visto da Tullio Pascoli
28 Set 2010
L’UOMO CHE SUPERÒ I CONFINI DEL MONDO, Vita e viaggi di Cristoforo Colombo l’eroe che dovrebbe essere santo di Ruggero Marino (Recensione)
Dopo aver letto – e favorevolmente commentato – il precedente saggio di Ruggero Marino: CRISTOFORO COLOMBO – L’Ultimo dei Templari, opera preceduta da CRISTOFORO COLOMBO E IL PAPA TRADITO, non potevo perdere l’opportunità di divorare questa sua nuova pubblicazione “L’UOMO CHE SUPERÒ I CONFINI DEL MONDO, Vita e viaggi di Cristoforo Colombo l’eroe che dovrebbe essere santo” (Sperling & Kupfer”), così alla prima occasione mi sono affrettato alla sua lettura ed ora desidero commentarla, raccomandandola a tutti i miei conoscenti ed a chi mi legge.
Da incallito ed incurabile anticonformista, accolgo, dunque, con giustificato entusiasmo questo instancabile appello offerto al pubblico, con cui Marino nuovamente propone un’opportuna revisione di paradigmatici secolari equivoci consolidati. Infatti, con queste sue opere il bravo autore, con incomparabile determinazione ed in totale controcorrente, da decenni con puntualità ossessiva, rinnova questa sua perseverante lotta nella sua solitaria battaglia. Guidato da alcune straordinarie intuizioni, fra cui l’enigma della misteriosa lapide, visibile a tutti in San Pietro, dedicata al pontefice Innocenzo VIII; infatti, mentre Colombo è ancora in viaggio con le tre caravelle, la lapide gli tributa palesemente i meriti di tale iniziativa, prima ancora della scoperta ufficiale delle Americhe. Strano, vero? L’autore, dunque, stimolato da altrettante evidenze, come l’inquietante precisione della riproduzione non solo del Nuovo Mondo, ma perfino delle Terre Australi su antiche mappe, in parte anche affrescate su soffitti in antichi palazzi ancora visitabili ai nostri giorni, e di molto anteriori alle loro scoperte, inizia il suo paziente calvario delle sue scrupolose esaltanti ricerche.
Sconfortato dall’incomprensibile distrazione da parte di diverse generazioni di storiografi, stuzzicato dalla sua virtuosa curiosità, incappa in tutta una serie di nuove tracce che, con la sensibilità e l’olfatto del migliore segugio, non perderà più di vista, anzi troverà sempre nuove orme. Infatti, convinto di trovarsi sulla buona strada, senza rassegnarsi più, decide di battersi per la giusta causa, quella di ristabilire la verità di cui la storia aveva perso memoria. Questo suo infaticabile impegno, votato al riscatto di uno dei più eminenti personaggi del nostro glorioso passato, è più che ammirevole e merita ben maggiore solidarietà ed almeno altrettanto adeguato omaggio.
Pertanto, ancora una volta, saluto il fiero coraggio dell’individuo indipendente che, incredulo abbandona le vie della consuetudine e si avvia su nuove strade scarsamente frequentate, per affrontare nell’impopolarità, a campo scoperto, il logoro conformismo dei conservatori, comodamente sistemati nell’agio delle facili certezze di chi trova più conveniente declinare il difficile onere dello sforzo necessario alla verifica, questionando e rivedere la veridicità di eventi e conoscenze fossilizzati. E’ qui dove emerge il grande merito degli innovatori eternamente insoddisfatti; ed in questo caso specifico si manifesta nella fatica rinnovata, in lunghi anni di meticolose indagini, di minuziose ricerche e di logoranti riletture anche di antichi documenti, che Marino ha dovuto togliere dalla polvere ed attentamente spulciare, anche con una certa esuberante indifferenza per quanto è stato sostenuto durante 500 anni nei testi ufficiali prodotti od accettati dagli affermati storiografi di cattedra di turno. Ebbene, nonostante i cinque secoli di falsità, di ingiuste accuse, di equivoche sentenze e di ingloriose condanne, impudicamente emanate nei modi più superficiali e scellerati dai più diversi personaggi dell’epoca, nei confronti del nostro eroe, Marino non si arrende.
Al contrario, invece di ammainare la bandiera bianca dinanzi alle ostilità, nella singolare battaglia personale contro tante avversità, come un pervicace archeologo che avanza negli strati dei suoi lenti scavi, attento e minuzioso, ha caparbiamente continuato le sue scrupolose visitazioni di luoghi, di musei, di biblioteche e di archivi rimasti seppelliti in una secolare inconcepibile omertà, senza esentare consultazioni ed altrettanti utili confronti con specialisti italiani e stranieri, con l’unica giusta finalità di liberare il grande navigatore dall’indegna immagine del più ignobile discredito prodotta ad arte dai suoi nemici che, invece, avrebbero dovuto celebrarne l’imparagonabile gloria, come incitava Ugo Foscolo, immortalandola in memorabili, gloriosi monumentali sepolcri.
L’autore, sciogliendo un irrigidito nodo dopo l’altro dell’immenso complesso groviglio storico, sorprendentemente, riesce a dipanare l’enorme matassa, ribaltando gli ambigui luoghi comuni sanciti dalla tacita accettazione generata dal tempo in modo più che controverso perché autentiche atrocità, artificialmente messe insieme, conducono ad una vera e propria vile congiura.
Così, anche con sollievo apprendiamo, attraverso una serie di sconcertanti taciute novità, come per troppo tempo e colposamente il vero Colombo – il nostro Colombo – sia stato ignorato ed ingiustamente umiliato, mentre i suoi più legittimi meriti venivano usurpati e carpiti dagli ostili avversari che, nell’infame sinistra trama abilmente ordita, riuscivano a privarlo dei suoi più legittimi diritti sulle terre scoperte, sentenziandolo al deplorevole ostracismo. I suoi diretti detrattori, dopo aver saputo astutamente sfruttare buona parte delle conoscenze di questo impareggiabile navigatore, con un’interminabile serie di spregevoli raggiri, ne avevano decretato la disgrazia. Ora, ritroviamo, tuttavia, il probo pacifico idealista che, anticipando la modernità, pretendeva portare tanto lontano il messaggio di fraternità cristiana, verso le future colonie del Nuovo Mondo, dove Cristiani tolleranti, dovevano serenamente convivere anche con altre confessioni. Invece, l’innocente Colombo, ben presto esautorato dalle sue cariche, assediato dalle minacce e seppellito nel tempo dalla coltre di menzogne, non solo deve assistere impotente allo sterminio degli autoctoni, ma deve subire perfino l’ inscenazione di processi farse, sul banco degli imputati, per vedersi attribuire addirittura le responsabilità di tali disumane indecenze, portate a termine dai suoi stessi detrattori.
Così, perplesso e frustrato si trova ingiustamente implicato nell’odiosa azione dei famigerati conquistadores, mentre i veri colpevoli e fautori – e con il grave contributo dell’inquisizione -, usurpano la memoria di Gesù con la croce in una mano e la spada insanguinata nell’altra. Seminavano morte, distruggevano dalle Antille alla Terra del Fuoco ogni vestigio di intere ricche culture di inestimabili patrimoni, che costituivano importanti fette della conoscenza umana, accumulata da Popoli sconosciuti – come, per esempio quella della “scrittura” degli Incas” che si esprimevano con i famosi incompresi quipu – oltre al prezioso capitale cognitivo delle tradizioni di antichi Popoli quali gli Olmechi, i Maya – che conoscevano ed usavano il numero zero, ben prima che questo dall’Oriente giungesse in Europa – e gli Aztechi che usavano forse il calendario più preciso mai usato dagli umani prima dell’era moderna, non si salveranno che poche miserabili briciole, mentre conserviamo vivo nei nostri registri delle tragedie, l’intatto ricordo ben documentato di una caterva di delitti impuniti.
Tacciato da molti come marinaio rozzo, incolto, come avventuriero ignorante, irresponsabile e disumano, Colombo è riportato in Spagna in catene, vittima dell’imperdonabile complotto di chi, squalificandone le gesta, ha voluto cancellarlo definitivamente dalla storia. In queste bellissime pagine, però, egli resuscita nella sua ciclopica dimensione umana. Nella godibilissima lettura, riaffiora, cresce e torna a splendere in qualità del rarissimo artefice della determinante svolta impressa al destino della storia moderna; infatti, se ad un certo punto degli avvenimenti le potenze europee iniziano il proprio declino ed oggi l’epicentro economico mondiale si trova in America, lo dobbiamo, senza alcun dubbio, in parte proprio a lui.
Qui ritroviamo, quindi, pure l’immagine di un grande esperto cartografo, al quale le porte delle corti europee si aprivano, grazie alla sua notorietà e riconosciuta competenza perfino fra gli stessi cartografi della potenza ottomana; perciò, ù più che evidente che si trattava già allora di un personaggio dalla comprovata e limpida reputazione che fedelmente coltivava i propri principi etici, potendo contare, inoltre, sul fondamentale sostegno del cosmopolita papa Innocenzo VIII, suo presumibile consanguineo e forse addirittura suo probaile padre.
Il navigatore dimostra a tutti non solo di essere uomo integro, ma anche di saper mettere alla prova i propri segreti, le sue intuizioni, nonostante le avversità del pericoloso doppio gioco di chi era stato designato ad accompagnarlo vigile nella traversata con le tre caravelle spagnole. Infatti, appena si avventura, sulla scorta della propria esperienza e – all’insaputa degli altri – di antiche carte che indicavano non solo una via alternativa verso l’Asia, ma comscio che su tale via esistevano terre abitate, note a pochi individui in Europa. Documenti che prudentemente conservava, quando i dubbi, ben presto, si convertono in concrete certezze con l’approdo su isole sconosciute agli altri, ma che con discrezione celano una certa velata familiarità che l’Ammiraglio dissimula senza dichiarla palesemente.
Purtroppo, accompagnato da gente infiltrata nella ciurma, che fin dall’inizio dimostra di poter fare un po’ da sé, con la tacita promiscua protezione almeno dell’intrigante re di Spagna, generando poco a poco sempre più gravi conflitti, Colombo subisce il tenebroso inganno di chi trama il vile tradimento. Piano piano, la mortale trappola svela i suoi deleteri effetti, dove la fama di eroe è scaltramente trasformata per assumere quella dell’ambigua figura di un comune volgare vigliacco. Così, ne deteriorano la reputazione adulterata da nuove versioni storiche spacciate in prima persona dai “cattolicissimi” Fernando ed Isabella di Spagna, in combutta con le nefandezze del pontefice spagnolo Alessandro VI, Borgia, nome che del resto evoca i più macabri intrighi di tutta la storia ecclesiastica, mentre il fedele Colombo non cesserà mai di conservare la propria lealtà.
Consola, tuttavia, il fatto che il ritrovamento dei meriti dell’Ammiraglio non sia stata propiziata da una futile volontà di rivalsa o dal perverso sentimento nazionalista o da un puerile sciovinismo. Infatti, Marino ripercorre bene le tappe del riscatto del suo prestigio, il cui reale credito guadagna posizioni e si rimette in moto per iniziativa proprio di uno straniero, di un neutrale francese – il conte Roselly de Lorgues -, il quale, per primo, propone la rivalutazione delle gesta di Colombo, dando inizio a nuove prospettive capaci di finalmente redimere la degna figura del grande Genovese da tante ingiuste quanto perfide accuse, per riportarlo sul piedestallo che meritatamente gli compete. Il nobile se ne assume le disinteressate difese al punto di addirittura suggerire che gli fosse riconosciuto il titolo di santità.
Marino coglie l’importanza dell’iniziativa e con questa sua nuova fatica, offre al lettore ulteriori rivelazioni in una lettura piacevole e scorrevole, come se fosse quasi un romanzo; e, ricca di colpi di scena, costituisce il valido ed ulteriore complemento conclusivo delle due opere precedenti, con cui l’autore ha saputo dissodare un terreno compattato dal tempo e reso arido, ma che, liberate le prime fertili zolle, mostra tutta la sua feconda potenzialità nascosta, condizionata e travisata dagli interessi oltremodo sospetti di parte e che da sempre avrebbero meritato maggiore critica attenzione.
Gli appassionati di un certo genere di lettura hanno qui l’opportunità di scoprire nell’ammirevole lavoro di Ruggero Marino, una specie di Heinrich Schliemann, il famoso bibliofilo tedesco, che dopo aver letto ed interpretato in modo proprio l’Iliade, decide di spendere tutto il suo patrimonio accumulato nella sua fortunata attività commerciale, per scavare in una collinetta fino a trovare – al settimo strato – le ceneri della mitica città di Troia, contrariando i soliti sapienti seduti comodamente alle proprie cattedre, guidati dalle loro ingannevoli certezze mentre, senza risparmiare sarcasmo, lo deridevano apertamente, squalificando la sua plateale competenza. Ma noi sappiamo come le grandi scoperte, le grandi intuizioni non provengono quasi mais da chi cammina tranquillamente sulla strada percorsa dalle moltitudini conservatrici. Gli autori ed i paladini delle grandi trasformazioni non amano le consuetudini, né temono di far udire la propria voce fuori dal coro; sono progressisti nel vero senso del termine: sono dei ribelli che osano uscire dal gregge per intraprendere strade sconosciute, dove l’ignoto si rivela alle loro curiosità.
O come suggerisce quel grande liberale britannico John Stuart Mill nel suo capolavoro SAGGIO SULLA LIBERTA’ :
Nella nostra epoca, il semplice esempio di anticonformismo, il mero rifiuto di piegarsi alla consuetudine, è di per se stesso un servigio all’umanità…
… Proprio perché la tirannia dell’opinione è tale da rendere riprovevole l’eccentricità, per infrangere l’oppressione è auspicabile che gli uomini siano eccentrici.
In questo libro, con la sua tenace e anticonformista ricerca storica Ruggero Marino s’è spinto ancora oltre, regalandoci una narrazione che smonta uno ad uno i travisati falsi “miti” costruiti attorno alla figura dell’Ammiraglio. A partire proprio dalla grande bugia secondo cui Colombo approda al Nuovo Mondo per errore, nel tentativo di circumnavigare il globo terrestre e raggiungere l’estremo Oriente. Niente di più falso: il genovese è perfettamente consapevole del suo obiettivo ed è molto più di un semplice e fortunato (o sfortunato?) uomo di mare. Si muove con totale consapevolezza: egli sa sfruttare non solo i venti, ma anche con la conoscenza delle correnti già descritte dai Cinesi ai tempi della Flotta d’Oro dell’Ammiraglio Zheng He, quando già nel 1421 era stato circumnavigato il globo; e Colombo con l’ausilio di mappe antiche, pretende realizzare un vero progetto studiato con l’approvazione di Innocenzo VIII e grazie ai finanziamenti ottenuti dal papa stesso dai compiacenti banchieri fiorentini e con la decisione di un missionario, di un soldato di Cristo, con lo stesso afflato religioso che caratterizzava gli ordini cavallereschi e, in particolare, quello più misterioso della Storia: i Templari. È un messaggero, incaricato direttamente dalla Chiesa di Roma fintanto che il generoso pontefice è in vita. E l’Ammiraglio, il Christo Ferens (come si firmava), subirà ogni genere d’infamia che qui, finalmente si cancella. Ma questa illustre opera non è affatto conclusa, anzi, è solo al suo inizio.
Ora tocca agli specialisti il compito di vangare ancora nello storico compendio, inspiegabilmente dimenticato e taciuto dagli accademici distratti. Così come l’autore sembra aver ricevuto dal conte Roselly de Lorgues il testimone, ora sMarino embra porgerlo a chi è chiamato a dare continuità alla gloriosa investigazione di quel passato, per riportare finalmente alla luce l’illuminante e più che plausibile verità insabbiata: una realtà troppo bene e troppo a lungo dissimulata, ora parzialmente rimessa a nudo attraverso il lungo calvario imposto al grande personaggio, denigrato come un martire. Mentre la sua riabilitazione viene opportunamente proposta al pubblico attraverso un’accurata ricostruzione ricca di prove e documenti, che illustra il secolare maleficio di cui è rimasto vittima il nostro grande navigatore.
Perciò, ed in conclusione, è giunta l’ora della riconoscenza anche per Ruggero Marino che, per tanti anni ha generosamente dedicato le sue energie in una diligente, faticosa quanto benemerita ostinazione, alla ricostruzione della veridica identità di un autentico eroe, anzi, un martire, del cristiano-eretico Cristoforo Colombo e del suo altrettanto incompreso pontefice.
Aggiungi un contributo