visto da Tullio Pascoli
29 Giu 2010
CRITICA A DUE ARROGANTI ENTITÀ: LA NEGAZIONE DEL MERITO
Ma cosa centra l’agonismo del calcio e delle corse automobilistiche con un blog che, tempo permettendo, si occupa essenzialmente di assunti relativi a libertà e di politica economica? Non ci sono più argomenti migliori da cui attingere? Manca ispirazione meno pleonastica? La creatività si sta esaurendo? O non ci sono più letture meglio qualificate da commentare?No, niente di tutto ciò; piuttosto, è mancanza di tempo in seguito ad intensi impegni di lavoro e le frequenti assenze dalla scrivania; essenzialmente sono, dunque, queste circostanze che mi portano a dedicare un po’ più di ore alla tematica di svaghi meno impegnativi.
Del resto, anche lo spettacolo, nelle sue più poliedriche manifestazioni, costituisce un importante segmento delle nostre attività economiche. Infatti, in un’epoca in cui lo sviluppo sociale proporziona agli individui una sempre maggiore quota di tempo libero, la diversione e lo sport agonistico assumono una dimensione economica e sociale di rilievo. Lo conferma il numero crescente dei mezzi di comunicazione come giornali, riviste e soprattutto canali televisivi, che offrono ogni volta più programmi dedicati giustamente ai temi sportivi ed agonistici; e, se consideriamo le grandi somme che coinvolgono queste iniziative, possiamo concludere, senza imbarazzo, che questa critica non è affatto in contraddizione con le inclinazioni di questo blog, anzi, questa censura si inquadra benissimo nella prevalente tendenza liberale di questo sito, tanto dal punto di vista della difesa delle libertà come e, soprattutto, sotto l’aspetto economico.
I crescenti investimenti che importanti società private internazionali applicano nello sport raggiungono, ormai, cifre da capogiro e, mentre altre tradizionali attività industriali od agricole di scarso valore aggiunto sono in franco declino, i capitali impegnati nello spettacolo agonistico si presentano in continuo e forte aumento. La dimostrazione più convincete ce la proporzionano due di questi specifici spettacoli: nessuno può negare l’espansione dell’interesse nel mondo per grandi corse realizzate nel mondo dei motori, come pure il forte aumento della passione per il calcio che, dopo aver invaso l’Asia, ora, raggiungono anche il continente africano.
Pertanto, constatata la dimensione economica raggiunta a livello globale e stabilite le ripetizioni di gravi distorsioni osservate in questo ambiente, mi sembra opportuno evidenziarle, in questa superficiale analisi di ciò che avviene in seno a queste due organizzazioni, a capo di attività agonistiche molto seguite, criticandone la gestite dei rispettivi – a dir poco – esuberanti dirigenti, i quali si comportano come se ne fossero i legittimi padroni, insensibili all’opinione pubblica.
Osserviamo, dunque, ancora una volta, come uno dei mali che domina l’Europa in generale, si ripete pure in questo campo: evidente eccesso di regolamentazione e ciò che è peggio, l’applicazione di quella specie di ambigua “legge” che costituisce la trama delle famose avventure del Principe Ladro Robin Hood, con le quali si pretende creare una sorta di giustizia particolare, in cui ci si aggiudica il diritto di intervenire, derubando i ricchi per distribuire ai poveri. E’ un po’ ciò che i nostri socialisti fanno ormai da decenni, nella convinzione di promuovere compensazioni nella legalità.
Ed è bene chiarire che la solidarietà – come il mercato – è una specie di ordine spontaneo; mentre, nel momento in cui la si istituzionalizza, assumendone il monopolio, come ha fatto il potere politico nei nostri Paesi, essa cessa di essere “solidarietà” per diventare una forma di esproprio legalizzato, come abbiamo già avuto modo di esporre in altri articoli, in questo stesso blog.
Ad ogni modo, che la si chiami come si voglia, questa pratica costituisce, appunto, uno dei principi che hanno portato alla biasimevole svalutazione del merito ed allo stesso tempo, alla deleteria esaltazione dell’inerzia se non addirittura del vizio, così diffusi nel nostro continente, dove, a chi si non sforza ad ottenere e non riesce a disporre, viene perdonati anche delitti palesi, mentre chi dimostra abilità, competenza e capacità, diventando più o meno ricchi sono sovente soggetti ai rigori della Legge, a tal punto di rischiare le condanne anche in assenza di prove. E la peggiore condanna, spesso, è quella di esser messi alla pubblica gogna per questioni, eventualmente del tutto private e personali, dove gli stessi media si incaricano di emanare sentenze anche dinanzi a semplici sospetti o superficiali supposizioni.
Perciò, partendo dalla considerazione che entità come la F.I.F.A. (Fédération Internationale de Football Association) e la F.I.A. (Fédération Internationale de l’Automobile), due importanti monopoli dedicati a spettacoli del nostro tempo libero, governando rispettivamente il calcio professionistico e le competizioni automobilistiche, agiscono in modo del tutto contrario alla più naturale delle leggi – quella del giusto merito.
Esse arrivano al punto di offendere e ledere operatori che investono enormi somme per sponsorizzare prodotti e marchi, affidati al successo dei contendenti, con la concreta finalità di ottenere altrettanti risultati economici positivi; l’insuccesso del contendente sponsorizzato equivale, pertanto, anche ad una uguale perdita; in altre parole, un vero danno economico. Arbitri e commissari, invece, attraverso specifici interventi o particolari inazioni assolutamente discutibili, determinano risultati contrari alle norme e compromettono esiti soggettivamente alterati da eventi estranei alle norme che al contrario dovrebbero garatire il merito ai migliori.
Così, è naturale chiedersi, come in certi casi osceni, sia possibile negare apertamente l’adeguata applicazione della giustizia. In fondo, queste organizzazioni non sono entità particolari che agiscono privatamente in un ambito strettamente privato; al contrario, sono entità che operano pubblicamente e non possono avallare l’evidente negazione di norme da loro stesse stabilite, giustificando decisioni arbitrarie assolutamente contrarie al buon senso, all’etica e perfino alla morale perché in totale conflitto con ciò che è giusto, corretto e perfino commercialmente legale e decente. Eppure, proprio gli amministratori di queste vere e proprie attività commerciali ed economiche, con inequivoche finalità lucrative – capaci raggiungere fatturati superiori al prodotto di molte Nazioni in sviluppo -, gestiscono tanto potere economico, tanta popolarità, senza un minimo riguardo nei confronti dell’opionione pubblica che osserva perplessa le scandalose ambiguità trasmesse in diretta sotto gli occhi degli increduli spettatori.
Com’è possibile esentare arbitri delle loro responsabilità dopo aver annullato reti valide, dopo aver convalidato reti irregolari; dopo aver espulso giocatori ingiustamente o dopo aver manifestamente ignorato palesi violenze volontarie? Ognuno nelle proprie diverse mansioni deve rispondere per i propri errori ed equivoci; invece, in quest’ambiente, i dirigenti si ostinano a coprire le ambiguità, abbassando una squallida cortina di fumo su queste pratiche, impedendo che l’onesta trasparenza prevalga. E tutto ciò si ripete puntualmente ad ogni campionato.
Nel caso specifico della F.I.F.A., proprio in questi giorni, centinaia di milioni di individui hanno testimoniato come i risultati dei confronti fra le squadre in gioco, sono stati arbitrariamente condizionati ed ingiustamente compromessi, da umani errori scandalosi che tutti ci auguriamo che siano davvero innocenti e spontanei. Eppure, sarebbe così facile correggere tali fatali effetti. Allora, perché non adottare misure che eliminerebbero la maggior parte dei dubbi? No, persiste una palese volontà di negare adeguate correzioni. Perché? Evidentemente, ci sono ancora persone che preferiscono difendere il proprio potere di giudizio, con o senza interessi particolari, senza escludere l’ambigua applicazione della legge di Robin Hood che nega il diritto al meritevole, cedendolo a chi il merito non lo riesce a conquistare in modo normale e legittimo.
Gli scandali, gli errori e le manipolazioni, le interpretazioni date ai limiti tecnologici nella F.I.A., in questi ultimi anni, hanno riempito le pagine dei giornali e questa domenica al Gran Premio di Valencia abbiamo avuto più di un ottimo esempio. Imposte norme e proibizioni, invece di essere applicate, sembrano essere soggette a libere interpretazioni di comodo.
Ora, chiediamoci come agirebbero le autorità, se una normale società applicasse questi stessi criteri? Mi meraviglia il fatto che investitori e scommettitori che puntano a risultati, non ricorrano legalmente, denunciando i responsabili di tali misure assolutamente contraddittorie, reclamando compensazioni per danni subiti. Infatti, risultati così falsati da vizi, prodotti da banali errori, non sono forme di truffe o frodi più o meno evidenti o velate?
La nostra solerte giustizia, sempre e ben disposta a mandare in galera anche gente onesta, appena incastrata da sospetti più o meno dubbi, non potrebbe intervenire anche in questi casi osceni, interpellando questi dirigenti ed obbligarli ad applicare metodi concretamente meno soggettivi capaci di ridurre gli effetti di errori, in difesa di ciò che è giusto ed onesto? Infatti, trattandosi di errori od equivoci di avversari politici si applica rigore, mentre si ignorano scandalosi errori commessi a danno di chi crede nel merito? Chi ha puntato sui risultati delle partite fra Germania ed Inghilterra o fra Argentina e Messico, per citare solo i due ultimi indecenti errori, sono stati chiaramente defraudati e su questo non ci piove!
Credo che questo sia il momento opportuno di manifestare il più deciso disappunto, ricordando agli inquirenti che si tratta di cause altrettanto valide quanto le indagini riservati agli avversari politici. Perché nessuno decide d’impugnare questa causa, sventolando la bandiera a furor di popolo che unanimemente saluterebbe l’iniziativa con il massimo entusiasmo?
Oramai la maggior parte delle modalità sportive si avvale di risorse date dalle moderne tecniche; cosa impedisce a F.I.F.A. e F.I.A. di eliminare tanta vergognosa ambiguità, dando maggiore trasparenza al governo di queste attività agonistiche ed economiche?
In un recente passato la politica ha conosciuto due grandissimi personaggi che hanno dato con la loro nota “deregulation” un grande contributo alla vita dei loro cittadini ed allo spontaneo sviluppo dei loro modelli economici: Ronald Reagan negli Stati Uniti e Margareth Thatcher nel Regno Unito hanno dato, con coraggio e determinazione, i migliori esempi di come si può rimediare a distorsioni prodotte da eccesso di norme e limitazioni, liberando la gente dagli abusi burocratici, generati dall’accumulo di regole, norme e proibizioni diversi.
Non è giunto, per caso, il momento di intervenire ed applicare similari riforme di modernizzazione anche nel mondo dello spettacolo sportivo? O dobbiamo, forse, continuare ad assistere a desolanti e scandalose esibizioni proporzionate da strani arbitraggi e da commissari che non vedono quando dovrebbero vedere o che pretendono di notare altrettanto spesso ciò che tutti gli altri, inclusi i sofisticate mezzi tecnologici non possono confermare?
Ora il buon Presidente Blatter, dinazi a tanto scalpore, si affretta a presentare pubblicamente le sue scuse; ciò costituisce, fra l’altro, una onesta confessione; ma le scuse non bastano: i danni sono stati arrecati e noi tutti ricordiamo bene come la squadra azzurra è stata in modo vergognoso danneggiata in occasione dei mondiali in Corea.
Ora, per redere giudizia a chi ha subito i danni, soprattutto coloro che avevano investito i propri capitali per ricavarne un utile, dovrebbero essere risarciti in modo più adeguato e concreto. Sarebbe interessante poter osservare come qualche giudice americano reagirebbe ad un’azione promossa in loro difesa…
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