Pubblicato pure su www.pensalibero.it

JOURNEY INTO THE HEART OF CUBA (Viaggio nel Cuore di Cuba) di Carlos Alberto Montaner (Recensione)

Si potrebbe pensare che il tema del Comunismo sia stato ormai sufficientemente dibattuto; che il Marxismo, nemmeno tanto nella sua teoria, bensì quello messo alla prova sperimentale empirica sia stato ormai in modo definitivo ampiamente confutato in maniera conclusiva. Conseguentemente, lo si potrebbe considerare un capitolo, chiuso e definitivamente esaurito in modo risolutivo, essendo stato condannato dagli stessi tragici risultati che ne sono emersi. Invece, ahimè, non è affatto così e non solo perché ci sono ancora regimi come quello di Cuba e della Corea del Nord che, pur a stento e con i giorni contati, sopravvivono ancora, ma proprio perché ci sono ancora tanti nostalgici, sia di natura ingenua, come di conio fanatico indottrinato che ostinatamente insistono a voler rilanciare la stessa illusoria chimera di quella deleteria ideologia teorica fallita, indifferenti a ciò che dall’oltremodo delirante esperienza abbiamo appreso e costata, secondo alcuni, la bellezza – si fa per dire – di un centinaio di milioni di vittime perite per volontà crudeli tiranni privi di scrupoli.

Non per niente, gli orfani del collettivismo non riconoscono la cruda realtà delle tragedie che i rispettivi regimi totalitari hanno perpetrato nell’inutile tentativo di creare un mondo che solo poteva prosperare nell’ingenua immaginazione delle loro tesi, ma che nella pratica, non si poteva realizzare perché contrario alla legge della natura. Infatti, essi credono tuttora in quella grottesca utopia, vedendo ancora in Marx un supposto paladino delle libertà, nonostante egli stesso suggerisse l’imposizione di reali ed arbitrari sacrifici in cambio di eventuali risultati compensatori presunti che si sarebbero dovuti realizzare, più o meno spontaneamente, a conclusione dell’esaurimento della fase finale di quello che egli definisce il ciclo del “Capitalismo”, seguito da un rivoluzionario modello sempre teorico che, tuttavia alla fine, da ciò che abbiamo potuto constatare, deve essere sempre e puntualmente rimandato di continuo, ad un eterno futuro, ma che di fatto non si concretizza mai. Lo si apprende dai fatti. D’altro canto, la tesi di Marx pecca per il semplice fatto che egli non poteva prevedere che dalla moderna industrializzazione, un nuovo ordine sarebbe sorto e che al posto della sua pauperizzazione sarebbe scaturita la modernità di una effettiva distribuzione della ricchezza, anche se non soprattutto, grazie al valore aggiunto che deriva da quel Capitale Umano, generato dall’azione di individui, in grado di sublimare le risorse naturali, aumentando allo stesso tempo la produttività ad una dimensione inimmaginabile e che con le tecniche non sembra esaurirsi; infatti, Popper spiega come la conoscenza non ha fine. Lo si apprende in maniera eloquente, pure dalle lezioni di uno dei massimi pensatori del secondo scorso – Raymond Aron – che dopo aver militato nel Marxismo, si è convertito per diventare uno dei più importanti difensori del Liberalismo; e le sue osservazioni sono riprodotte ne LA LUTTE DE CLASSES (La Lotta delle Classi) che, impartite all’indomani della fine dello Stalinismo, esponendo le ragioni per cui, già negli anni ’50, non era più possibile definire chiaramente il concetto di “Classe”, né di stabilire dove si delimitava una e ne iniziava un’altra; e la tendenza è che la classe media continui ad estendersi, mentre quella proletaria sopravvive solo nelle società sottosviluppate.

Ebbene, i tenaci devoti naufraghi dell’insuccesso collettivista, vorrebbero ritentare la sua ricostruzione, ricominciando da capo a costo di imporre ai sovrani cittadini nuovamente ridotti a sudditi, le inutili rinunce alle loro legittime prerogative; alle più che lecite aspirazioni degli individui, mentre in realtà il filosofo dell’illusione egualitaria, idealizzava un regime di totale libertà, da raggiungere però, con ciò che non è nient’altro che un ossimoro, ossia, eliminando il primo di tutti i diritti, quello della proprietà privata. Ci si può ben chiedere, come separare la libertà dalla proprietà privata? Infatti, si tratta di un vero ed assoluto controsenso, perché la prima proprietà dell’individuo è, fin dalla nascita, la sua stessa esistenza che appartiene esclusivamente al proprio individuo. Di fatto, la vita delle persone non appartiene alla società, ma al singolo individuo stesso, il quale, grazie alla sua peculiare indole, ed alla sua specifica sensibilità, sviluppa esperienze singolari ed uniche e, conseguentemente, ha il sacrosanto diritto di ambire alle prerogative  di avere le sue particolari preferenze, senza che altri estranei possano ascriversi l’ambiguo privilegio di indurli a rinunciare addirittura alle proprie più che giustificate e naturali scelte, con l’equivoco pretesto del presunto interesse generale, già preconizzato dall’utopista ginevrino Rousseau. È a seguito delle tesi di questi teorici, dunque, che i diritti umani di più di una generazione, sono stati calpestati e sacrificati ad un costo che di certo nessuna teoria potrà mai motivare. Ben diceva la gloriosa Margareth Thatcher: “La Società non pensa; chi pensa è l’individuo”.

Insomma, per concentrarci in modo più specifico sul sopravvivente regime totalitario castrista, vorrei dedicare qui alcuni paragrafi alla lettura di un ennesimo perseguitato politico cubano, Carlos Alberto Montaner, autore del saggio JOURNEY TO THE HEART OF CUBA (Viaggio nel Cuore di Cuba). Ed in tale contesto, forse, è utile ricordare come anche questo intellettuale, al pari di tanti altri, per rovesciare il regime dittatoriale corrotto di Fulgencio Batista, inizialmente, aveva fin da ragazzo, appoggiato la Rivoluzione Castrista, sempre nella speranza di liberare il Paese dagli abusi che avevano caratterizzato il governo dell’ex militare. Tuttavia, dinanzi ai metodi repressivi adottati dai suoi successori castristi, si era ben presto reso conto che – come si suol dire – dalla pentola erano caduti nella brace… Così, deluso dalla degenerazione del cambiamento, non potendo più conciliarsi con gli abusi, le vendette e le numerose sommarie fucilazioni, come pure gli innumerevoli arbitrari arresti subiti da chi avesse solo osato esprimere anche la più timida divergenza in rapporto al nuovo corso totalitario assunto dai nuovi impostoti castristi, succeduti a quell’ennesimo caudillo dei Caraibi, il giovane aveva scelto la via del rinnovato dissenso. Infatti, il crudele regime rivoluzionario castrista che dopo aver illuso anche parte dei rivoltosi, alla fine, perdendo la maschera, rivelava il suo vero volto, introducendo misure e metodi infinitamente peggiori, violenti e sanguinari di quelli praticati dal dittatore spodestato.

Ed ecco che l’imberbe ragazzo, ancora all’età di soli 17 anni, contestando le pratiche perpetrate dal nuovo modello castrista, aveva iniziato a promuovere manifestazioni ostili al nuovo potere dittatoriale, integrando, dunque, un iniziale movimento di resistenza al comunismo. Ma i tempi erano già cambiati e se, Fulgencio Batista, dopo un primo tentativo di golpe, aveva perfino liberato i suoi avversari – Fidel Castro compreso -, i castristi ormai vittoriosi, non si mostravano altrettanto “magnanimi”: al contrario, non essendo più tollerato il più pallido dissidio, il giovane Montaner era stato arrestato insieme ad altri due coetanei ed erano stati sommariamente condannati a ben 20 anni di carcere. Tuttavia, dopo un paio di settimane, lui era riuscito ad evadere, rifugiandosi presso l’ambasciata di Honduras; allora, ottenuto un salvacondotto, si era esiliato all’estero; raggiungeva, dunque, la sua famiglia che già si trovava in Florida, dove poi si laureava in letteratura; e dopo aver ottenuto il suo Master, assumeva una cattedra presso l’Università di Porto Rico fino a partire per la Spagna, dove realizzare il dottorato e frequentando ambienti che in pieno Franchismo simpatizzavano per il liberalismo. Ed è da allora che scrive per importanti testate dell’America Latina, Stati Uniti e Spagna, pubblicando una lunga serie libri, sempre in difesa della Libertà del suo Paese.

Questa lettura citata, è una delle più famose opere dell’autore; essa riepiloga brevemente la Storia di Cuba che, con l’aiuto degli Stati Uniti, si era ribellata alla Spagna, che sfruttava con prepotenza le sue ricchezze e reprimeva i suoi abitanti trattati come meri sudditi colonizzati di seconda categoria. Egli spiega, infatti, come gli Stati Uniti, già liberi dalla dominazione britannica, a più riprese, erano intervenuti a favore della libertà dell’Isola – o meglio dell’arcipelago – ed a favore di un regime democratico, non solo contro l’oppressore spagnolo, ma opponendosi pure agli occasionali populisti che a turno riuscivano ad impadronirsi del potere.

Purtroppo, la Rivoluzione Castrista è riuscita a fare solo una parte di quello che le altre famose Rivoluzioni hanno generato: lutti, miseria e privazione assoluta dei più fondamentali diritti individuali. il tiranno Castro da allora insiste ad accusare gli Americani per le sue disgrazie; eppure, ai tempi in cui egli aveva sostituito l’altro dittatore – Fulgencio Batista – gli Stati Uniti non avevano esitato a dagli credito, credendo che si trattasse di un ritorno alla democrazia; mentre, Castro afflitto da una specie di paranoia che lo ha indotto a trasformarsi in un autentico avversario degli Americani ha prontamente deciso di affrontare il suo vicino, sapendo che non avrebbero tollerato un nuovo oppressore delle libertà. E Montaner espone bene le origini di questa sua bipolarità, spiegando:

“A scuola, gli era stato detto che gli Americani avevano contribuito a liberare Cuba dagli Spagnoli. A casa, suo padre [figlio di un immigrante spagnolo] avrebbe detto che gli Americani li avevano selvaggiamente ed illeggittimamente attaccati con cannoni.”

E così, punto dal veleno del seme dell’odio nei confronti degli Yenkees fin già dalla sua gioventù e sotto l’influenza anche di suo fratello Raúl che era già un convito indottrinato marxista, dopo un governo formato da figure di sincera fede democratica, a poco a poco, dovevano prevalere le deleterie inclinazioni prettamente collettiviste; uno dopo l’altro venivano esautorati quei ministri che non erano marxisti, ma che avevano contribuito ad agglutinare i segmenti conservatori, legittimando la Rivoluzione, alcuni dei quali, tuttavia, per iniziativa dello stesso Castro erano finiti addirittura in carcere. E così, oggi che i Cubani hanno perso ogni forma di libertà e non potendo più aspirare a qualsiasi attività privata, impossibilitati di intraprendere iniziative individuali, l’allora “perla” dei Caraibi, si è trasformata in noent’altro che uno dei luoghi più poveri della Terra; oggi sarebbe impossibile fare dei confronti fra Cuba e Portorico, eppure, Cuba prima dell Rivoluzione, era avviata ad un benessere unico in tutta l’America Latina, ciò che oggi è solo un mero miraggio.

Di fatto, nel caso specifico, inizialmente, gli stessi Stati Uniti avevano visto con molta simpatia la destituzione del corrotto Batista, ma non immaginavano che in breve, da quella Rivoluzione cubana sarebbe nato un regime infinitamente peggiore di quello abbattuto. L’autore, dunque, descrive tutte le diverse tappe della presa di potere da parte dei Castristi e come era iniziata la purga di tutti quei politici e funzionari del governo anteriore che non abbracciavano con entusiasmo la nuova rotta collettivista. Così, come del resto si apprende dal famoso saggio di Albert CamusL’UOMO IN RIVOTA – anche quella Rivoluzione è velocemente degenerata, all’esempio di quella Francese, assumendo un carattere oltremodo repressivo e conservatore, emulando addirittura il più cinico e duro modello stalinista.

Montaner spiega pure come nella mente dei fratelli Castro, era nata l’avversione nei confronti degli Stati Uniti, infatti, sotto l’influenza del padre spagnolo che aveva visto come i nemici “Americani” avevano contribuito all’indipendenza dei Cubani dalla patria di dei nonni, la Spagna, i nipoti avevano covato un’avversione per quella potenza, grazie all’odio alimentato dal proprio genitore.

E dalla prima pagina del saggio, si apprende inoltre della precocità del futuro dittatore. Il libro inizia con la riproduzione della letterina inviata all’allora presidente degli Stati Uniti, a dimostrazione dell’intelligente astuzia e loquacità, espressa a soli dieci anni; infatti, pensando di sensibilizzare il potente presidente Roosevelt, gli propone di, in cambio di un biglietto da dieci Dollari – perché presumibilmente, non ne aveva mai vista una -, gli avrebbe rivelato il luogo di giacimenti di minerari di ferro per la costruzione di navi americane…

L’autore poi passa a spiegare come Castro, dopo aver consolidato il potere, convince moltitudini che le disgrazie del suo Popolo, non derivano dalla sua inutile Rivoluzione, bensì sono la conseguenza del Capitalismo. Eppure, ai tempi in cui nell’Isola vigeva il modello economico capitalista, Cuba godeva un benessere mai più conosciuto dopo che i rivoluzionari avevano capovolto il modello economico e politico. C’erto che ai tempi di Batista all’interno esistevano sacche di povertà, ma ciò che la Rivoluzione ha saputo realizzare è una miseria generalizzata, risparmiando solo la cupola dei governanti, mentre un’enorme moltitudine ha preferito trasferirsi in Florida. Nonostante ciò, molti Cubani continuano a depositare loro fede nella Rivoluzione; non per niente, l’abilità della tirannide castrista si caratterizza fin dall’inizio ed eccelle nella retorica. Ecco un paragrafo delle pagine iniziali del saggio:

“   La sua infinita eloquenza è leggendaria – specialmente quando ci sono più di tre persone radunate ed egli sente l’irreprimibile desiderio di dimostrare la sua immensa erudizione. Il compulsivo bisogno si moltiplica esponenzialmente in rapporto alla dimensione dei suoi spettatori. Quanto più gente, più lunghi e più tortuosi i linguaggi. Se il podio è alto e la piazza è ampia, la sua loquacità è esacerbata. Allora si lascia davvero andare. Arriva alla fase critica di incontinenza verbale.”

E se Montaner espone i drammi vissuti dai suoi conterranei in qualità di esperimentato esule, ancora molto più devastanti per la reputazione del tiranno dei Caraibi sono le memorie scritte da Juan Reinaldo Sánchez, l’ufficiale scelto che per ben diciassette anni ha vissuto fianco a fianco del Comandante Supremo in qualità di guardia del corpo numero uno, avendo quindi accompagnato Fidel Castro ovunque si recasse, all’estero o nelle sue diverse residenze private, apprendendo inconfessabili segreti che pochissimi conoscevano.

Del resto, che la stragrande maggioranza dei Cubani stesse meglio prima dell’avvento castrista è dimostrato da tutta una serie di dati ufficiali noti, ma mai citati in Patria. Quasi tutti i particolari a cui si riesce accedere attualmente, dimostrano in maniera concreta come la Popolazione ha subito un inequivocabile declino; perfino l’ineguaglianza fra uomini e donne è oltremodo aumentata. Montaner non è l’unico dissidente a testimoniarlo. Lo stesso Juan Reinaldo Sánchez, guardia del corpo personale di Castro, nel suo libro LA VIE CACHEE DE FIDEL CASTRO (La Vita Segreta di Fidel Castro), cita chiaramente le precarie condizioni dei suoi concittadini. Rivela particolari sconcertanti della vita privata del dittatore: nove figli con cinque donne distinte, i quali si erano conosciuti solo da adulti; 20 residenze diverse, fra cui un’isola privata, dotata di imbarcazioni di lusso, vini e liquori carissimi.

Il libro è stato pubblicato in Francia solo nel 2014; infatti, il personaggio, dopo aver compiuto un paio di anni nelle carceri cubane, dove scontava la condanna per il semplice fatto di aver chiesto il pensionamento con due di anni in anticipo. Si era perfino salvato miracolosamente dal tentativo di avvelenamento, grazie all’intervento di un suo amico medico che si era accorto che il suo pessimo stato di salite nella insalubre cella, veniva “curato” da veleno… Evidentemente, temevano – giustamente – che avrebbe potuto rivelare troppi dettagli; sospetto più che giustificato; ed appena è stato in grado di fuggire dal paradiso del proletariato, pure lui, non ha certamente deluso le temute aspettative dei suoi detrattori.

Montaner, invece, è un intellettuale cattedratico e riepiloga la storia di Cuba partendo dal dominio spagnolo, dettagliando com’era la vita prima e ciò che è diventata dopo la Rivoluzione Castrista. Espone, per esempio, come i castristi hanno tentato di compromettere perfino l’istituzione della famiglia che costituisce la più vitale quanto primordiale cellula di una salutare società. Di fatto, toglievano i figli dal proprio naturale ambiente affettivo, isolandoli in campagna in specie di colonie, dove avrebbero dovuto formare una nuova specie di umani, liberi dai sentimenti che “corrompono” lo spirito degli individui, per diventare disciplinati membri di una nuova società, priva di vizi quale l’egoismo. Evidentemente, costoro non avevano avuto occasione di leggere un altrettanto eloquente saggio di Ayn Rand – LA VIRTÙ DELL’EGOISMO – dove si apprende che l’egoismo non è affatto un male, bensì un’autentica necessità biologica endogena, senza la quale non saremmo diventati ciò che siamo. Non per niente, l’egoismo è presente in tutte le forme di vita; tutti gli organismi, per la propria salvaguardia, dispongono di meccanismi – difese naturali – che potremmo definire di natura “egoista”. Infatti, l’egoismo deriva dall’istinto di sopravvivenza, senza il quale non avremmo sviluppato il timore dal quale si origina la prudenza, ossia il senso di responsabilità. Il motore del nostro sviluppo, non a caso, nasce dal bisogno, ovvero, in primo luogo dalla fame, poi dalla paura e dall’incertezza; pertanto, non serve assicurare certezze, senza che l’individuo senta la necessità di agire nel proprio particolare interesse individuale. Il tentativo di creare i nuovi umani era semplicemente grottesco ed i risultati altrettanto deleteri. L’autore descrive come, per distruggere il concetto di famiglia, i giovani semplicemente venivono sottratti dall’autorità dei propri genitori, per essere indottrinati al Marxismo:

“[…] nel suo zelo di costruire “i nuovi uomini e donne”, e con la scusa di addestrarli ai compiti agricoli, il governo cubano lanciò il suo programma “scuole in campagna”. Questo era un esperimento inteso a liberare bambini e bambine dall’influenza dei loro genitori ed inserirli sotto la tutela morale dello Stato, che si prenderebbe cura di formarli secondo i valori superiori dei principi del Marxismo.”

Ed aggiunge:

“E mentre non siano stati in grado di incubare i “nuovi uomini e donne”, sono stati capaci di tristemente introdurli a rapporti sessuali e promiscuità in un’età in cui la struttura etica dovrebbe far parte di certe decisioni personali, difficilmente erano formate.”

Per condludere:

“I bambini entrano in giovane età, per scoprire il comunismo, e senza l’attenta supervisione di adulti finiscono, naturalmente, scoprendo il sesso.”

Anche se ciò è più che noto, i regimi comunisti si erano sempre illusi di poter sradicare ciò che è intrinseco dell’essere umano, ovvero quel sentimento di sé che anticipa quello del “noi”, solitamente imposto dai totalitari. Ed è dall’azione dei singoli individui e non dal potere pubblico che si sviluppa il benessere ed il progresso. Lo spiegano in tanti economisti, fra i quali uno che conosce bene le leggi del mercato e dell’economia, Jean-Yves Naudet autore del saggio DOMINEZ LA TERRE (Dominate il Mondo) in cui si legge:

“Non è per caso se, fra le economie sviluppate, quelle che hanno meglio risolto il problema della disoccupazione, creando degli impieghi sono pure quelle che hanno meglio liberato l’impresa dagli obblighi amministrativi e fiscali.”

Non che la contestazione sia da condannare; io stesso credo che che l’individualismo abbia un forte valore contributivo e che l’eccentricità sia sempre più creativa della militanza. Ma bisogna denunciare il fatto che i mancini predicano la contestazione fino a raggiungere il potere; poi, revocano tutto per governare con il pugno chiuso ed imporre l’opinione unica. È così che è avvenuto a Cuba, dove oggi funziona il regime castrista, senza i partiti politici ormai soppressi. Se non bastasse, poi, i genitori praticamente esonerati dalle proprie naturali funzioni di educatori; chi educava era il Potere centrale; ed infatti, abbiamo visto cosa hanno combinato nel campo dell’istruzione: nell’inutile e banale tentativo di formare il cosiddetto “Uomo Nuovo”, inviando quei ragazzini presso delle specie di colonie di lavoro, organizzate a tale finalità. Montaner. Non c‘è, dunque da sorprendersi se oggi, a Cuba con la Rivoluzione, dopo aver chiuso i bordelli nel 1959, la prostituzione uscita dalle case chiuse, dilaga nelle strade, protetta da chi? dalla polizia corrotta segretamente remunerata delle prostitute e dai prostituti. Ed i risultati sono ormai tangibili perché la struttura delle famiglie cubane, rimaste in Patria, non è la stessa di quelle dei Cubani che hanno abbandonato il proprio Paese:

“Essi hanno montato una schiacciante pressione famigliare in conseguenza dell’elevato tasso di divorzio – più del 50% di tutte le coppie divorziano – e la famiglia soffre povertà accresciuta perché i bambini quasi sempre rimangono in custodia delle madri che non hanno risorse. Ciò contribuisce ad un altro fatto, già menzionato in questo libro: le donne hanno il più elevato tasso di suicidio al mondo. Quella è davvero la caratteristica di distinzione che i Cubani non avrebbero ottenuto senza l’influenza della Rivoluzione.”

Così, gli indottrinati marxisti che negano il fallimento dei regimi collettivisti, credono di redimere il regime che da oltre mezzo secolo, mantiene la sua Popolazione in stato di schiavitù, indifferente ai palesi risultati a cui ha condotto la loro inutile e deleteria Rivoluzione. Eppure, i conniventi media, che sistematicamente simpatizzano con il regime castrista, continuano a far finta di niente, quando non alludono addirittura alle presunte grandi conquiste del castrismo. Purtroppo, sono poche le voci che ci giungono perché solo alcuni degli intellettuali sono stati miracolosamente salvati. Ed ecco un ulteriore aspetto che prova come il regime di Batista non era peggiore di quello di Castro; ovviamente, detto da noi non ha alcun valore; perciò, meglio lasciare che lo dica il poeta ed artista cubano Armando Valladares – autore del saggio CONTRA TODA ESPERANZA – (Contro Ogni Speranza), pubblicato in Spagna nel 1985,dopo che l’autore aveva trascorso ben ventidue anni in carcere duro per un imperdonabile delitto, quello della dissidenza! Egli afferma:

“Fidel solo sostituì la dittatura di Batista con un’altra moltissimo più feroce, sanguinaria e violatrice dei diritti umani di quella anteriore”.

Egli, all’età di 23 anni, già nel 1960 era stato condannato per attentare contro lo Stato… In questo contesto, forse, è bene ricordare come i membri delle nostre Brigate Rosse che in Italia ne avevano combinate di tutti i colori, assassinando persino il Presidente del Consiglio Aldo Moro, sono già da molto tempo liberi per la strada. Valladares, invece, è stato liberato solo nel 1982 per la forte pressione del presidente francese Mitterand, grazie alla solidarietà di un ex-compagno di cella Pierre Galendorf e che farà conoscere al mondo i versi che il compagno scriveva di nascosto sulla cartina delle sigarette; così, più tardi, farà sapere al mondo come migliaia di dissidenti sparivano senza che nessuno potesse muovere un dito.

E, mentre Cuba è stata pioniera per aver per prima utilizzato la televisione e divulgare i notiziari ed ai tempi del dittatore Batista, allora, disponeva di decine di giornali, oggi, sotto il dominio castrista, esiste un unico giornale, pubblicato dal governo. Montaner nella sua ricostruzione storica, espone bene come il pensiero unico viene imposto da chi si attribuisce – come avviene nelle religioni – di aver accesso alla verità rivelata:

“Nemici pubblici sono scelti, anche gli amici, così come ciò che dev’essere creduto e ciò che dev’essere rifiutato. La parola di Castro è il libro sacro del popolo, la bibbia rivoluzionaria che serve come incastellatura teoretica, permettendo ad esso di fare valutazioni e giudizi e preservare o condannare determinate forme di condotta. È il riferimento dogmatico con il quale uno può determinare se un pensiero od un’opinione ha del contenuto rivoluzionario. Se Fidel lo afferma, è corretto; se lo disapprova, dev’essere rifiutato. Questo è il ben noto meccanismo della filosofia scolastica: come nel campo della religione, le cose sono vere o false, dipendendo dalle opinioni delle autorità. Questo è il carattere infallibile delle verità rivelate.”

Non per caso, Cuba vive necessariamente un presente ideale, anche se prima dell’evento di Castro, pur essendo dominata dal dittatore Batista, viveva un’epoca privilegiata in rapporto agli altri Paesi latinoamericani: aveva il più elevato tenore di vita, la più diffusa scolarità e quel benessere generalizzato era inviadiato da tutti i Paesi delle Americhe perché era quella che più si avvicinava al tenore di vita statunitense.

Ma poi, capovolto il regime del despota in carica di turno, subentrato il tiranno castrista, una buona parte dei Cubani ha scelto la via dell’esilio, ricorrendo anche alla fuga, sfidando non solo la propria soldataglia ma, addirittura i pericoli dell’Oceano; infatti, pur di raggiungere le coste della Florida, molti dei fuggiaschi su imbarcazioni improvvisate, sono finiti nelle fauci degli squali. Tuttavia, per i sopravviventi, una volta raggiunta la libertà negli Stati Uniti, hanno potuto realizzarsi, lavorando in proprio o per altri, ma con il giusto riconoscimento del proprio merito, fatto inconcepibile in un sistema politico che ammette solo la passiva militanza. Infatti, l’autore, ancora una volta spiega:

I Cubani solo nella Florida meridionale, secondo una valutazione di un milione più o meno, produsse più beni e servizi che gli 11 milioni che rimasti sull’isola, obbligati a vivere in un noto sitema inefficiente.

Ed egli aggiunge come l’emigrazione cubana, ogni volta che le è stato possibile, ha assunto proporzioni gigantesche; tant’è vero che, ad un certo momento, per ridurre le crescenti pressioni interne, Castro, credendo di liberarsi dagli scomodi oppositori, aveva creduto di neutralizzare la dissidenza, lasciando partire i meno docili, rendendo loro però tutta una serie di limitazioni e difficoltà, umiliandoli, come solo suole avvenire nei regimi marxisti; così, improvvisamente, una grande massa riesce a partire e raggiungere i propri parenti esuli negli Stati Uniti e Montaner completa:

Confrontata con questi eventi, l’amministrazione di Johnson autorizzò i “Voli della Libertà”, e finalmente, più di 200.000 Cubani erano in grado di venire negli Stati Uniti su tale rotta.

Episodi similari si erano ripetuti altre due volte. Nel 1980, l’oltraggioso ed imbarazzante fatto che 11.000 persone avevano cercato rifugio nell’ambasciata peruviana, Castro “aprì” il porto di Mariel e, con eccezione dei giovani dall’età di leva ed i laureati universitari, permise loro di andarsene. Ciò durante l’amministrazione Carter. Attorno a 125.000 Cubani arrivarono in America prima che il flusso fosse arginato.

Del resto, sono migliaia i fuggitivi periti nel tentativo di raggiungere le coste della Florida, su imbarcazioni di fortuna, finiti ad alimentare gli squali; ecco a quale punto il collettivismo proporziona benessere ai suoi sudditi. Molti più fortunati sono riusciti a raggiungere la libertà ed oggi vivono, probabilmente meglio di quanto vivano anche gli alti funzionari del regime castrista, dove solo pochissimi hanno accesso alle comodità della dinastia dei CastoMontaner aggiunge che, contrariamente a ciò che veicolava la propaganda castrista, secondo la quale la comunità cubana in Florida è costituita da ricchi seguaci del regime sconfitto, chiarisce che non solo erano fuggiti i Cubani che immediatamente dopo la fuga del dittatore Batista, avevano – a ragione – temuto di essere accusati di collaborazionismo, ma avevano abbandonato Cuba altrettanti che allora avevano creduto ed applaudito quell’intervento dei castristi e spiega:

“[…] in realtà, la grande maggioranza, è di gente che inizialmente aveva sostenuto la Rivoluzione, che fuggiva senza una moneta nelle proprie tasche. Si erano trasformati in anti comunisti, la cui esperienza di vita diretta in una dittatura totalitaria li aveva indotti a posizioni più conservatrici – un fenomeno comprensibile, simile a quello che era capitato agli esuli dall’Ungheria, Cecoslovacchia ed altre vittime delle tirannie comuniste.”

Non per niente, moltitudini intere, quando possono emigrare dai Paesi a regime collettivista, privati delle loro basiche prerogative, scelgono di abbandonare i propri Paesi per cercare altrove di realizzare un’esistenza migliore, dove poter esprimere il proprio pensiero senza dover temere la polizia politica; infatti, a Cuba, milioni di cittadini hanno optato per la libertà, affrontando ogni genere di rischi; a questo proposito è molto eloquente quanto scrivono proprio questi esuli, fra cui Montaner:

“Oggi, uno ogni sei Cubani vive all’estero. Tuttavia, secondo valutazioni di diplomatici vivendo sull’isola, più della metà della popolazione ambisce ad abbandonare se ottenesse un visto e trovare una via di finaziare il viaggio.”

Non c’è male per un’ Paese che aveva la pretesa di aver creato un modello fraterno e giusto… C’è da chiedersi, perciò, come mai partivano ed ancora oggi aspirano ad andarsene dal benedetto “Paradiso del Proletariato” per raggiungere l’odiato “Inferno del Capitalismo”? A suo tempo, in Germania Orientale, avevano costruito il Muro della Vergogna di Berlino; distribuito le mine nei campi di frontiera; eretto linee di fili spinati a perdere di vista; a Cuba, avevano praticamente perfino proibito la pesca per evitare che la gente prendesse il largo verso la rotta del Capitalismo…

Ma i modelli politici collettivisti sono fatti così e da sempre si sostenevano nell’isolamento, nell’ipocrisia, impedendo perfino ai propri sudditi di comunicarsi con qualsiasi straniero per timore che potessero apprendere quali fossero le differenze che distinguevano il modello di vita all’esterno della cortina di ferro e quanto si viveva meglio in Occidente. Lo si apprende anche da un altro saggio scritto da un’ex militante marxista austriaca Ruth von Mayenburg che aveva trascorso anni a Mosca nel mitico rifugio-trappola dell’HOTEL LUX – titolo del suo stesso saggio -, seppur sotto la stretta e vigile sorveglianza della polizia segreta sovietica, l’albergo residenza era riservato ai comunisti provenienti da tutto il mondo, Ercole Ercoli – alias Palmiro Togliatti era uno di loro -, dove i rifugiati perseguitati dai rispettivi regimi nazisti e fascisti erano ospitati; e qui dovevano preparare ed organizzare l’opposizione comunista nei rispettivi Paesi di origine, per la realizzazione dell’immaginaria società umana perfetta, non avendo, tuttavia, nemmeno il permesso di frequentare gli autoctoni che non potevano contare con le stesse comodità, né disponevano dei loro privilegi o la stessa alimentazione.

Anni più tardi, con la fine dell’URSS l’autrice era tornata a visitare quella residenza insieme al regista austriaco Heinrich Breloer per girare il film di quel racconto, sempre dal titolo HOTEL LUX, aggiungendo il sottotitolo Die Menschenfalle, ovvero, La Trappola Umana. Ecco come, in realtà, funzionava quella stessa fraternità marxista applicata ancora oggi a Cuba, sul modello dei lontani tempi stalinisti. Il destino dei semplici sospettati di dissidenza di allora è lo stesso messo in pratica ancora attualmente dai fratelli Castro. È quanto si apprende da altrettanta vasta letteratura sopratutto da parte degli esuli cubani: questi sono i noti metodi che si praticano proprio nella Cuba castrista, nonostante la vecchia tragica esperienza stalinista, sopravviva ormai, da molti anni solo negli annali storici.

Eppure, come accade sempre nei regimi totalitari, guai contestare le misure ed il modello imposti. Tipico è il caso di Cuba, dove qualsiasi affermazione di Fidel Castro dev’essere accettata ciecamente, senza che qualcuno osi esprimere il minimo dubbio, ce lo dice ancora Montaner.

“   L’incapacità di accettare debolezze od insuccesso dev’essere inteso non solo come una deformazione patologica del suo carattere; ha anche a che fare con il modo in cui Castro si relaziona ai suoi subordinati. Qui, siamo nelle presenza di un caudillo, qualcuno che richiede totale obbedienza e sottomissione dagli altri come conseguenza della sua evidente superiorità morale ed intellettuale. Il caudillo è unico perché non commette mai errori. Egli è infallibile.”

È ciò che succede, appunto, in un ambiente dominato da chi si attribuisce ogni responsabilità altrui, fra coloro che accettano ciecamente determinate verità prestabilite, senza alcun senno o spirito critico; sono quelli che eseguono gli ordini senza farsi troppe domande, che seguono il gregge capeggiato dai titolari o depositari di verità indiscusse; gente che preferisce essere comandata da quelli che non accettano il dialogo in cui si potrebbero mettere in discussione le loro imposizioni; sono i vinti che non amano il confronto delle idee o che si rifiutano di riflettere, di pensare o di verificare, persone che temono l’esame od i paragoni.

Ma guai ad osare una semplice critica; e non sono solo i fuggitivi che non si conformano con i cambiamenti imposti da Castro. Perfino nella sua stessa famiglia c’era chi non lo appoggiava più. Infatti, Montaner descrive come perfino suo fratello Pedro Emilio (nato dalle prime nozze di suo padre), era stato incarcerato per le sue opinioni politiche inconvenienti; così, entra nello specifico in rapporto a due delle sue tre sorelle:

“Juanita era stata esiliata fin dai primi anni 1960, ed è stata incessante ed energica a denunciare le condizioni del suo Paese. Emma vive in Messico, discretamente terrorizzata dai disastri generati da suo fratello.”

Del resto, la realtà non potrebbe essere più evidente, il progresso e l’evoluzione non si conciliano con i regimi dittatoriali, ce lo hanno insegnato con le esperienze messe in pratica in tutti i Paesi in cui il socialismo si è imposto. E Carlos Rangel che alla militanza mancina ha dedicato piacevolissime pagine, nel suo saggio DEL BUON SELVAJE AL BUEN REVOLUCIONÁRIO (Del Buon Selvaggio al Buon Rivoluzionario), a proposito del tentativo di instaurare il modello socialista in Cile.

Questa, quindi, è una lettura, che i nostri cultori del socialismo dovrebbero leggere per capire meglio che ancora oggi – com’è stato nel passato – il collettivismo, in concreto, non produce assolutamente niente di positivo. Parola di chi ha visitato Cuba…