad esibirsi con i seni nudi segnati dai provocativi lemmi – e ci si potrebbe chiedere perché non anche sulle più sode natiche…

– poi, ci sono quelli dalle bandiere nere dell’anarchia aggressiva dei Black Blocks che per protestare contro le forze di sicurezza, contro le guerre ed il consumismo, organizzano battaglie urbane a base di armi bianche e di bombe Molotov e che con le spranghe od altri oggetti contundenti sfondano vetrine di negozi e banche, le cui colpe sono quelle di cercare soddisfare i bisogni e le aspirazioni dei cattivi consumatori;

– inoltre, ci sono i movimenti che agitano le proprie bandiere iridate in difesa del diritto di esprimere pubblicamente le proprie inclinazioni omosessuali, come se partecipassero a sfilate carnevalesche, esibiscono i propri corpi semi nudi, fantasiosamente decorati, esaltando il proprio orgoglio di essere diversi, perché hanno optato per la propria vocazione alla trasgressione di genere;

– oltre a questi, ci sono quelli dalle bandiere arancioni che, invocano il ritorno ad un confuso ed un po’ idillico passato ormai scaduto, bravi a criticare tutto e tutti, dando ascolto ai nuovi demagogici populisti strilloni, creativi nel linguaggio soprattutto per coniare nuovi slogan, ricorrendo alle tendenze delle strade e delle piazze, senza sapere concretamente come gestire il potere fra uno statalismo mascherato ed a favore di puerili politiche economiche autarchiche.

Ed in fine, fra tutti questi variegati gruppi – un po’ trasformisti ed un po’ rivoluzionari ed oltremodo conservatori – predominano quelli dalle bandiere verdi che ogni tanto fondano partiti, ottengono un certo successo, ma che in realtà, pur predicando un preteso sviluppo sostenibile, non hanno alcun programma a favore di un vero progresso economico capace di soddisfare quei cittadini che hanno tutto il sacrosanto diritto di non voler rinunciare ai propri lussi e molto meno alle proprie comodità e che non sono disposti a pagare più del necessario per godersi la conquistata vita moderna. Infatti, queste minoranze verdi con la loro ostilità al consumismo, preconizzano un loro nuovo Ordine che, secondo me, più che una aggiornamento, assomiglia piuttosto a quello di un lontano ed obsoleto Medio Evo: una vita, presumibilmente più naturale quanto austera.

È, appunto, ai verdi  che dedico queste mie osservazioni perché, sono i più numerosi e quelli che ottengono più ascolto da parte di chi meno riflette e meno si informa sulle loro insistenti, ma scarsamente dimostrabili teorie. Sì, perché a prescindere dalle critiche giustificate nei confronti di un certo inquinamento, predicano la drastica fine del consumismo, accusando gli economisti, i produttori e gli industriali di addirittura i responsabili dell’incipiente estinzione della vita sul Pianeta. Ora, è pur vero che, soprattutto all’inizio fino alla consolidazione della rivoluzione industriale ci sia stata una certa negligenza nonché indifferenza nei confronti della contaminazione dei fiumi e dell’atmosfera ecc.; tuttavia, con lo sviluppo, poco a poco, le tecniche si sono perfezionate ed oggi anche i consumi energetici, il riciclo dei materiali, almeno nei Paesi più industrializzati tendono a razionalizzarsi ed a lenti o grandi passi, si impara a mantenere sotto controllo certi eccessi od abusi.

Non per niente, attualmente, i Paesi che ho avuto modo di conoscere direttamente e che più subiscono la fama di inquinare, non sono i Paesi tipicamente capitalisti; ma, al contrario, sono quei Paesi che con un certo ritardo, rincorrono ai ripari degli anni persi, perseguono uno sviluppo accelerato, senza troppi riguardi per la Natura, quali la Cina, l’India e perfino il Viet Nam. Ciononostante, anche in questi Paesi si sta formando una certa coscienza che induce i rispettivi dirigenti politici ad emanare norme capaci di controllare e poco a poco ridurre l’inquinamento generato principalmente dalla generazione di energia, alimentata soprattutto da centrali termiche dell’abbondante carbone, ma non solo. Inoltre, le loro città sono spesso inquinate da una miriade veicoli che nei Paesi sviluppati non sono più così utilizzati: sono gli scooter a motori a due tempi, obsolete vetture di modelli più vecchi ad elevato consumo e senza dispositivi anti inquinanti che, effettivamente impestano l’aria di numerosi centri urbani, anche se in molte città, sono in aumento veicoli con motori a gas ed elettrici.

Per una questione di onestà  è giusto osservare come i Paesi che meno si preoccupavano con il rispetto all’ambiente e per la Natura, curiosamente, erano o sono proprio i Paesi a regime socialista; erano, appunto, i casi della propria Unione Sovietica, della Cina, dell’India di Indira Gandhi, della DDR (Germania Orientale) e così via, mentre con l’espansione economica avviata negli ultimi decenni, gli individui economicamente sempre più indipendenti in rapporto al potere politico centralizzato, è aumentata pure la consapevolezza da parte dei sudditi di quei regimi autoritari che, nella misura in cui tende a consolidarsi un certo spirito di cittadinanza, gli individui più preparati, possono dar voce alle proprie critiche contro l’indifferenza nei confronti del benessere ambientale. Tuttavia, a livello popolare, manca ancora una solida consapevolezza civica. Infatti, circolando per le loro strade, non è difficile vedere come la gente abbandona i propri rifiuti per le vie, per le piazze e ricorre ai fiumi per liberarsi di qualsiasi prodotto che non ha più alcuna utilità.

Nel mondo sviluppato, al contrario, fin dalle scuole basiche, si tende ad insegnare a rispettare l’ambiente fin da piccoli ed a non sprecare acqua, energia ecc. perché per un principio che è assolutamente caratteristico del Liberalismo, gli individui imparano ben presto che per una buona convivenza, le libertà di ogni individuo finiscono dove iniziano le libertà altrui e le strade o le piazze che nei regimi socialisti o poco istruiti, sono considerate di nessuno, nei Paesi a regime democratico con un minimo di educazione civica, appartengono alla collettività e come tali, devono essere rispettate.

La consapevolezza di essere cittadini membri responsabili di una collettività, è cosa piuttosto recente, infatti, l’autore svedese Johan Norberg, nel suo bellissimo saggio PROGRESSO –  recensito qui in questa stessa sede -, descrive come un tempo, la gente gettava i rifiuti – le proprie scorie incluse – semplicemente dalle finestra o dai propri balconi. Dunque, pratiche che nel mondo sviluppato, ormai non si conoscono più; anzi, in molti Paesi emancipati esistono già norme che regolano sempre di più il destino dei rifiuti con l’utile raccolta differenziata che permette oltretutto anche il riciclo di diverse materie; altri rifiuti biologicamente degradabili possono servire per generare energia.

Ciononostante, è proprio nei Paesi più emancipati che minoranze di militanti ambientalisti, sono più attivi, intolleranti e se la prendono con eccessivo rigore nei confronti della nostra attuale civiltà; ed un po’ sulla romantica falsariga del buon selvaggio idealizzato da Rousseau, vorrebbero che si tornasse ad una vita più “naturale”, in realtà più austera, per non dire primitiva, imponendo alla grande maggioranza una drastica limitazione dei – secondo loro – inutili consumi; come se alle minoranze competesse il diritto di imporre alla grande maggioranza la rinuncia ai più diversi utili vantaggi e comodità che la nostra moderna civiltà ha sviluppato, appunto, per la legittima soddisfazione del massimo numero degli individui. E sono proprio questi spesso intolleranti e fanatici militanti che si avvalgono di tesi che la stessa storia ha smentito in modo, inconfutabile.

Per rendere credibili le proprie affermazioni, si avvalgono delle teorie sostenute in passato da diversi loro idoli, fra i quali c’è il famoso sociologo britannico Malthus che, scrivendo il saggio sull’espansione demografica, aveva creduto di poter profetizzare il più catastrofico disastro, prevedendo – sempre secondo lo stesso – inevitabili miseria e carestie che, invece, non sono mai avvenute. Al contrario, la gente vive di più e si alimenta meglio e se ci sono eccessi, oggi, il problema è che ci si alimenta fin troppo: basta osservare come l’altezza media degli Italiani che fino un secolo fa erano piuttosto poveri e piccoli, oggi sono cresciuti sia in altezza che il larghezza… Ma, sappiamo com’è tipico dei socialisti quello di predire il futuro; infatti, è, appunto, a questo genere di retorica che i sinistri mancini sono soliti a ricorrere: inducono a credere per vedere, seguendo religiosamente i loro teorici progetti, per realizzare la società perfetta in un felice avvenire, i cui risultati, però, sono sempre e puntualmente rimandati ad un eterno domani. Perfino gli economisti di inclinazione socialista più moderata, come i britannici Ricardo Kaynes si erano ispirati alle tesi malthusiane.

Eppure, la realtà dovrebbe aver insegnato come, ancora una volta, la credibilità dei presunti profeti del pessimismo ha sofferto una serissima sconfitta perché, nonostante l’espansione demografica, – checché ne dica il loro nuovo beniamino Piquetty – non solo l’abbondanza è aumentata, ma i poveri di oggi, vivono più a lungo, in ambienti più sani, stanno meglio ed invece di patire la fame, mangiano di più e meglio dei ricchi di qualche secolo fa.

Ma per loro tutto questo non sembra far testo e si ostinano a criticare gli aspetti più banali della modernità capitalista, senza allo stesso tempo mettere sul piatto della bilancia, le rispettive straordinarie conquiste. Così, per poter imporre le loro soggettive concezioni si alleano anche alle altre aggregazioni della Sinistra indottrinata, ben come alle rispettive appendici burocratiche dove alcune fazioni piuttosto influenti, in un coro piuttosto stonato, a loro volta, vorrebbero perfino modificare costituzione dell’attuale società, eliminando quella tradizione consolidata nei millenni, fondata sulla salutare cellula della società che nasce dalla normale famiglia eterosessuale. Un modello in cui, si è formata una utile divisione dei compiti, dove alla madre non compete solo generare vita, ma di educare, formare e  trasmettere alla rispettiva prole principi etici, sulla base sentimentale nell’ambito della vita privata, mentre – salvo eccezioni – il padre tende a formare il carattere, agendo da tramite, fra la vita privata nei confronti della vita pubblica. Gli avversari di tale consolidata tradizione, al contrario, nella grottesca idea di creare il cosiddetto uomo nuovo vorrebbero neutralizzare tali vitali funzioni dei legittimi genitori, riducendoli a meri riproduttori biologici, delegando la formazione e l’educazione dei loro figli all’amorfa autorità del potere politico, libera da – secondo loro – dannosi sentimentalismi; e, se non bastasse, avanzano tesi secondo le quali non esisterebbe nemmeno un genero definito dalla stessa costituzione fisica, ma che il genere sarebbe unicamente definito dal condizionamento psicologico.

Insomma, gli orfani del collettivismo, nella speranza di recuperarsi dalla sconfitta subita sul piano economico, dall’Ordine Spontaneo,  pretendono sfruttare le frustrazioni e l’insoddisfazione di alcuni, con nuove teoriche dottrine, del tutto incompatibili con l’attuale concreta e pragmatica realtà, diffondendo dati assolutamente discutibili e sovente del tutto falsi, ricorrendo anche all’interpretazione di sommari o parziali dati scientifici – o presunti tali – a giustificazione delle proprie tesi. Ed in questo contesto, gioca un ruolo oltremodo importante quella che è diventata la nuova religione ecologica con i suoi dogmi e che qualcuno, in modo piuttosto eloquente, ha definito E-COMUNISMO.

In questa loro campagna, le tentano un po’ tutte ed abilmente hanno saputo cooptare una serie di simpatizzanti, specie fra i media che, entrati in crisi in seguito alla libera circolazione dell’informazione attraverso la rete di internet, perde ogni volta più aderenti e per mantenere attivo l’interesse degli stessi, hanno bisogno di notizie capaci di creare sempre nuove sensazioni. Naturalmente, le buone notizie, attraggono meno curiosità delle sensazionali informazioni catastrofiste ed allora, diventa utile diffondere, in modo quasi isterico, l’imminente distruzione della vita sul Pianeta ad opera dell’azione umana, secondo gli stessi, di presunta responsabilità del Capitalismo che, con il suo esagerato stimolo al consumismo, starebbe modificando addirittura il clima. Come se l’iniziativa degli individui potesse avere alcuna influenza sulle attività delle macchie solari che, invece sono notate anche su Marte, dove – fino a prova contraria – il Capitalismo non è ancora giunto…

Abbiamo già visto come le tesi malthusiane e neo-malthusiane relative alla futura scarsità, commentate nella mia ultima recensione del saggio di Johan Norberg –

https://liberalismowhig.com/2019/02/28/sviluppo-prosperita-e-benessere/#more-11546 –

sono state chiaramente smascherate non da una astratta retorica, ma dalla concreta realtà storica, al punto di non lasciare margini a possibili dubbi. Sull’ambientalismo, invece, la disputa è ancora aperta e le divergenze sono di diversa natura, senza si possa giungere ad un consenso nemmeno fra i distinti specialisti. Perciò, ora mi sembra utile riferire alle ambiguità diffuse dai media in collusione con tutta una serie di politicanti che, sfruttando le drammatiche notizie giornalistiche, operano sui governi a favore di stanziamenti di fondi da distribuire alle ONG che, da parte loro,  hanno tutto l’interesse di sublimare ed alimentare quelle tesi; ed a loro si alleano altrettanti imprenditori o miliardari, sensibilizzati pure loro dal gioco di interessi politici/economici, fra i quali i più famosi sono Al Gore od il miliardario Soros che promuovono e sostengono altrettanti movimenti, dando avvallo ad altrettanti opinionisti indottrinati.

 Al Gore che, a suo tempo, aveva finanziato un film forzando le solite esagerazioni sul cambiamento climatico, come se non fosse un fenomeno del tutto naturale, nel 2008 aveva profetizzato che per il 2013 le superfici artiche ghiacciate sarebbero sparite, aveva ottenuto un forte seguito, provocando equivalenti emozioni, principalmente fra il pubblico meno preparato e più credulone. Altri aspiranti profeti annunciavano che molte città sul livello del mare sarebbero state invase dalle acque degli oceani e molte isole sarebbero sparite. Inoltre, il riscaldamento globale avrebbe danneggiato la vegetazione e così, via. Pochi degli impreparati, si rendono conto che se aumenta la temperatura, sui due terzi del Pianeta coperta dalle acque, aumenta pure l’evaporazione e quindi anche l’umidità relativa dell’aria, intensificandosi allo stesso tempo le precipitazioni e con ciò, si invigorisce la vegetazione, invece di distruggerla. Basterebbe pensare ad una Siberia finalmente dal clima mite…

Ma, come il grande libertario francese Frédéric Bastiat giustamente fa notare, ai sinistri mancini conviene parlare di ciò che si vede, tacendo su ciò che non si vede; così, sfruttano solo una parte delle verità – quella a loro più conveniente -, senza approfondire troppo i particolari, si avvalgono di quei scienziati complici che, con la connivenza di politicanti e governanti compiacenti, sono favoriti da generosi stanziamenti – in cambio di voti -, avendo, dunque, tutto l’interesse di stare all’ambiguo gioco, interpretando dati scientifici a proprio comodo e convenienza. Non fanno parte di questa categoria ricercatori come i francesi Claude Allègre, Simone Wapler, Gérard DéanMaxFalque, i ricercatori americani della NASA Roy W. Spencer, Fred S. Singer, Dennis D. Avery o gli italiani Antonio Zichichi, Carlo RubbiaFranco Battaglia ecc., tanto per citarne alcuni. Se non bastasse, l’anno scorso un centinaio di Premi Nobel hanno firmato un manifesto condannando l’organizzazione attivista militante GREEN PEACE dove numerosi elementi non esitano di agire ai limiti del terrorismo.

Ma veniamo a quanto descrive sul sito liberale CONTREPOINTS l’ecologista francese, autore del saggio VIVE LE NUCLÉAIRE HEUREUX Michel Gay, 

https://www.contrepoints.org/2019/03/22/339810-il-faut-sauver-le-soldat-greta?utm_source=Newsletter+Contrepoints&utm_campaign=ed9462a224-Newsletter_auto_Mailchimp&utm_medium=email&utm_term=0_865f2d37b0-ed9462a224-114281997&mc_cid=ed9462a224&mc_eid=1956e1cdc6

commentando l’ultima trovata di questi giorni, orchestrata dagli abili e scaltri ambientalisti scandinavi, dietro l’egida dell’organizzazione di Ingmar Renzhog – che a suo tempo si è formato nella ONG Climate Reality Project, dell’ex presidente degli Stati Uniti ed appunto Premio Nobel per la Pace Al Gore per il suo prolifico attivismo ambientalista – singolare -. per non dire altro – ambivalente impresa coordinata dagli amici svedesi, genitori della propria immacolata figlia Greta Thunberg, mandandola allo sbaraglio, in cui si presenta con una dichiarazione pubblica di trovarsi in sciopero in difesa dell’ambiente minacciato ad eterna distruzione e convoca i suoi coetanei di tutto il mondo a fare altrettanto…

Particolarmente, trovo biasimevole un’opera di questa natura, oltretutto, architettata da noti ambientalisti che non esitano di sfruttare l’innocenza e l’ingenuità di una ragazzina, dalla romantiche trecce lunghe, con l’evidente finalità di suggestionare ed utilmente commuovere il vasto ignaro pubblico, a pretesto di una presunta quanto equivoca salvezza del Pianeta; onestamente, mi sembra un’iniziativa assolutamente disgustosa e perfino scandalosa, proprio perché coinvolge giovani indifesi, facili da influenzare e da manipolare. Un ambiguo marchingegno, dunque, in cui il fine mira palesemente a giustificare il mezzo, pur di creare lo scoop, in grado di stimolare gli avidi mezzi mediatici che puntualmente raccolgono l’appello, ottenendo con ciò l’ottima occasione di cavalcare una nuova emozionante onda di notizie, capaci di aumentare l’interesse di lettori, ascoltatori e spettatori sensibili; davvero, una straordinaria opportunità per aumentare le vendite non solo di giornali e riviste, ma che con il sicuro successo riconosciuta dalle masse, ottengono altre utili adesioni che aiutano il prezioso incremento dei deficitari introiti pubblicitari.

Uno dei tanti critici di questo nuovo modo isterico di allarmare il distratto e poco preparato pubblico, creando panico artificiale, mediante la cooptazione di di scolaresche e rispettivi giovanetti come la fotogenica pulzella di sicuro ed efficace effetto, costituisce di fatto una geniale risorsa; e come denota il francese Gérard Déan, siamo dinanzi ad un espediente che dà addirittura l’impressione che si voglia creare una nuova versione di  Giovanna D’Arco

L’insistenza con la quale si intende consolidare il paradigma dell’imminente disastro annunciato, produce conseguenze politiche ed economiche altrettanto deleterie e preoccupanti perché, i condiscendenti governi, con la solita fallace idea di ridurre le emissioni di CO2, che sarebbe il deplorevole agente della presunta causa del cambiamento climatico, si affrettano a mostrarsi efficienti ed introducono nuove norme restrittive a tutta una serie di attività produttive, dettano opinabili limitazioni onerose, aumentando le tasse su determinati consumi e sulla circolazione dei veicoli che generano conseguenti danni economici a tutte le attività e ripercussioni a reazione come, per esempio, di movimenti quale deigilet gialli che giungono a minacciare addirittura di far cadere il governo francese.

Più comiche sono, invece, le pretese che gli ambientalisti diffondono affinché ci si converta all’alimentazione vegana, riducendo o addirittura eliminando il consumo di proteina animale, e specificamente della carne perché, si dice, che l’allevamento intensivo degli animali da macello, con le loro flatulenze produrrebbe troppo gas che a sua volta agirebbe in modo funesto sull’effetto serra… Mi chiedo come mai i soliti contestatori di turno non protestano pure contro i milioni e milioni di proprietari di gatti, cani di compagnia – con e senza pedigree – di canarini e pappagalli, porcellini d’India ed altre specie che si allevano nelle case di tutto il mondo in sostituzione dei bei bambini, e che oltre ad abusare con il consumo di alimenti preziosi, emettono flatulenze e defecano in volumi altrettanto importanti… Non soddisfatta, la militanza ambientalista, insieme a quella femminista, vorrebbe che si smettesse anche di usare deodoranti, che non ci si radessero i peli superflui, che si limitasse l’uso eccessivo di  detergenti e di sapone, che si riducesse la frequenza delle docce e così via; insomma che si tornasse ai tempi in cui si usava le stesse camicie e mutande per tutta la settimana, facendo il bagno, eventualmente, una volta al mese, senza preoccuparsi tanto con l’igiene o con l’estetica.

Eppure, loro non lo dicono che non solo è più che evidente come l’inquinamento in tutto il mondo industrializzato è diminuito, a tale prova basta citare il fatto che nel Tamigi sono tornati i pesci e che la nebbia di Londra non è più impregnata di fuliggine come lo era negli anni ’60. Se non bastasse omettono di proposito che il cambiamento climatico è sempre esistito; infatti come dimostrato dagli scienziati americani S. Fred Spencer e Dennis T. Avery nonché da Roy W. Srencer tutti della Nasa, che esistono mutazioni che si riproducono ogni 1500 anni. Ma c’è dell’altro anche sull’usurato mito dell’azione di CO2: secondo la ricercatrice francese Simone Wapler la combustione delle risorse fossili in un secolo ha visto aumentare il tasso di CO2 nell’aria da 0,03% a 0,04% ciò che significa che su 10.000 molecole di aria secca, respirare quattro molecole invece di tre, non cambia assolutamente niente, mentre tutti sanno benissimo che l’elemento, fra l’altro, nutre la vegetazione e che in molti Paesi, l’Italia compresa, la vegetazione è in franca espansione. Ma certo, si teme che le calotte ghiacciate si sciolgano, dramma terribile, se ai due poli torneranno a crescere le foreste…

Infatti, mi sembra oltremodo opportuna ed utile l’occasione di ricordare come ricercatori italiani – Gianluca CornamusiniMatteo PerottiSonia Sandroni, e Franco Talarico hanno scoperto  in Antartide una foresta fossile con tronchi carbonizzati a prova che in passato, quella zona in altri tempi, doveva già essere coperta di vegetazione…

http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Ricercatori-italiani-scoprono-foresta-fossile-carbonizzata-in-Antartide-f329fb71-2bbc-4b6d-b9a7-b1c31d950b6f.html#foto-1

Ancora più curioso è il fatto che a Palazzo Basta a Teglio in provincia di Sondrio, il soffitto della sala della creazione è coperto dal dipinto della mappa del mondo, datata all’anno di circa 1500, dove l’Antartide è verde, dunque, sorprendentemente coperta da vegetazione… opera dell’ingegnosa immaginazione di un artista? Doveva avere una fantasia piuttosto sviluppata se già due secoli prima che l’ammiraglio Cook scoprisse l’Oceania, il pittore l’aveva già in mente da aggiungerla nella sua opera…  Evidentemente, doveva aver attinto da una fonte a noi sconosciuta, anche se sappiamo come i Cinesi della Flotta D’oro dell’ammiraglio Zheng He con imbarcazioni che trasportavano ciascuna circa due mila persone, aveva circumnavigato il globo terrestre già nel 1421.

Del resto, è opportuno ricordare pure, come Groenlandia significa Paese Verde, a dimostrazione che non sempre la superficie di quel Paese è stata coperta dai ghiacci, potendo concludere che in altri tempi – come in molti sostengono -, che il clima era tale che zone attualmente ghiacciate, in una remota antichità non lo erano, fatto scientificamente dimostrato da tutta una serie di candele ottenute non solo dai ghiacci millenari, ma anche dai fondi marini e di antichi laghi che hanno forniti incontestabilmente i dati di conferma.

Pertanto, quei prepotenti signori che vorrebbero che per loro arbitraria imposizione andassimo dietro le loro sconclusionate ricette per quello che loro ritengono un avvenire migliore, sulla base di stravaganti teoriche tesi, secondo le quali l’attuale cambiamento climatico sarebbe opera umana, da addebitare principalmente al consumismo capitalista, dovrebbero meditare meglio conclusioni, dopo aver analizzato meglio la storia della Terra, prima di diffondere le loro suggestionanti inconsistenti certezze.

Rinunciare alla modernità, equivale a rinunciare al progresso e non si può omettere che la tecnologia ha proporzionato non solo comodità ed agiatezza, ma soprattutto libertà e tempo libero che gli individui possono sfruttare in proprio beneficio e diletto, secondo le loro particolari legittime preferenze. Il mondo, grazie alla modernità, è diventato piccolo ed oggi, in poche ore è possibile passare da un continente all’altro, mantenendosi aggiornati in tempo reale sugli eventi a distanza di migliaia di chilometri, potendo interpretare la realtà con una visione molto più ampia, oserei dire, universale di quanto hanno potuto fare le generazioni che ci hanno preceduto. Questo, grazie alla grande invenzione dell’internet di cui gli inguaribili ambientalisti si servono, senza arrossire, dimenticando di osservare che un terzo dell’energia consumata sul Pianeta Terra, serve appunto per mantenere attivo questo straordinario sistema che permette ai singoli individui di scambiare conoscenza e perfino immagini simultaneamente dal vivo con praticamente tutti i Popoli e gli individui di questo nostro meraviglioso mondo, sul quale, noi miseri umani non abbiamo, ahimè alcun controllo.

Il futuro, loro malgrado, è già iniziato ed il progresso dal quale dipende il benessere di tutti gli abitanti della Terra, prosegue istantaneo ed a ritmo accelerato in modo esponenziale: per esempio, non sappiamo dove mai solo l’applicazione di materie come il niobio e soprattutto la rivoluzionaria scoperta del grafene – che ha proporzionato il Premio Nobel ai fisici Andrej GejmKostantin Novasëlov -, una volta prodotti su scala industriale, ci potranno non solo aiutare a risolvere problemi ancora generati dall’inquinamento, ma anche di desalinizzare l’acqua del mare, razionalizzare la generazione ed il consumo energetico, sviluppando accumulatori (batterie) infinitamente più efficienti e di dimensioni ridotte al minimo e, chissà nei prossimi anni, farci raggiungere nuovi orizzonti,  semplicemente inimmaginabili, contribuendo certamente all’esplorazione dello spazio e la conquista di altri pianeti…

Così, per concludere, i pessimisti presunti difensori della Natura, quelli che con il loro esagerato contorsionismo, nella loro ostinata  cecità di chi non vuole vedere, gli eterni predicatori di turno dell’oscuro catastrofico futuro tragico annunciato, con la loro oltremodo fertile, quanto fallace immaginazione, davvero preferiscono rinunciare alle meraviglie che l’avvenire certamente riserva all’umanità, alzino pure la mano, ma io ho la vaga impressione che si troveranno in una banale quanto insignificante minoranza… tanto è vero che tutta una serie di presunti profeti – del catastrofismo – hanno già perso la faccia quando dagli anni ’70 in poi predicavano l’apocalissi ecologica; fra questi, oltre al solito noto Paul Ehrlich, il biologo dell’Università di Harvard George Wald, sparava che, se non fossero prese misure urgenti, nel giro di 15-30 la nostra civiltà si sarebbe conclusa; da parte sua, il geniale Kenneth Watt, una cinquantina di anni fa sentenziava che non solo per gli anni ’90 non ci sarebbe più stato petrolio per alimentare i veicoli del mondo, ma che la temperatura sarebbe scesa di 4°C e addirittura di 11°C per il 2000, prevedendo che sarebbe iniziato un abbassamento della temperatura doppio di quello in grado di generare una vera era glaciale; Peter Gunter della North Texas State University, invece, annunciava per il 1990 una carestia in Cina, Pakistan, India, America centrale e Meridionale, in Africa ed addirittura in Australia; Denis Hayes dichiarava che ormai era già troppo tardi per evitare inedia massiccia; Barry Commoner, biologo della Washington University, avvisava che l’inquinamento era tale da trovarsi in una situazione che minacciava la sopravvivenza della Nazione e che i fiumi americani sarebbero finiti senza ossigeno; mentre Harrison Brown scienziato della National Academy of Science prevedeva la fine della disponibilità del rame per il 2000, mentre si sarebbero esauriti prima del 1990 piombo, zinco, stagno, oro ed argento;  il Dr. S. Dillon Ripley, segretario dello Smithsonian Institute, prevedeva che in 25 anni qualcosa come 75-80% delle specie viventi si sarebbero estinte; poi, secondo il New York Times, più recentemente la scienziata predicatrice climatologica, Alexandria Ocasio-Cortez avrebbe commentato tato che è come se in 12 anni il modo fosse destinato a finire, se non ci si organizzasse al cambiamento del clima.