visto da Tullio Pascoli
5 Lug 2015
Pubblicato pure su www.liberalcafe.it
Contro una certa retorica spicciola
Sembra che ormai qualcuno in giro per i diversi motori del WEB, guidato da un incurabile endemico provincialismo – che è anche tipico del nostro caro Paese -, si stia sbizzarrendo in una superficiale specie di canto del cigno, sforzandosi ad osannare regimi, – a dir poco – di scarsa vocazione democratica, per non definirli assolutamente dispotici e palesemente illiberali; infatti, non esitano ad applicare veri metodi tirannici nel vano tentativo di sperimentare nuove variazioni del socialismo altrettanto effimere, adottando duri metodi autoritari repressivi e rinchiudono, in carcere non solo dimostranti che conclamano i propri diritti alle confiscate libertà, ma addirittura anche gli scomodi rappresentanti politici dell’opposizione legittimamente eletti che si appellano alla democrazia.
Ecco che il mondo civilizzato, perplesso, deve assistere come, in totale contro corrente con le tendenze che ormai a grandi passi, irreversibilmente si affrettano verso una consolidata e definitiva globalizzazione, mentre noti regimi nel loro singolare isolamento, come Venezuela, Argentina, Cuba, Bolivia, Ecuador eccetera, nel vano tentativo di allungare un po’ il tempo ormai già scaduto dell’agonizzante ideologia collettivista, si illudono di poter ancora tornare ad un triste e delittuoso passato. Così, fra i nuovi califfi di piantone, c’è chi più e chi meno, sostiene la riedizione del Vecchio che nel frattempo, dopo aver accumulato devastanti risultati, non ha potuto evitare di alzar bandiera bianca, sotterrato dalle macerie del Muro di Berlino che ne hanno definitivamente decretato il fallimento. Del resto, il celebre ed illuminato liberale austriaco, Ludwig von Mises, all’indomani della Rivoluzione Bolscevica già nel lontano 1922, nel suo famoso, quasi profetico saggio – SOCIALISMO – aveva acutamente previsto, descrivendo pure come e perché la teorica economia collettivista non avrebbe retto alle realiste leggi della pragmatica realtà economica, per il semplice fatto che i prezzi li determina il Libero Mercato.
Ma i sinistri orfani non lo hanno ancora imparato e fra questi nuovi occasionali arruffapopolo, coadiuvati dai propri disciplinati opportunisti pretoriani, c’è chi bene o male dissimula la propria ostinata fede marxista e chi, nella maniera più rozza, confessa apertamente le proprie scelte e mette in pratica odiosi metodi autoritari, senza una minima considerazione per le ampie minoranze che, al contrario, invocano le proprie legittime aspirazioni alla libertà. Ma tutti questi impostori, sostenuti dalle compiacenti appendici parassite, sembrano unanimi nell’illudersi di poter resuscitare la naufragata e deleteria ideologia mancina che sbandierano con impudico populismo, strumentalizzando l’ignara folla più remissiva, in sfacciate esibizioni oscene in pubblico, con screditati slogan obsoleti e frasi di effetto che sensibilizzano solo i più docili indifesi ed ingenui creduloni sprovveduti di una minimamente ragionevole pragmatica e cosmopolita visione politica dell’ economia.
E ciò che è peggio, è il fatto che ai demagoghi con l’ausilio della sospetta connivente burocrazia privilegiata, si associano pure certi puntuali intellettuali idealisti benintenzionati, promiscuamente accomunati ai soliti devoti superstiti romantici sognatori che giustificano un po’ di tutto, anche il ricorso alla prepotente e violenta repressione che magari scagionano con cervellotiche elucubrazioni, essendo necessario credere per vedere giacché – secondo loro – bisogna fare reali sacrifici oggi per un ipotetico futuro migliore domani (in un avvenire che mai giungerà); e vi mescolano l’idilliaco farcito di stravaganti aspirazioni utopiche, alle futili tesi già sperimentate negli ’60 dal bucolico movimento dei figli dei fiori, quando a Woodstock gli hippies inscenavano prove di un’ingegnosa linea filosofica: amore, pace, sesso e libertà che a sua volta, aveva tratto la propria ispirazione dal mitico mondo naturale del “nobile” buon selvaggio idealizzato dall’ambiguo Rousseau…
Ebbene, un po’ per contrastare i difensori di tali frivole superficialità, chissà che qualche onesto liberale, non sempre disposto a condividere tante contraddittorie santificazioni e, non pensandola allo stesso modo, gradisca udire anche una campana meno stonata, leggendo qualcosa di più coerente e meno indulgente con certe fantasticherie. Così, a questo tipo di lettore, desidero proporre una mia frettolosa e pur sommaria traduzione della breve intervista rilasciata dalla straordinaria e brillante stella emergente nel firmamento del più puro Liberalismo latinoamericano – la bella giovane guatemalteca Gloria Alvarez – della quale, certamente, si sentirà ancora parlare parecchio. In una specie di intervista rilasciata ad un’emittente televisiva, con assoluto ponderato criterio, espone la sua analisi di ciò che tormenta queste lontane contrade, forse, non abbastanza bene capite dagli egocentrici Europei. Fra l’altro, questa esuberante ed eloquente interlocutrice, in altra occasione, aveva già lasciato a bocca aperta brizzolati membri del Parlamento Latinoamericano, dando agli spettatori presenti una magistrale lezione di politica in un discorso di strepitoso successo e che ora circola con frequente visitazione, sulla piattaforma di youTube come per le diverse reti di Internet.
Ecco quanto ha pedagogicamente da dire:
“Il manuale del populismo in America Latina segue essenzialmente determinati passi che, se facciamo attenzione, possiamo vedere in maggiore o minore misura dal Messico fino in Patagonia; ciò non significa che in tutti i Paesi si manifesti esattamente allo stesso modo; ma possiamo esaminarne la ricetta:
In primo luogo, si diffonde odio nella società, dividendo e polarizzando affinché la società non abbia realmente più rispetto per se stessa e perda la disposizione a collaborare, abbandonando la solidarietà.
Una volta ottenuta questa finalità, nel caso in cui il populismo raggiunga il potere, si elimina tutto il potere del legislativo, perché, è ovviamente necessario allungare il braccio dell’esecutivo, in modo che passino tutte quelle leggi abusive in nome del “popolo”, potendo allora avanzare con il progetto seguente, all’organismo giudiziario; infatti, bisogna avere dei giudici al proprio lato, altrimenti iniziano i procedimenti contro la corruzione, perché si deve mirare ad uno stato di impunità per poi esercitarne il controllo.
Dopo di ciò, si inizia a limitare le libertà economiche come, per esempio, proibire alla gente di acquistare determinati prodotti dall’estero, proibire alla gente di esportare, negare alla gente di possedere determinate proprietà; oppure, lo Stato inizia ad aggiudicarsi la prerogativa di commercializzare e vendere determinati prodotti.
A seguito di ciò, non si può più mantenere liberi i mezzi di diffusione; bisogna iniziare quindi a limitare le libertà di espressione dei media che denunciano la corruzione. Le riforme costituzionali finiscono per diventare la cuspide di questo manuale.
Allora, si torna a favorire gruppi di interessi economici con privilegi di alcuni contro quelli di altri. Così, la vena dell’odio in America Latina fomenta passioni perché arriviamo da un passato segnato da conflitti. Eppure, il discorso polarizzante si verifica in tutti i paesi ed in tutte le ideologie.
Invece, la persona deve acquisire dignità, rispetto per se stessa ed una sensazione che il mondo è pieno di opportunità. In America Latina, al contrario, ci si riconosce come eterne vittime, alla ricerca dei responsabili dei propri mali.
L’Argentina è uno di questi; altri cercano di nascondere il sole con un dito, come con il gioco del calcio “per tutti”. Ma il manuale funzione soprattutto in Venezuela, Ecuador, Nicaragua, anche se nessun altro ha saputo seguire questo manuale come Cuba. Infatti, il populismo idolatra, esalta la figura di una persona con la quale bisogna necessariamente essere d’accordo; chi diverge è un nemico pubblico. E così, ci si allea con il narcotraffico, eccellente e potente sostenitore […]”
E qui vorrei anch’io aggiungere come tutti noi, di fatto, constatiamo periodicamente come il narcotraffico in contumacia – privo di minacce da parte della Legge – riesce ad infiltrarsi nelle maglie del potere, sfruttando la sua abile capacità di assoldare simpatizzanti nell’ambito della politica, di influenti autorità che vi aderiscono in segreto ed in parte alcune fasce della società civile stessa; infatti, ricorre alla pratica dell’equivoca filantropia, contaminante assistenza, prestando solidarietà agli alleati conniventi – magari in cambio di voti – fra le comunità più povere, distribuendo parte dei lauti illeciti proventi. Molti ricorderanno la commozione popolare che ha accompagnato il funerale a Medillin di uno dei più temuti ed infami trafficanti colombiani, Pablo Escobar che patrocinava diverse comunità meno privilegiate.
E proprio a proposito del narcotraffico, l’oltremodo accreditato giornalista argentino Andrés Oppenheimer (New York Times, Washington Post, CNN, CBS e BBC ecc.), dopo aver potuto discretamente investigare il caso durante diversi soggiorni a Cuba, ha scritto un’ interessantissima rassegna storica dal titolo LA HORA FINAL DE CASTRO – che ho potuto acquistare a Caracas, prima della deleteria fase “bolivariana chavista” – in cui il prestigioso autore racconta, quasi come fosse un vero romanzo giallo, l’infame tragedia di due alti ufficiali castristi, ai quali lo stesso Castro, personalmente, promettendo solo una falsa simulazione dell’esecuzione, in piena notte, in segreto, li faceva fucilare, mettendoli a tacere per sempre, cancellava il pericoloso archivio vivo capace di rivelare l’ambiguo ordito che coinvolgeva il del regime di Castro ad impronunciabili compromettenti rapporti con l’ allora famoso caudillo del Panama, Manuel Noriega, che proprio per tale motivo, ha trascorso una ventina di anni al fresco negli Stati Uniti…
Ecco com’è la parte meno esaltante dell’America Latina che qualcuno vorrebbe che l’Italia sostituisse addirittura all’ Unione Europea… Certo, l’Unione non vada più bene, lo pensiamo in molti, ma suggerire di saltare dalla pentola alla brace, associandoci alla Grecia, non è certamente la soluzione ideale. E se quanto esposto dalla brava Gloria Alvarez non dovesse essere abbastanza convincente, serve fornire ulteriori ragioni.
Allora, vale la pena completare questo quadro, aggiungendo com’è il glorificato Venezuela “bolivariano”, dove il populismo raggiunge il culmine della più grottesca farsa. Infatti, il dispotico “caudillo” di turno, degno successore del despota – che, di fatto, non era altro che il suo fedele autista (e con l’occasione anche la sua leale guardia del corpo). Ed ecco che il bravo Nicolàs Maduro, nella sua illimitata prepotenza, ha addirittura sostituito la preghiera del “Padre Nuestro” con niente meno con quella di “Hugo Chaves Nuestro”… e senza un minimo di pudore, non esita dichiarare pubblicamente che la folkloristica figura di Hugo Chaves, oltre che a produrre autentici miracoli, gli appare in forma di uccellino con tanto di basco rosso in testa… E non è una barzelletta! Conveniamo, l’inverosimile carnevalesca assurdità sembra davvero di non aver più limiti… del ridicolo, naturalmente.
E chissà come l’abbia presa il buon papa argentino, con la sua poco dissimulata vocazione socialista che abbiamo proprio in casa nostra e che, con il suo bel parlare, dall’incorreggibile cadenza “portegna”, ormai, si avventura in prediche apertamente contrarie all’iniziativa privata; attribuendo anche lui i cambiamenti meteorologici – che a scapito della fede delle orde verdi, dipendono unicamente dalle attività delle macchie solari, ma che perfino l’indottrinato pontefice scarica sul capitalismo -; poi se la prende ancora con la globalizzazione; che purtuttavia la stessa Chiesa ha sempre perseguito per affermare la propria supremazia, a sostegno dell’infallibilità clericale, grazie all’esclusivo accesso alla verità assoluta e rivelata. Ed ora, non esita a dichiararsi contro il progresso della modernità, indipendentemente dal benessere e dalla ricchezza che proprio l’iniziativa privata distribuisce nel mondo intero; mentre lui, estrapolando da un minimo di ragionevole buon senso, canonizza niente meno che cardinali di palese inclinazione collettivista che Pio XII scomunicava…
Poi, il mondo cattolico si chiede come mai la gente va e si comunica o si sposa sempre meno in chiesa. Non che nutrissi tanta simpatia per il suo predecessore; ma, a questo punto, c’è davvero da sentirne una certa amara nostalgia. Ma come scriveva già nel 1930 Ortega y Gasset ne LA RIBELLIONE DELLE MASSE, la Chiesa secolarizzata, da sempre perde buone opportunità; infatti, invece di occuparsi dell’evoluzione spirituale, della fede, della salvezza delle anime o – magari – del disordine in casa propria, si intromette nelle faccende che non le competono; così, ricade nell’eterna tentazione di negare l’esperienza empirica, contestando la stessa scienza e manipola perfino la propria conturbata storia – a chi alimenta dubbi che si documenti sulla storia dei papi di Claudio Rendina o si documenti sulla devastazione delle civiltà precolombiane -; e se non bastasse, mentre un certo clero ambiguo, si compromette in intrighi politici e finalmente, il loro supremo dirigente, pretende dare lezioni agli economisti, quando potrebbe badare ai propri fallimentari scandali finanziari. Pertanto, in piena era della libera informazione e della globalizzazione, della spontanea circolazione della conoscenza, al Vaticano, cominciano a presentarsi i conti da pagare per gli errori che una parte dei suoi integranti commettono…
Ma per tornare alla nostra America Latina, ecco, in poche pennellate il quadro di come si riduce, ahimè, la parte più ammalata dell’emisfero che, invece di aspirare a progredire – come al contrario fanno Paesi come Cina, India ed ora perfino Viet Nam, dove di fatto, grazie all’abbandono delle politiche collettiviste e terzomondiste, la libera iniziativa sta per sconfiggere l’endemica miseria che li ha caratterizzati per decenni – mentre, buona parte dell’America Latina sembra preferire la via più semplice e breve in evidente senso contrario, i suoi despoti la trascinano inesorabilmente verso il declino, ostinandosi a perseguire perverse politiche populiste degradanti che alla fine compromettono quello che il grande liberale austriaco Ludwig von Mises definiva il circolo virtuoso dell’Ordine Spontaneo del Mercato.
Se poi, per concludere, vogliamo allungare lo sguardo su questo panorama, aggregando qualche tessera alla cornice del mosaico, per meglio poter interpretare la condizione politica della parte più decadente di questo sofferente emisfero, si potrebbe parlare pure della blogghista cubana Yoani Sanchez che senza lasciarsi intimidire, nei limiti possibili a Cuba, lotta coraggiosamente per i diritti alla libera espressione, in pieno “ presunto paradiso di quella che fino alla rivoluzione castrista, era la zona più prospera e culturalmente più evoluta di tutta l’America Latina, mentre oggi, dopo aver commemorato l’inutile rivoluzione che doveva eliminare la corruzione politica e la prostituzione nei bordelli, oggi esibisce e conserva queste emblematiche specialità in pieno pubblico ambiente, sotto il vigile controllo poliziesco compiacente. In compensazione, Cuba ha perso ben un terzo della propria Popolazione rifugiatasi nell’odiato capitalismo, dove gode della totale libertà ed usufruisce delle tante opportunità di un mondo opulento, dove non è mai mancata la carta igienica o l’insalata verde e non c’è di sicuro bisogno di far la fila per poter consumare ogni tanto un po’ di carne…
E se vogliamo completare questo specifico scenario, potrebbe essere un buon riferimento qualche capitolo dell’intellettuale cubano, Armando Valladares che, pur avendo appoggiato inizialmente la rivoluzione castrista, ha dovuto trascorrere ben 22 anni nel gulag cubano per delitti puramente ideologici, ossia, per aver osato di cessare a concordare con le scelte di quell’inquisitorio regime; ed oggi, libero grazie alla pressione internazionale, non fa più sconti a quella dittatura autoritaria e mette a nudo gli aspetti più detestabili di quel modello disumano e propone al mondo libero un’ampia rassegna nel triste saggio dal’ emblematico titolo CONTRO OGNI SPERANZA.
Ma le aberranti distorsioni nella politica e nell’economia dell’America Latina sono narrate da tutta una serie di autori “autoctoni”, e non com’è il caso di chi, ingenuamente ed in maniera piuttosto puerile – senza una minima concreta cognizione di causa -, non avendo, magari mai messo piede in queste zone, teorizza a distanza di oltre dieci mila chilometri, esaltando le disastrose gesta di deleteri regimi assolutamente fallimentari, mentre gli autori che vivono o che hanno vissuto la concreta realtà locale per la maggior parte dei giorni della propria vita, hanno conseguentemente tutti i titoli per commentare fatti ed aspetti autentici vissuti direttamente sul luogo e sulla propria pelle e non in modo soggettivo ed equivoco, astrattamente idealizzato dall’OPPIO DEGLI INTELLETTUALI a cui si riferiva il grande liberale francese Raymond Aron. Infatti, esiste tutta una vasta letteratura che tratta in modo del tutto oggettivo, tangibile, realista e pragmatico le tante deplorevoli vicissitudini latinoamericane di ieri e di oggi.
E per non limitarsi alle semplici insinuazioni, allungo ancora un po’ questa presentazione perché, forse, è utile dare anche i nomi degli stessi autori; infatti, a tali numerosissime pubblicazioni hanno contribuito intellettuali di tutto il continente, come i brasiliani Roberto Campos, J.O. Meira Penna, Jorge Caldeira, Antonio Paim, Arnaldo Jabor, Diogo Mainardi, Luiz Felipe Pondé, Rodrigo Constantino, Merval Pereira, Carlos Alberto Sardenberg, nonché il portoghese Joao Pereira Coutinho, per citare solo alcuni personaggi in grado di demolire pure l’equivoco mito che le solite indottrinate sinistre hanno montato attorno al tanto osannato sindacalista brasiliano Lula che in questi giorni non deve godere del miglior sonno, qiando una certa sinistra pretendeva addirittura di proporlo – incredibile ma vero – per il Premio Nobel per la pace…
Ed a questi autori si possono aggiungere il messicano Octavio Paz (Premio Nobel per la letteratura), il venezuelano Carlos Rangel (autore dell’ottimo DAL BUON SELVAGGIO AL BUON RIVOLUZIONARIO), i peruviani Hernando de Soto (autore de IL MISTERO DEL CAPITALISMO e di POVERTA’ E TERRORISMO), Mario Vargas Llosa (Premio Nobel per la letteratura) e suo figlio, l’esimio libertario Alvaro Vargas Llosa che insieme al cubano Carlos Alberto Montaner – autore di numerose opere su Cuba, fra cui VIAJE AL CORAZON DE CUBA – ed al colombiano Plinio Apuleyo Mondoza nel loro satirico libello, dal simbolico quanto sarcastico titolo: IL MANUALE DEL PERFETTO IDIOTA LATINO AMERICANO in cui gli autori fanno appunto riferimento al solito manuale descrivendo bene le contraddizioni di certi detrattori della modernità, del progresso e della Libertà.
Per cui i nostri stravaganti politologi dilettanti da strapazzo, dalla visione eccessivamente corta, farebbero bene a leggerne qualche pagina tratta dal Vero per meglio capire questo complesso Terzo Mondo che avrebbe tutti gli attributi per fare parte del primissimo mondo, se non fosse per la pesante eredità che porta sulle spalle ed alla quale i nuovi satrapi di piantone che vi governano, negandosi ostinatamente a porre rimedio; eloquente esempio di tale devastante e caratteristico provincialismo è costituito proprio da quel tipico modello “bolivariano” del Venezuela, e non solo.
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