LA LIBERTÀ di Ludovico Geymonat

Pubblicato anche su www.politicamagazine.it

Un’interpretazione in chiave marxista (Recensione)

Dopo la prolungata assenza da queste pagine, dovuta ad impegni di lavoro inderogabili, chiudo la lunga parentesi per commentare un nuovo argomento di nostro interesse: quello della Libertà; ma questa volta per recensire LA LIBERTA’ osservata dal punto di vista del frugale marxista. Sospendo, dunque, per un momento l’avida attività – a volte anche lucrativa – che un liberale “egoista” come me non disdegna, mentre tali volgari interessi venali certi marxisti apertamente li disprezzano, proprio perché le loro menti sono mosse dal disinteressato ideale egualitario; infatti, come si è sovente sostenuto, costoro non si corrompono dinanzi alle comodità che dai valori lucrativi materiali derivano: essi ambiscono a ben più nobili aspirazioni come la generosa inclinazione all’altruismo ed alla loro oltremodo sincera solidarietà spontanea che non si deve mai mettere in dubbio.Orbene, dopo avere qui cercato di esaltare il grande numero di intellettuali liberali, contestando il paradigma ampiamente accettato – secondo cui per essere intellettuali è necessario militare nel collettivismo -, avendo composto, forse, il più completo elenco di autori ed opere liberali di tutto il WEB, mi ero guadagnato pure alcune critiche per non aver incluso noti nomi del liberalismo mancino. Allora, per non lasciare inosservate e per riparare queste colpe, credo opportuno dedicare qualche parola a chi, pur ergendosi in favore della libertà, ha ancora continuato a sostenere la bandiera del marxismo perfino dopo il fallimento dell’Unione Sovietica.

Così come in una delle mie recensioni avevo messo in evidenza un incoerente saggio di Norberto Bobbio, il quale – secondo un rispettato liberale come Domenico Settembrini, ben meglio qualificato per sostenerlo -, ha addirittura lamentato il cambiamento di direzione del vecchio PCI, quando abiurava la linea ideologica seguita fino allo sfacelo del modello sovietico, analogamente, oggi, dedico questa pagina ad un altro paladino delle libertà di orientamento collettivista: Ludovico Geymonat.

Del resto, ogni tanto è anche utile confrontare le proprie idee con quelle di chi non condivide le nostre posizioni; ciò aiuta non solo a meglio comprendere le ragioni e le contraddizioni altrui, ma anche a consolidare le nostre proprie convinzioni. Perciò, credo che sia di indubbia utilità dare una sbirciata anche a qualche lettura mancina o di chi non la pensa esattamente come noi.

Allora, partendo da un saggio dal titolo stimolante come LA LIBERTA’ del noto pensatore piemontese Ludovico Geymonat e, con la distratta mente rivolta ad autori come John Stuart Mill – tanto per citarne uno -, pur sapendo dell’impegno marxista da parte di questo nostro accademico, fra l’altro anche degno eroe della Resistenza e puntale promotore della 105° Brigata Garibaldi <<Carlo Pisacane>>, io, da smemorato liberale, mi permetto di chiedermi, come mai l’autore ed i suoi compagni, abbiano potuto rimanere fedeli al comunismo anche dopo l’inevitabile crollo del cosiddetto paradiso del proletariato del quale Ludwig von Mises, con il memorabile SOCIALISMO, aveva in maniera così lucida e prematuramente profetizzato – nero su bianco – la fatale fine già nel lontano 1922, culminata poi, come ricorderemo per molti anni, solo nel 1989 con la caduta del muro della vergogna di Berlino.

Quindi, a fine lettura del suo breve saggio mi sembra di poter concludere che, pur apprezzando una certa onesta ostinazione in difesa della coerenza nella sua particolare ricerca della verità, con la quale l’autore esorta alla necessaria individuale e costante ribellione nei confronti delle consuetudini, ciò che ci rimanda direttamente al capolavoro de L’UOMO IN RIVOLTA di Camus – che Geymonat stranamente non menziona mai -, ahimè, non posso evitare di manifestare le mie perplessità e la mia ingenua incomprensione dinanzi all’ astratta analisi che egli fa della libertà. Infatti, mi sembra che egli faccia un eccessivo ricorso alla dialettica, nel tentativo di difendere una certa libertà marxista, mentre quegli stessi diversi valori ed interpretazioni che molto bene elenca in rapporto alle nostre meno qualificate libertà, possono essere altrettanto bene  applicati a ciò che egli chiama coerenza, sincerità e cosi via.

Posso certamente condividere l’idea della necessità dell’individuo di costantemente ribellarsi contro le convenzioni, contro le imposizioni, dovendosi schierare contro gli abusi, in difesa della propria indipendenza, riesaminando e revisionando ad ogni momento anche il proprio pensiero in funzione dello stato di cose, degli eventi e delle circostanze del particolare contesto nel tempo – tutte cose, dunque, che saranno pur sempre soggette alle inevitabili limitazioni interpretative di ogni singolo individuo, potendo pertanto, chiedermi se questa contestualizzazione non può essere trovata analogamente in totale conflitto proprio con quella stessa coerenza ed allo stesso tempo con la stessa sincerità in rapporto alla fedeltà che Geymonat e gli altri compagni rifondazionisti sembrano depositare incondizionatamente nell’ideale collettivista?

Va bene contestualizzare John Stuart Mill ed il suo tempo, siamo anche d’accordo sui limiti di libertà imposti dal fascismo contro i quali, del resto, Geymonat si è giustamente battuto; ma non possiamo allora anche noi contestualizzare Marx, Engels, Lenin ed i rispettivi assiomi del loro tempo? Possibile che in tal caso anche le “libertà” di conio comunista, soprattutto sotto i bravi ed umanissimi Stalin e Mao – ma non solo -, non possano essere ugualmente relativizzate, dal momento che nei paradisi del proletariato masse intere erano state costrette alla più tragica miseria, al punto di far perire di fame decine di milioni di individui sradicati dalle loro terre, riducendoli in schiavitù del lavoro forzato, nelle condizioni più disumane, per la gloria delle grandiose opere pubbliche, mettendo in scena le più sanguinose farse propagandistiche di quell’emblematico totalitarismo, nel deleterio tentativo di dimostrare al mondo occidentale la propria presunta efficienza e la validità dei loro modelli coercitivi? Ed allora cosa fare delle legittime individuali libertà di scelta di cui ci parlano Milton e Rose Friedman in FREE TO CHOOSE?

La libertà sarà sempre relativa per tutti, siamo d’accordo; deve costituire pure una conquista, forse quella più ambita; ed essa non potrà mai essere assoluta. Inoltre, nel testo condivido totalmente il suo sdegno dinanzi al sistematico scandaloso metodo di incentivo alla vile delazione ed allo stimolo al tradimento messo in atto dai nostri governanti nei confronti dei cosiddetti pentiti, ma per caso non è ciò che i regimi polizieschi comunisti hanno ampiamente praticato, mettendo addirittura i figli contro i genitori, dove gli stessi fratelli non potevano più fidarsi fra di loro? Ma che genere di libertà d’ inclinazione marxista è questa, se all’individuo non è nemmeno concesso il diritto alla libertà di esprimersi liberamente con i suoi cari e si nega loro la più elementare libera circolazione nel proprio territorio, com’era il caso in questi Paesi totalitari? Lo stesso male praticato dai fascisti non può essere giustificato per il fatto che lo realizzano i compagni comunisti con finalità che alcuni eventualmente possono considerare positive…

Ma a quale libertà può, dunque, aspirare l’individuo diventato solo un essere insignificante, una pedina al servizio del regime onnipotente di cui Orwell, al ritorno da quell’inferno, con i suoi capolavori ci ha fornito delle fedeli riproduzioni dei migliori esempi?

Ludovico Geymonat non è più fra noi, ma ci sono ancora non pochi suoi compagni che non esitano di fieramente alzare il minaccioso pugno sinistro chiuso; a loro va rivolta quindi la domanda che il celebre autore di questo strano saggio non può più rispondere in modo chiaro, senza fare ricorso all’ambiguo “linguaggiare” della dialettica, applicando anche un po’ di retorica che egli stesso affermava di tanto detestare. Leggere per credere!