visto da Tullio Pascoli
16 Mar 2009
La Fattoria degli Animali di George Orwell (Recensione)
Questa è diventata una lettura classica, un’opera da leggere ad ogni età e che dovrebbe essere presente in ogni biblioteca in modo particolare di tutti gli amanti non solo della lettura, ma principalmente di coloro che amano le libertà individuali e che non si piegano al conformismo. Inizialmente scritto come favola per ragazzi, questo autentico capolavoro si trasforma subito in una delle più belle ed efficaci critiche ai modelli politici totalitari. Una bellissima satira, utile a far meditare gli individui che non sono disposti a rinunciare alle proprie libertà, solo per seguire mere dottrine che promettono un avvenire pieno di rose e fiori, poi, puntualmente rimandato ad un eterno domani.
Piuttosto curioso è il fatto che George Orwell, l’autore di questa bellissima opera, si riconosca pure come sincero ed onesto seguace degli ideali dell’eguaglianza; un convinto socialista, tanto è vero che si arruola come volontario per combattere sul fronte spagnolo dei repubblicani di sinistra, contro le truppe di Franco, tempestivamente sostenute dai nazisti di Hitler e dai fascisti di Mussolini. Tuttavia, dopo aver constatato le drammatiche contraddizioni di quel dispotico modello socialista, che avrebbe dovuto risultare migliore e più umano di altri sistemi, ma che, al contrario, si rivela oltremodo contradditorio e repressivo, rimane colpito da un regime dove non esiste alcuna tolleranza in cui, contro coloro che non condividono quella dottrina, si agisce con rigore particolarmente spietato. Infatti, egli osserva come perfino gli stessi anarchici e non solo i cattolici più intransigenti, subiscono le più brutali violenze con metodi oltremodo disumani e grotteschi, praticati con massimo zelo e disprezzo, proprio dai compagni comunisti che non esiteranno a praticare quei famosi clestieri di cemento, infusi ai preti che ancora con ostinazione osavano predicare la fede in Dio.
Ed infatti, per via di quegli assurdi eccessi, il Generale Francisco Franco, partirà dalla colonia del vicino Marocco per invadere la penisola con il fermo proposito di rovesciare quella caotica repubblica comunista anticlericale. Oggi, sarebbe legittimo chiedersi come sarebbe proseguita la nostra storia in Europa, se nella sanguinosa guerra civile di Spagna, la sinistra avesse avuto la meglio…
Ad ogni modo, per Orwell, quell’amara esperienza costituirà un vero trauma ed a questi ricordi dedicherà numerose pagine della sua straordinaria capacità narrativa. Tuttavia, profondamente deluso, la sua fiducia nella concreta applicazione dell’umano ideale socialista s’incrina. Ferito in combattimento, rientra in Inghilterra ed appena ripreso, partirà presto alla volta della “Terra Promessa” della nuova religione, dove poter verificare una convincente controprova del più vero autentico “Paradiso del proletariato“, dove però giungerà alle sue conclusioni finali. Infatti, è proprio qui che trova la sua creativa ispirazione da dedicare questa straordinaria parodia, riservata proprio allo satrapo di Stalin, metaforicamente travestito da capo dei maiali. Non tarderà l’altro suo non meno noto capolavoro, “1984” – allegoria del Grande Fratello – in cui, con implacabili toni satirici, altrettanto carichi di ironia e di sarcasmo, scarica tutta la propria delusione per quegli ideali traditi ed ai quali aveva così ingenuamente creduto, convincendosi che l’indottrinamentio ideologico costituisce un grave ed ingannevole pericolo: una trappola che poi impedisce agli individui di pensare con la propria testa e di capire ciò che, in realtà, quei regimi coercitivi intendono imporre con ogni mezzo.
Così, come poi farà Albert Camus, in L’UOMO IN RIVOLTA, anche Orwell si esprimerà negativamente in rapporto alla RIVOLUZIONE: essa è solo una perniciosa ambiguità; degenera in un perverso male ancora peggiore di ciò che l’ha causata dove, alla fine, prevalgono sempre solo gli spuri interessi di pochi che riescono ad assumere il controllo del potere per, poi, reprimere la moltitudine, con ogni più cinico stratagemma, negando ad ogni individuo qualsiasi altra forma di salutare libero pensiero anticonformista.
In sintesi, se saggio è il dubbio e dissennata la certezza, è evidente che dai modelli politici che esaltano le certezze e non concedono alcuno spazio ai dubbi, non possiamo aspettarci altri risultati se non quelli sui quali l’autore qui, così magnificamente, riesce a scherzare.
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