visto da Tullio Pascoli
5 Dic 2010
Si accettano suggerimenti…
Un nuovo paradigma si sta consolidando nell’arcipelago della conoscenza e della cultura, ma non tutti lo sanno e molti fanno finta di non accorgersene, mentre quelli che vorrebbero addirittura emulare una specie di nuova guerra fredda – sostanzialmente interna, nostrana -, magari, nell’assurdo sogno di risuscitare il grottesco collettivismo, si ostinano a negare ancora che il Liberalismo vive una nuova reale primavera. Eppure, possiamo negare che qualcosa di nuovo, di chiaramente positivo, di concreto e molto solido si sta affermando?Di fatto, una nuova fase storica, da qualche tempo in qua in questa nuova alba della civiltà, brilla allo splendente orizzonte, restituendo alla comprensione umana nuovi parametri, equilibri, mutate visioni, misure, possibilità, una ringiovanita guida che si affaccia ad ulteriori alternative di una rinata consapevolezza. Del resto, da questa stessa moderna fonte di sapere, dalla rivoluzionaria conflagrazione provocata dal fenomeno della più estesa e completa rete d’informazione mai esistita prima, si convalida una innovativa realtà: la fine dei monopoli della sapienza, la disfatta di una certa ignoranza, il declino delle dottrine equivoche ed il risveglio di una riscoperta libertà d’ interpretazione della maniera volubile di vedere e di affrontare il presente rivolto all’avvenire ricco di prospettive. Antichi documenti segreti diventano pubblici, millenari misteri rivelano gli aspetti più celati e scienza e tecniche sono ormai accessibili a praticamente tutti. E tutto ciò, se proprio non ratifica definitivamente l’epilogo finale dell’ostracismo imposto politicamente, ne delimita di certo quei perversi effetti della sua deleteria azione.
La trasparenza invade ormai ogni settore e gradualmente s’impone un po’ ovunque: la corruzione, invece, affronta nuovi rischi e deve temere le indiscrezioni che rompono il silenzio dell’omertà che alimenta la corruzione, mentre l’inganno, le ipocrisie, le mezze verità, quelle false o presunte, le solite ambiguità della demagogia, le mistificazioni poco a poco perdono i fragili sostegni di un’informazione monocromatica quando, allo stesso tempo, le versioni univoche sono messe a dura prova; ecco che la decadenza dei nuovi profeti è sempre più evidente. Ci possiamo chiedere se siamo giunti al capitolo conclusivo ed al termine del dominio da parte degli orfani indottrinati intellettuali di sinistra che ci hanno condotti a questo arido ambiente di declino? Noi non ne dubitiamo.
Detto questo, non pretendo sconfessare quel grande pensatore del secolo ormai concluso – Raymond Aron – che, al contrario, dall’alto della sua illuminata ed ahimè ancora non abbastanza riconosciuta perspicacia cercava di avvertirci; infatti, denunciava già allora una dominante perversione; ed al tema del pernicioso “sinistrismo”, aveva dedicato un oltremodo utile quanto più che opportuno saggio: L’OPPIO DEGLI INTELLETTUALI.
Tuttavia, se negli ultimi – poco più o poco meno – cent’ anni si è imposta una coriacea egemonia dell’ avvilente ed equivoco pensiero egualitario, ora, con un po’ di confortante sollievo di tutti coloro che avversano quelle pretenziose “rivelatrici” ed ingannevoli dottrine, ma che invece coraggiosamente difendono il merito ed amano la libertà – senza paletti -, vedendo un crescente barlume in fondo alla tetra oscurità del tunnel in cui una certa equivoca profetica e retorica tradizione culturale e politica ci aveva indotti a fossilizzarci, possono finalmente liberare un lungo sospiro.
Allora, forse, ci si può augurare che all’orizzonte molte nuvole scure – quelle del pessimismo – si stiano davvero e finalmente dissipando e che ormai torni a splendere un lusinghiero chiarore di luce carico di promettente divenire, di speranza, di fede nell’esuberante Libertà e, soprattutto, nella capacità degli individui di saper rimediare ai propri errori, di riconoscere e rivedere certe equivoche verità assolute, ammettere e tollerare opinioni altrui distinte, valorizzare le composite diversità, riconoscendo ai singoli il diritto al privilegio per le proprie preferenze e pure di potersi pentire con le prerogative di modificare quelle stesse volontarie scelte.
Possiamo, quindi, illuderci di vivere un’epoca di favorevoli mutazioni? Tutto è sempre in permanente mutazione e Popper insegna che la conoscenza non si esaurisce mai. Pertanto, nonostante la realtà europea ed in particolare – a breve termine – quella italiana, attualmente, si presenti piena d’ incognite e di preoccupanti incertezze, noi, non ispirandoci a teorie ideologiche, non incantati dall’eloquenza dell’oratoria del demagogo di turno, ma mossi dall’interesse, dall’ottimismo, dall’entusiasmo, dal desiderio di misurarci, di competere fiduciosi per poter conoscere noi stessi, senza delegare o schivare responsabilità, intendiamo raggiungere con i propri mezzi, nei nostri limiti, sfruttando le abilità di ognuno nel perseguimento del merito con l’intuito di realizzare le nostre lecite ambizioni. Poter, quindi, realizzare progetti alimentati dalle multiple prospettive, portare a termine le potenzialità offerte dalle sempre nuove opportunità e non più guidati dall’accomodante paternalismo pianificato imposto e dettato dalla nomenclatura deputata alla guida della militanza, abusando dell’astuta retorica che incanta gli ingenui, indifesi e più esposti. Certo, niente è definitivo, toccato il fondo del pozzo, quando l’acqua arriverà a bagnare le natiche di molti, la massa credulona si desterà, potendo sensibilizzare i propri sensi ed in fine capire come ritrovare gli stimoli e lo spirito d’iniziativa d’altri tempi per nuovamente rimboccarsi le maniche e tornare a prosperare e godere l’acervo delle nostre potenzialità.
Ma nel frattempo, in questo temuto – e speriamo – passeggero frangente, si assiste con deprimente rassegnazione monacale al tramonto delle nostre glorie, al continuo decadimento del proverbiale creativo talento che da sempre caratterizza gli Italiani; ormai, avviliti e demotivati dall’insaziabile ed asfissiante ingordigia politica, si arrendono all’inerzia che qualcuno esalta addirittura come “ozio creativo”. E mentre le strade delle opportunità, da noi, si stringono, si accorciano e di giorno in giorno diventano sempre più irte, vediamo l’epicentro del benessere e del progresso allontanarsi dal Mediterraneo e, ad accelerati lunghi passi, dall’ Occidente vincere l’Atlantico, spostandosi fino alle estremità del Pacifico. Infatti, questo sarà inevitabilmente il secolo dell’Asia, dove la rinascita della fede nei valori dell’individuo è ormai palesemente ristabilita; dove la gente lavora, senza guardare ancora alla precoce pensione come massima aspirazione.
Dopo decenni di stagnante povertà, quando il potere centrale soffocava le moltitudini nella sanguinosa repressione, nella fame con l’ inutile idea di realizzare un chimerico paradiso terrestre, s’imponeva il collettivismo demagogico che prometteva a tutti la felicità, ahimè, puntualmente rimandata ad un eterno domani. Il chimerico sogno ha però comportato un altissimo prezzo: invece di generare benessere, ha solo prodotto miseria distribuendo lutti. Inoltre, quei modelli di dittature del proletariato pretendevano generare giustizia e solidarietà istituzionalizzata, spegnendo ogni lecita aspirazione dei singoli. Quell’illusorio sistema inibiva ogni iniziativa privata, mortificando le naturali inclinazioni umane all’azione della spontanea creatività, stimolando solo inerzia, fomentando la stagnazione ed il disinteresse individuale e collettivo, ingessava ogni impulso all’intraprendenza. Ora, però, correndo in senso inverso al nostro, con una continua quanto stupefacente crescita da ormai più di vent’anni, le masse incentivate all’opera, stanno recuperando il tempo perso. E tutti noi abbiamo sotto gli occhi lo sviluppo che davvero sta cambiando il tenore di vita in Asia, non solo economicamente parlando, ma anche nei risultati della ricerca, della politica, le tendenze del pensiero e nella cultura, nel progresso generalizzato.
Certo, riconosco che in quanto semplice autodidatta ed insignificante dilettante, senza titoli per sentenziare dal mio modesto anonimo covo, a siderale distanza dalle ambite tribune, dalle qualificate cattedre, non potrei pretendere d’impartire lezioni filosofiche, di sociologia, di economia, di storia o di politica. Come non ammettere che i legittimi depositari delle verità rivelate, della scienza, delle particolarità analitiche sono gli accademici blasonati e gli specialisti pubblicamente riconosciuti che ne detengono l’esclusiva? Evidentemente, non mi posso nemmeno considerare una specie di umile Schliemann… Eppure, non si può concedere anche ad un mero anticonformista solitario indipendente di produrre un po’ di chiasso quando ciò non è mai stato negato ad una miriade di facinorosi militanti di stampo giacobino?
Del resto, una delle caratteristiche che ha segnato l’ultimo secolo è stato proprio un insopportabile chiasso; anzi, oserei dire che ciò che ha impresso il ritmo al coro unisono, strillato a squarciagola con la peculiare sediziosa veemenza, accompagnato dai soliti noti slogan monotonamente ripetuti con rancorosa rabbia di chi ignora la più timida virtù di una minima tolleranza nella civile convivenza, è proprio stato il plateale schiamazzo degli indottrinati.
Esternato cinicamente dalle puntuali orde esaltate, incitate da un’ideologia velenosa e distruttiva, così come ieri, ricorrono intenzionalmente, ancora oggi, all’intimidazione attraverso il loro solito minaccioso baccano. Il tempo, la cadenza non sono dettati dal passo, ma dalla gazzarra delle ripetitive manifestazioni di ogni buon pretesto, inscenate da una militanza obbediente; disciplinata nelle intenzioni e nel bersaglio, ma anarchicamente disordinata nei modi, gli arrabbiati istigati, si riversano sulle piazze e per le strade all’arma bianca ed ora, l’ultimo grido della moda sono le coreografiche scenate, le teatrali scalate su per i tetti, l’irreverente occupazione dei dignitosi monumenti, o l’insurrezionale assedio alle sedi delle pubbliche istituzioni, quando non sono impartiti gli assedi di stile bolscevico con prepotenti picchettaggi alle entrate delle fabbriche e perfino degli ospedali.
Ecco, è proprio così che interpretano la democrazia che si esprime con sopruso, per riconfermare ad ogni pretestuosa occasione i veri metodi, le vere inclinazioni di una temeraria, invadente e tracotante minoranza. Sì, non manca la chiassosa espressione folcloristica delle grottesche esibizioni in puerili girotondi, gli immancabili striscioni inneggianti lemmi da paramilitari, le bandiere rosse ed iridate melodrammaticamente agitate in apparente gioioso diletto, dove il farsesco stranamente si mescola al serio, accomunando minacciosa contestazione di faziosi, fanatici promotori di selvaggia violenza, convulsione, sovversivo disordine, terrorizzanti aggressioni del tradizionale più evidente ed inequivocabile conio mancino che non dissimula le vere origini di una qualificata identità che da sempre ricorre alla retorica per giustificare ogni genere d’illecita rivoltosa trasgressione.
Pertanto, qui nel preambolo, mi si perdoni una debolezza: quella di cedere alla presente rudimentale flatulenza pseudo intellettuale con cui anch’io, un po’ più moderatamente, esprimo la mia seppur inoffensiva quanto particolare indignata rimostranza.
Conclusa questa noiosa premessa, dunque, veniamo all’essenza del nocciolo di queste righe: confutare un paradigmatico luogo comune, secondo cui, il Liberalismo sarebbe ormai un ideale obsoleto e utopico, mentre noi gravemente colpevoli di non mantenerci informati leggendo REPUBBLICA, L’UNITA’, IL MANIFESTO, LIBERAZIONE o La Gazzetta, sosteniamo che il pensiero libero vive un periodo oltremodo favorevole ed è soprattutto in ascendente espansione. Ma gli intellettuali non dovrebbero essere davvero tutti “progressisti” praticando la nuova religione, dalla loro parte mancina?
Ebbene, mettendo alla prova una certa dose della mia pazienza stanca, sacrificando più di alcune ore di meritato riposo, sono riuscito a raggruppare la rispettabile quota di ben oltre 600 autori, registrando la rispettabile somma che in breve raggiungerà due migliaia di opere che in modo abbastanza sensato possiamo serenamente definire liberali. Un po’ troppo per poter sentenziare che si tratta di una dottrina agonizzante e spacciata, no? Non a caso il numero sia degli autori che delle opere tende ad aumentare perché, come nelle miniere, più si scava e più si trova e si accumula.
Oddio, sul “fronte” dei puntuali detrattori mi potranno contestare alcuni nomi o titoli. Già, non posso negare, perciò, che alcune referenze inserite, potrebbero risultare controvertibili, non qualificandosi come autenticamente liberali. E’ il caso, forse, di ex combattenti marxisti – anche se dissidenti – quali Camus, Orwell, o socializzanti come André Malraux o l’americano John Rawls ecc. Eppure, ciò non compromette il fatto che si tratta di veri intellettuali di peso che, pur rimanendo relativamente fedeli ad una certa sinistra, si sono attivamente impegnati in modo molto deciso, coerente ed inequivocabile, in un’ostinata battaglia in difesa dei valori individuali, senza temere di condannare anche, se non soprattutto, proprio quei regimi totalitari rossi, al punto di essere screditati dagli stessi compagni di più ortodossa confessione fino ad essere condannati ad un tacito ostracismo.
Del resto, per mia stessa ammissione, riconosco di aver svolto – chiamiamolo pure così – un “lavoro” amatoriale superficiale, lasciando l’approfondimento, la ricerca analitica agli studiosi ben meglio qualificati. Tuttavia, è il caso di non omettere che il limite fra destra e sinistra, sovente, può risultare ambiguo; così, equivoco mi sembrerebbe includere un’autorevole figura della sinistra quale Bobbio, frequentemente spacciato come liberale, mentre – secondo me – non merita tale attributo che gli è sempre stato stretto; infatti, non può essere escluso dai devoti militanti dell’ oltremodo falso umanismo marxista dei bolscevichi, non essendosi mai completamente convertito, non ha convinto, mancandogli il coraggio di dissociarsi ed abiurare o di denunciare la tragica sanguinaria repressione stalinista, come ha saputo fare altri più coraggiosi colleghi di fede.
Invece, sono numerosissimi i pentiti che – anche – prima della caduta del Muro della Vergogna di Berlino, oggi integrano fieramente l’élite dei più convinti e persuasivi liberali. E’ il caso dello stesso Popper, di Aron, Octavio Paz e di Furet o del nostro Silone per citarne alcuni che si sono da sempre battuti ad oltranza per i diritti ed i meriti dell’individuo, per le prerogative alle sue legittime aspirazioni, anche in difesa della libera iniziativa in un’economia di mercato, senza intromissioni da parte del potere politico o burocratico; esemplari sono gli esempi storici, che ci hanno dato agendo tenacemente, i memorabili padri della Repubblica quali Einaudi e Sturzo ed i celebrati liberali di Manchester, della Scuola Austriaca, di Chicago e tanti altri ancora.
In conclusione, qui i simpatizzanti ed i cultori dello spirito liberale troveranno un pozzo senza pari da cui poter generosamente attingere; in una maniera veloce e facile, troveranno una vasta antologia culturale della più ampia raccolta letteraria liberale. Senza sforzo, spostando il cursore sui nomi degli autori e con un semplice clic si aprirà istantaneamente una finestra con le opere più note ed espressive di ogni autore elencato scelto. Ho riunito il massimo di nomi e titoli – ma certamente non tutti – in un unico “scaffale”, immaginando di poter dare in questo modo un mio modesto contributo in ausilio a chi non trova, non ha tempo o pazienza di tuffarsi nella rete per personalmente realizzare tediose ricerche.
In fine, sono del tutto consapevole che l’elenco non è completo, né definitivo; anzi, se qualcuno vorrà aderire a questo sforzo, potrà sempre contribuire proponendo autori ed opere fin qui omessi; sarò lieto di accogliere tali eventuali utili e costruttivi suggerimenti, per i quali ringrazio fin d’ora!
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