visto da Tullio Pascoli
14 Ago 2010
LA LUNGA MARCIA – A Piedi Verso la Cina di Bernard Ollivier (Recensione)
Mi affascina questa nuova Cina che ormai realizza davvero il suo grande salto olimpico; e, certo, non è quel famoso grande balzo in avanti voluto dall’illusionista Mao Dzedong che, in realtà, è stato piuttosto un grande salto indietro; questo, invece è un concreto balzo verso il progresso ed oggi è sotto gli occhi di tutti; infatti, stupisce il mondo sbalordito, mentre assistiamo al sorpasso del vicino Giappone. La Cina assume, insomma, il secondo posto nella graduatoria delle economie mondali con un salto economico e politico propiziato, inizialmente, dalla diplomazia del ping pong; ideata dal Segretario di Stato Henry Kissinger, sostenuta dal Presidente Nixon ed approvata dal lungimirante Primo Ministro cinese Zhou En Lai, potendo ora applaudere in massa i cittadini cinesi liberatisi dalla penuria, dalle ristrettezze. dalla mancanza di opportunità e dalla miseria sofferte in un passato nemmono troppo remoto. Con questo accordo si conclude una fase; un ciclo storico tragico e si decreta il definitivo epilogo di quella perversa Rivoluzione Culturale che, con le sue deleterie scorribande perpetrate dalle intolleranti famigerate Guardie Rosse di Mao, aveva – con il suo ultimo canto del cigno – inutilmente tentato di salvare quella dittatura del proletariato. Invece, questo balzo, dopo secoli di letargo, ha finalmente rilanciato la grande Nazione asiatica fra i grandi protagonisti del mondo. Una Nazione che oltre due millenni fa si considerava, a giusto titolo, il centro del mondo, mentre emarginata da oltre due secoli, all’improvviso si presenta – possiamo dire – con prepotenza e vigore, per riprendere il proprio posto centrale nell’importanza del nostro pianeta.
Rotto l’isolamento, da dietro le quinte, la Cina si affaccia sulla scena per assumere, fiera, il suo giusto ruolo di protagonista. Assediata dagli esempi di sviluppo, emula il miracolo giapponese, coreano o di Hong Kong, di Singapore e di Taiwan, ma non più per riprodurre una mera mimica, bensì per recitare la propria attiva parte. Ora, i Cinesi occupano il grande palcoscenico e mostrano il proprio talento, il proprio entusiamo destati dagli stimoli della libera iniziativa e con il sipario aperto esibiscono uno scenario sorprendente, dove non si recita solo una commedia, ma dove esibiscono la loro nuova realtà.
Ci vado dal ’94, ma già cinque anni prima meditavo la sua “scoperta” da Hong Kong che già di per sé mi stupiva per il suo sviluppo in forte espansione, ma che in realtà agiva come testa d’ariete e da vero intermediario di quello che era il vecchio Impero Centrale, politicamente ancora isolato dal resto del mondo che contava.
Dopo aver girato la Cina, in tutti questi anni, visito non solo i grandi centri industriali importanti, quali Guangzhou con la sua gigantesca fiera di aprile e di ottobre che non cessa di crescere ad ogni anno che passa; né solo Shenzhen, quel villaggio di pescatori divenuto il primo polo tecnologico dell’elettronica asiatica; ma anche Shanghai che dopo averla vista crescere quando sembrava una specie di immensa foresta di gru in piena costruzione, con il suo fascino di modernità architettonica ha ormai superato, in numero di grattacieli, perfino New York; e, dinanzi allo spettacolo notturno offerto da tutte quelle sue cupole illuminate della rinata metropoli cinese, mette in soggezione perfino chi è familiarizzato con le torri a specchio di Houston, di Toronto etc. Non potevo tralasciare nemmeno la Città Proibita né le altre meraviglie della Pechino imperiale, ora intenta a sostituire gli impolverati Hutong con quartieri sempre più moderni ed alti, come – del resto – avviene ormai un po’ ovunque nelle altre grandi città, dove la vecchia millenaria tradizione architettonica cinese è pericolosamente minacciata, ma dove in compenso non mancano i più moderni aeroporti al mondo e le comode autostrade. E come non percorrere quei tratti della Grande Muraglia affollati da turisti provenienti da tutto il mondo? E gli altri luoghi meno frequentati dalla grande massa cosmopolita? Non c’è da meravigliarsi se la Cina è al quarto posto fra tutte le mete turistiche del mondo: modernissimi alberghi di lusso a modici prezzi e trattamento di cortesia del tutto sconosciuto in Europa; le meravigliose Tre Gole del fiume Chang Jiang, le grotte di Longmen, con i suoi 100.000 Buddha scolpiti nelle rocce di Luoyang; quello spettacolare sito archeologico di X’ian con i suoi oltre 10.000 soldati dell‘Eesercito di Terracotta in misura reale; le meravigliose colline di Guilin, accarezzate dal fiume Li River che scorre’armonioso al Sud, riprodotto sulle banconote di 20 Yuan; le grotte di Yungang che contano altrettanti 50.000 Buddha scolpiti al Nord vicino a Datong da dove ci si reca al tempio sospeso sulla parete di roccia di Shanhua, famoso in tutto il mondo e dove le tre più importanti religioni cinesi sono degnamente rappresentate; e lì vicino la più antica e grande pagoda di legno al mondo di Yingxian; oppure Suzhou con il suo meraviglioso giardino botanico, le sue folcloristiche chiatte che trasportano escursionisti armati di cineprese i quali, nei negozietti lungo i bucolici canali, possono scegliere grandi ostriche vive, al modico prezzo di 10 -20 Yuan (1-2 Euro), potendovi estrarre fino a dieci o più di venti autentiche perle naturali – non artificiali – bianche, rosa o nere; località che si raggiunge in mezz’ora da Shanghai ad oltre 300 km. all’ora in un comodo modernissimo treno.
Ebbene, pur avendo gironzolato abbastanza per la Cina, continuo ad esserne sedotto e tutte le occasioni sono buone per cercarvi nuovi angoli della sua millenaria civiltà, mancandomi ancora la famosissima via della seta che, con i suoi caravanserragli, fin da giovane, sulle orme di Marco Polo, sognavo di poter perlustrare.
E dinanzi a questa attrazione per il Paese che si allontana sempre di più a lunghi e veloci passi dal decrepito modello comunista, ha imparato a cavalcare in prima fila, con ogni giorno maggiore autorità, una politica economica di quasi libero mercato; ora, si nota come si avvicina sempre di più – seppur lentamente – al sistema democratico. Perciò, non resisto ai titoli esposti nelle librerie che si moltiplicano su questo sorprendente fenomeno del nostro fine secolo XX e che continua a meravigliare anche i più attenti osservatori per la sua inarrestabile crescita a due cifre all’anno, si prepara a superare in breve anche il nostro invecchiato Continente.
Con un certo grado d’invida osservo come la sua esponenziale capacità di espansione è generata da una forza di lavoro e di creatività, stimolate da uno spontaneo entusiasmo, grazie alle prospettive percepite dagli individui di poter progredire economicamente e poter possedere tutto ciò che in passato solo sognavavo. Così, i Cinesi sembrano emulare gli intraprendenti Europei degli anni 50-60, quando nell’immediato dopoguerra tutti con la febbre dell’entusiasmo si arrotolavano le maniche, senza pensare di essere sfruttati.
Nel frattempo, invece, l’Europa s’è lasciata sedurre dagli illusionisti e dai falsi profeti che promettevano un avvenire felice eternamente rimandato al domani, con le sue ambigue politiche egualitarie e l’equivoca giustizia sociale. Ingannata da quella specie di solidarietà istituzionalizzata che premia i fannulloni e scoraggia gli intraprendenti; questi, sembrano ormai rassegnati perché tartassati dalle imposte, vere estorsione del loro merito, da parte di un potere politico prepotente, sono indotti a pagare i conti anche di chi consuma, senza produrre ricchezza. Così, anche se indirettamente, devono mantenere una miriade di individui privi di ambizioni se non quella del dolce fa niente e del cosiddetto ozio creativo, che se la godono senza la minima voglia di faticare, inclinati impudicamente al solo diletto, al piacere ed allo sfruttamento di chi con i propri meriti, di fatto, si sforza ad aumentare l’incompleta torta delle ricchezza, da distribuire equamente.
E, mentre la Cina operosa si consolida, approfittando del suo crescente capitale umano, la vecchia e stanca Europa degli ostinati burocrati, gradualmente declina, alleva cagnolini e gatti, aumentando il proprio numero di pensionati e si allarma con gli immigrati loro ultima speranza, si trova assediata da un inconcepibile modello burocratico che vorrebbe ridurre a niente quei grandi valori costituiti dalle nostre diversità che da sempre hanno costituito il suo miglior patrimonio.
Chiusa questa premessa, arrivo al nocciolo che era quello di commentare il libro di Bernard Ollivier, intitolato LA LUNGA MARCIA – A Piedi Verso la Cina. Un titolo molto invitante che accende curiosità ed attese di inedite rivelazioni. Per la recente visita al gigante asiatico, lasciando sugli scaffali – fra gli altri – Jasper Becker, Terziano Terziani e Philip P. Pan, avevo scelto la più promettente LUNGA MARCIA e, tuffandomi con appetito nella sua lettura per trovarvi emozionanti nozioni, aspetti e nuovi luoghi da visitare, mi cadevano le mani mentre il piacere rimaneva frustrato dall’improvvisa e deludente interruzione dell’avventura.
Eppure, il racconto è scritto bene; certamente originale, è scritto un po’ in forma di diario, mai noioso, nonostante le ripetizioni: di lettura facile e scorrevole, ogni tanto descrive episodi che sospendono il fiato. Offre al lettore soprattutto l’opportunità di conoscere meglio parecchi luoghi della Turchia e la sua gente: un Paese interessante e ricco di storia, tradizioni e di diversi Popoli dai costumi distinti. L’autore mette in particolare evidenza la singolare ospitalità di comunità – di differenti etnie – che, secondo un’opinione troppo diffusa in Occidente, crediamo ostili agli stranieri; invece, è utile sapere come il musulmano, per fede, ha l’obbligo generoso di concedere ospitalità e vitto a qualunque viaggiatore che bussando alla porta di casa è di passaggio per quelle contrade.
Per le strade poco frequentate, non mancano le sorprese, avventure in cui, passando per zone militari, affronta pericoli e minacce e la non tanto velata diffidenza da parte di gente chiusa nel secolare isolamento dove, da generazioni, l’aspirazione alla propria libertà costituisce un delitto e l’ostinata difesa della propria leggittima identità e l’ autonomia politica sono severamente represse.
Purtroppo, bisogna chiarire che il contenuto non onora affatto il titolo del libro; infatti, la promessa “lunga marcia verso la Cina non passa il confine della Turchia, perché l’autore soffre improvvisamente una seria infezione intestinale, obbligandolo ad interrompere la sua avventura per frettolosamente rientrare in Francia, in ambulanza, prima ancora di riuscire a raggiungere la frontiera con l’Iran.
Dunque, piuttosto deluso, non so se dedicherò altre ore di lettura agli altri volumi che l’autore ha poi aggiunto, per completare questo suo singolare avventuroso viaggio a piedi.
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