visto da Tullio Pascoli
6 Set 2010
FEDELI A OLTRANZA di V.S. Naipaul (Recensione)
Questo è un saggio, ma può essere letto quasi come un romanzo; un saggio eccellente da leggere e da rileggere; mai noioso, anzi, direi oltremodo interessante per le sue utili attente analisi delle diverse realtà dei luoghi visitati che passa in rassegna e degli incontri descritti ed esposti in modo molto chiaro ed abbastanza scorrevole. Scritto – piuttosto bene – negli anni ’90, forse è un po’ invecchiato, meritando forse qualche capitolo di aggiornamento in virtù degli importanti avvenimenti che si sono verificati in questi ultimi quindici anni.Tuttavia, il fenomeno del risveglio della coscienza islamica già di allora – e con ciò anche il ritorno del vigore di un intollerante fanatismo -, inserisce questa opera al centro della nostra attualità ed aiuta anche il lettore più distratto a meglio capire questo fenomeno religioso, sociale, economico e politico allo stesso tempo. Una fede sviluppatasi mentre l’Europa viveva i suoi secoli più bui, poteva considerarsi anche moderna; ma erano in altri tempi, altri contesti; l’Occidente è andato avanti in tutti campi ed oggi ciò che era progredito allora, attualmente, è ormai decisamente superato; i Paesi che non se ne sono ancora accorti, o che si ostinano a rimanere fermi nel ricordo del loro passato, prigionieri delle proprie obsolete tradizioni, ora stentano ancora ad adeguarsi al XX secolo e se non si decideranno a voltare pagina, facendo qualche passo avanti, difficilmente le prospettive potranno migliorare. Quel grande liberale messicano Octavio Paz,reiferendosi al suo Paese, scriveva che coloro che continuano a guardarsi in dietro, non possono osservare o capire il proprio presente, né molto meno mirare al proprio avvenire. La storia, infatti, come insegna Popper non si ripete mai e la conoscenza non ha limiti, non si esaurisce.
Ma il tempo dovrà certamente indicare loro le strade da seguire per raggiungere una certa riconciliazione con la modernità, con il progresso, con lo sviluppo, con la conoscenza che ormai poco a poco, in tutti gli angoli del pianeta raggiunge tutti gli individui – donne comprese. Questo mondo è in grado di guardare avanti, senza remore, senza la nostalgia del passato; in altre epoche, in cui la dottrina di Maometto poteva eventualmente avere un senso, a noi occidentali ormai non sono più facili da comprendere e da accettare. Perciò anche l’Islam – presto o tardi – dovrà, inevitabilmente giungere alla conclusione che il passato non può essere mai più rivissuto. Il progresso non è statico né conservazione, bensì evoluzione che procede in modo inesorabile, adeguandosi costantemente alle nuove interpretazioni della realtà, spinto dalle nuove scoperte e dalle nuove conquiste, senza mai fermarsi.
Del resto, anche se l’autore non lo dichiara, se osserviamo un po’ obiettivamente il processo di demistificazione nell’ambito dello stesso Cristianesimo, generato dalla scienza, dalle nuove scoperte e dalle interpretazioni delle Sacre Scritture in chiave più moderna, è facile comprendere l’imbarazzo non solo nelle madrasse e nella mosquee, ma anche nei conventi e nelle nostre chiese occidentali, anche se continuiamo a volgere il nostro sguardo al cielo, come facevano in antichità, quando pregavano il dio Sole, il dio Zeus poi divenuto Zeus.
Insomma, questa è una lettura da raccomandare a chi apprezza contenuti concreti capaci di indurre il lettore critico alla serena riflessione.
Naipaul, vivendo in Occidente ed essendo lui stesso di origini asiatiche, forse mostra di rimanere toccato dinanzi a ciò che trova, notando come la strada che quei Popoli dovranno ancora percorrere si presenta piuttosto lunga e complicata. Ma non si tratta di una reazione isolata; infatti, ciò avviene con frequenza anche con i nostri oriundi: pure loro sviluppano sovente idee romantiche della patria di genitori e nonni; immaginano i luoghi delle loro origini con la mente condizionata dei tanti malinconici ricordi, di cui sentono parlare fin dall’infanzia. Invece, quando giungono in quei luoghi ed incontrano tutto totalmente diverso da quei racconti, la realtà si rivela loro nella forma più cruda e deludente ed allora lo straniamento è inevitabile. Perfino i nostri emigranti, spesso assenti per decenni, al rientro, perplessi dal disagio, non si riconoscono più nell’ ambiente radicalmente modificato; gli abiti, i costumi, la gente; gli amici ormai stanchi ed invecchiati – tuttti a lamentarsi perché il morbo del pessimismo che si diffonde, non li ha risparmiati – e perfino la gastronomia, il moderno vocabolario licenzioso e deturpato; insomma, tutto sembra troppo diverso; ciò che trovano non è più com’era alla partenza, un paesino agricolo tranquillo dove tutti si salutavano e si fermavano per chiacchierare. Ma anche il modo di vedere e di concepire di questi esuli è cambiato, avendo vissuto altre realtà, ora osservano tutto con occhi e mente influenzati da altre esperienze, da altre circostanze.
E’, dunque, naturale e comprensibile che l’autore, in funzione degli ambienti in cui è cresciuto ed in cui vive, analizzi criticamente, con criteri occidentali, quei Paesi, dove il benessere tarda ad arrivare, dominati da tante contraddizioni, in parte fermi al Medio Evo, incapaci di concepire i nuovi parametri che regolano la vita delle attuali tendenze, perché non ancora emancipati dalla modernità, non riescono ad assimilare ancora i provilegi di questa innovativa globalizzazione.
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